MARILDA BONANNI
E’ vero che era la sua ultima stagione, ma pesa ritrovarsi, dopo una carriera da star, al settantesimo posto della Nfl Top 100, la classifica annuale dei migliori cento giocatori di football americano. Ha pensato di rivalersi ancora una volta, Michael Vick, classe 1980, campione della squadra dei Philadelphia Eagles passato però alla storia per una vicenda meno onorevole. I combattimenti tra cani. E si è inventato la riscossa: una linea di abiti che porta il suo nome con una sigla: piace ai teen-agers portare le maglie griffate del proprio beniamino, al quale a sua volta fa piacere ricordare il talento atletico che fu e mantenere l’alto tenore di vita da 130 milioni di dollari all’anno: un record per Vick, ricordato come il campione di football più pagato del mondo dal 2004.
Che lo scandalo dei combattimenti di cani abbia segnato la vita del giocatore, è sicuro. Il suo profilo in Wikipedia è occupato per il 50 per cento dalla notizia della perquisizione del 2007 nella casa di Vick in Virginia, durante la quale si scoprì il set dei dog-fighting e tutto quello che lo sportivo combinava a danno degli animali con altri tre gradassi: uccisione di cani non abbastanza bravi a combattere, sevizie e crudeltà a base di scosse elettriche e colpi di pistola, tra le quali strangolamento e sbattimenti sul pavimento, esecuzioni dei cani che perdevano le gare. Si scoprì che avevano affogato un cane in un secchio pieno d’acqua e un altro lo avevano ucciso scaraventandolo più volte sul pavimento, fino a spezzargli la colonna vertebrale. Uno dei cani perdenti era stato bagnato e poi ucciso con scariche elettriche.
Alle scommesse clandestine e al godimento nel vedere il sangue durante i combattimenti si aggiungeva senz’altro, quindi, una forma di sadismo: un qualsiasi veterinario avrebbe potuto sedare e addormentare gli animali agonizzanti, invece di tutta questa disumana follia.
In occasione della perquisizione mentre la polizia cercava droga per inchiodare il cugino di Vick, trovò 54 pitbull feriti e in cattive condizioni, la metà di questi incatenati ai semiassi delle macchine; un ring coperto di sangue dove si svolgevano i combattimenti e anche veri e propri strumenti di tortura, tra cui: un bloccatesta per costringere le femmine ad accoppiarsi con i maschi, un bastone per aprire i denti ai cani quando non mollavano l’avversario e persino droghe che aumentassero il potenziale dei lottatori e anche per farli continuare a combattere sebbene gravemente feriti. Vick dapprima diede la colpa ai familiari, asserendo di non aver mai vissuto in quella casa. Lui era un campione con un contratto da 130 milioni di dollari.
Certe cose fanno parte di una cultura, purtroppo. Due colleghi di Vick lo difesero dicendo che non era reato far combattere cani e che quella era casa sua e ci faceva quello che gli pareva. Gli otto cani uccisi violentemente dai compari di Vick furono trovati scavando nel giardino della casa. L’indagine fu lunga, complessa, ma rispettosa dei diritti degli animali come spesso non avviene in Italia e in altri paesi. Alla fine Vick, nonostante il favore popolare – accompagnato però a una parte consistente di esecrazione di chi invece amava gli animali – nel 2007 fu condannato a 23 mesi di carcere: il pm ne aveva chiesti tra i 12 e i 18, gliene furono dati cinque in più perché aveva mentito dicendo di non aver mai ucciso cani personalmente. Condanne esemplari anche per i tre “aiutanti” boia. Al giocatore venne imposto il divieto di comprare, vendere e possedere cani.
Anche il New York Times seguì la vicenda. Solo un pitbull di quelli ritrovati malridotti dopo i combattimenti organizzati da Vick fu soppresso perché troppo reattivo. Gli altri furono trovati idonei per l’adozione in famiglia e 22 andarono in “santuari” per la riabilitazione dei cani aggressivi.
Particolarmente significativa la storia di Georgia, una pitbull che fu trovata senza nemmeno uno dei 42 denti che madre natura le aveva dato: glieli avevano strappati, per evitare che mordesse il maschio che la montava per la riproduzione forzata di questi scommettitori e allevatori fuorilegge.
Vick fu messo dalla madre sulla strada del football americano: a scuola da ragazzino aveva continui scontri con gli insegnanti a causa di forti crisi adolescenziali. Nel suo sito web si fa riferimento ad alcune fondazioni benefiche con le quali aiuterebbe persone in difficoltà: notizia singolare per uno di cui i giudici scrivono che era stato il principale responsabile di aver promosso, fondato e agevolato questa crudele e inumana attività sportiva”. Dopo essere stato sottoposto alla macchina della verità, Vick confessò di aver legato una corda intorno a un cane, di averla stretta intorno al ramo di un albero e di averlo impiccato. L’abito non farà il monaco, ma se il “sarto” ha le mani sporche di sangue, fate un po’ voi…
E se chiudessimo a chiave il campione di football americano dentro un ring dove ci sono solo pitbull affamati… Perché no, una decina di quegli stessi pitbull da lui seviziati crudelmente. Basterebbero un paio d’ore, e forse capirebbe il significato della tortura e della malvagità.