Justice 65 (questo il titolo originale) è l’unica opera narrativa del noto avvocato parigino Jacques Charpentier, stampata in una manciata di copie nel 1954 e da allora pressoché scomparsa, sia in Francia che altrove. A riportare alla luce questo piccolo gioiello finito nel dimenticatoio ci ha pensato Guido Vitiello, che l’ha tradotto e curato per i tipi di Liberilibri.
In questa distopia giudiziaria che ha la forma del conte philosophique, l’autore affronta la questione millenaria dell’inaffidabilità del giudizio e della giustizia umana, e del legame antichissimo tra diritto e caso. Charpentier immagina una vicenda descritta in un quadro grottesco, che può essere letto come un folle balzo nel futuro fantascientifico ma anche come una riesumazione di un antico, provvidenziale istituto: l’estrazione a sorte. Forse perché una incertezza generata dal puro caso assoluto e imparziale, e per questo equanime, è da preferirsi a un’incertezza giuridica frutto della parzialità di magistrati politicizzati.
Nel 1965 un giovane avvocato si sveglia dopo dieci anni in un letto d’ospedale e torna nella sua Parigi. Non avendo più famiglia né amici né soldi si dirige subito dove può trovare aiuto, al Palazzo di Giustizia, ma nulla è più come lo ricordava: l’edificio è disabitato e silenzioso, tranne un rumore lontano proveniente dalla Sala dei passi perduti, trasformata in una piscina dove gli avvocati si dedicano al nuoto sincronizzato. Sarà solo la prima di numerose sorprese. La facoltà di giurisprudenza non esiste più, e per apprendere il necessario sul diritto basta ora una visita guidata al Palazzo, una lezione itinerante che seguirà con incredulità. Anche la vecchia giustizia non esiste più, perché tutto ormai è affidato alle Justice Machines, complicati apparecchi cibernetici che estraggono le sentenze a sorte, come in una lotteria. Ma è un sistema che alla lunga potrà funzionare, o macchine e avvocati entreranno presto in crisi?
Jacques Charpentier (1881-1974) è stato un avvocato, giurista e scrittore francese. Bâtonnier di Parigi negli anni della guerra e dell’occupazione, inviso al regime di Vichy per la sua difesa dell’indipendenza del foro, nel 1943 sfuggì per un soffio all’arresto della Gestapo, entrò in clandestinità e divenne uno dei protagonisti della resistenza giudiziaria. Liberale e conservatore, accanto agli studi giuridici scrisse pamphlets e saggi di argomento vario; il più ambizioso è Le nez de Cléopâtre ou le sens de l’histoire (1967), una confutazione delle filosofie della storia che non tengono conto del fattore imprevedibile del caso.
Guido Vitiello insegna alla Sapienza di Roma e collabora con «Il Foglio» e altre testate. Ha curato In nome della legge. La giustizia nel cinema italiano (2013). Con Liberilibri ha già pubblicato Non giudicate. Conversazioni con i veterani del garantismo (2012) e un’antologia del Quaderno laico di Guido Calogero (2015).
Jacques Charpentier, Justice Machines, a cura di Guido Vitiello, collana Narrativa, pagg. 104, euro 14,00, ISBN 978-88-98094-27-1