Se trovo il coraggio

 

Se trovo il coraggio è una notte (e un’alba) affilatissima, una lama gelida, fredda come la città che l’accoglie, che la germina.

Una sicura prova narrativa, naturaliter cinematografica, un eco, perché no?, di Capote sotto la Mole.”

Bruno Quaranta, Ttl – La Stampa

 ***

 

Ottobre 1980. Un evento drammatico scuote un’intera città. Due adolescenti, Elen e Luca, scompaiono misteriosamente. Nessuna spiegazione, nessun colpevole, nessun testimone. Eppure i due, l’ultima volta, sono stati visti in mezzo a decine di ragazzi, a una festa: una festa indimenticabile per i partecipanti, tutti figli della buona borghesia torinese. Adolescenti che amano soltanto divertirsi e sballarsi, apparentemente ignari ma in realtà imbevuti del clima pesantissimo di una città scossa dalla tensione eversiva, dai conflitti sociali, dalla crisi dell’industria. Oggi Matteo ha quarantasette anni, una ex moglie e due figli, e un’indolenza che lo sta portando a perdere se stesso. Dentro di lui, costante, sordo, un segreto che lo tormenta. Lui c’era, a quella festa dove tutto è cominciato e tutto è finito. Una notte che potrebbe dirsi da incubo, se solo non fosse tutto terribilmente vero: l’incontro giusto, la gente sbagliata, la morte che cala improvvisa. Anche se quella è un’età in cui è assurdo, è ingiusto morire. Può Matteo, a più di trent’anni di distanza, liberarsi di tutto quel peso? Una cosa enorme. La scelta di una vita. Eppure basterebbe un passo. Un passo soltanto, e la verità verrebbe a galla. Una verità buia, tormentata, come l’epoca da cui è dolorosamente riemersa.

 

Una festa, l’incontro giusto, la gente sbagliata

 

 

 

“Tra le infinite versioni possibili di quel racconto deve naturalmente esserci anche la verità, almeno la sua; e potrebbe essere il caso, finalmente, di raccontarla. Un memoriale. Che non servirebbe soltanto al pubblico ministero, e non servirebbe soltanto a ridare un ordine a quel viluppo di oggetti sul fondo dello scatolone; ma anche, e forse soprattutto, a rimettere in sesto la sua vita: perché da quella sera la sua vita – o quanto meno il suo coraggio, ma è probabile tra le due cose non ci sia poi molta differenza – non è che il fantasma di se stessa. Riaccende la luce. Da dove farebbe muovere il suo memoriale? Dalla festa? Naturalmente: quella notte è la festa, la festa è quella notte. Ma da cosa, in particolare? Potrebbe cominciare dalla musica. Quella musica presente, piena, che non concedeva tregua e che certe volte ti dava l’impressione che nel mondo non ci fosse altro che musica.”

 

 

Dario Buzzolan è nato a Torino il 12 ottobre 1966 ed è capo autore di Agorà. Il suo primo romanzo, Dall’altra parte degli occhi (Mursia) vince nel 1998 il Prix Calvino; in seguito pubblica Non dimenticarti di respirare (Mursia 2000), Tutto brucia (Garzanti 2003), Favola dei due che divennero uno (Baldini Castoldi Dalai 2007) e I nostri occhi sporchi di terra (Baldini Castoldi Dalai 2009), selezionato tra i candidati al Premio Strega 2009. Scrive su la Repubblica e su Linus.

 

Collana: Fandango Libri

Pagine: 171

Prezzo: Euro 14,00

Data di pubblicazione: 17 giugno 2013

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