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Juno: il problema della crescita visto attraverso lenti colorate di rosa

Source: Di Irene Pazzaglia

Quando ho visto Juno per la prima volta mi trovavo nello stato d’animo di chi è affascinato dalla maternità e ne sente il richiamo, ma allo stesso tempo ha paura della rivoluzione che un evento epocale come la nascita di un figlio possa recare alla propria vita. Tuttavia questo film è così delicatamente ottimista, così frizzante da riuscire a sdrammatizzare anche un argomento difficile come una gravidanza indesiderata e, più in generale, la difficoltà di crescere e di affrontare la vita.

Juno è una sedicenne originale e indipendente, sospesa tra la spensieratezza colorata e impertinente dell’infanzia e i turbamenti dell’adolescenza. Una ragazzina spigliata e tosta dalla parlantina esuberante che beve enormi frullati di colore blu e chiacchiera con le amiche servendosi di un bizzarro telefono a forma di hamburger. Ha scoperto il sesso da poco, con il suo migliore amico, in una sorta di gioco divertente ed audace. Dopo qualche mese la attende un’altra scoperta: quella di aspettare un bambino. Juno non riesce a vedersi nella veste di madre: per lei il bambino che le sta crescendo in grembo non appartiene alla dimensione del suo presente; la maternità la riguarderà forse in futuro, ma non fa parte della sua vita attuale. Del suo presente fanno parte l’amore viscerale per la musica (ben rappresentato dalla splendida colonna sonora), la voglia di esprimersi, di essere sé stessa parlando e vestendosi come le pare, le smaliziate chiacchiere al telefono con l’amica del cuore Leah. Della sua vita fa parte Paulie, il padre naturale del bambino, suo caro amico, un ragazzo un po’ ingenuo ma leale, del quale Juno scoprirà a poco a poco di essere innamorata. Ma il bambino no. Questo “fagiolo”(come lo chiama lei) che le cresce in grembo, Juno non lo sente come un figlio, ma come una creatura che ha una vita propria, distinta dalla sua. Nonostante il disorientamento iniziale, Juno non si lascia spaventare e decide di risolvere la questione in modo pratico. Scartata l’ipotesi dell’aborto e sostenuta dall’affetto del padre e della matrigna, la ragazza si mette alla ricerca di una coppia di genitori adottivi disposti ad accogliere e ad amare il nascituro.

La coppia di sposi individuata, Mark e Vanessa, sembra impeccabile: i due coniugi sono giovani, belli e benestanti, pronti ad offrire al bambino un solido futuro. Purtroppo l’idillio apparente cela una crisi: la coppia “perfetta” si sfalda, ma Vanessa, sebbene abbandonata dal marito, accetta lo stesso di adottare il bambino (negli Stati Uniti l’adozione è accordata anche alle single).

Vanessa rappresenta una donna che sceglie consapevolmente di diventare madre, perché lo desidera profondamente. Mentre Juno si trova in una fase di crescita, nella fase in cui si è ancora alla ricerca di ciò che si è e di quello che si vuole dalla vita, Vanessa ha già una risposta alle sue domande, e sa che avere un bambino è quello che più desidera al mondo. In poche parole, è come se fosse lei la vera madre del piccolo. E’ la stessa Juno, dopo il parto, a dire al suo ragazzo: -“Non ho voluto vedere il bambino. In fondo è sempre stato suo…”- La voglia di maternità dell’una si sposa perfettamente con le esigenze dell’altra; si crea una collaborazione, un patto tra le due donne. Così il bimbo nasce, accolto da una trepidante Vanessa, e Juno riprende la sua adolescenza là dove l’aveva lasciata, al fianco del ragazzo che ha scoperto di amare. Certo non nego di aver pensato che, al di là di questo finale allegro e spensierato, forse un tantino ingenuo, Juno avrebbe potuto un giorno desiderare di conoscere il bambino, che avrebbe potuto avere magari dei dubbi e dei rimpianti. Tuttavia il film non si vuole interrogare riguardo al futuro; quello che vuole mostrarci è esclusivamente il presente, vissuto attraverso gli occhi della giovane protagonista, al ritmo della sua musica preferita e dei battiti del suo cuore innamorato. Un tema che poteva essere trattato in modo drammatico viene accarezzato con leggerezza e brio: è come se il film volesse dirci:- “Crescere è questo: sii te stesso, ama e vai avanti.”-

Juno, 2007, di Jason Reitman con Ellen Page, Michael Cera, Jennifer Garner.

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Hancock: un altro incomprensibile super-eroe

Source: di Claudia Moschi

Will Smith è uno di quegli attori molto bravi che nella disperata ricerca del blockbuster si precludono molte possibilità di eccellere. Divenuto il primo nome nella lista dei casting per i film di fantascienza, la delusione per non aver vinto nessun Oscar a dispetto delle due nomination (per Alì e per La ricerca della felicità) deve avergli fatto voltare le spalle al cinema raffinato per abbracciare anima e corpo le grandi produzioni americane, quelle che sbancano i botteghini senza un perché.

Hancock ne è un esempio. E’ la storia sconclusionata di questo reietto con superpoteri, alcolizzato e sociopatico, che nei brevi intervalli di tempo in cui è sobrio si lancia in acrobatici e maldestri tentativi di salvare ora un uomo, ora una balena, o per arrestare dei malviventi. Fa più danni che altro ed è odiato dall’intera popolazione di Los Angeles che non perde occasione per insultarlo. Soltanto un idealista filantropo, interpretato da Jason Bateman, pensa di poterlo redimere trasformandolo in un vero super-eroe, sobrio ed educato, con tanto di tutina attillata. La moglie, Charlize Theron, è scettica: sembra essere convinta che quelli come Hancock non possano cambiare. Ovviamente verrà smentita e, ça va sans dire, si rivelerà indissolubilmente legata alle sorti del protagonista perché anche lei appartiene alla stessa specie, estinta, di titani.

Una trama inesistente, un ritmo lentissimo interrotto solo da qualche sporadica risata, sequenze non eccessivamente spettacolari che non valgono il prezzo del biglietto, volgarità in quantità tali da farmi dubitare dell’etichetta “film per famiglia”. Persino la morale appare contorta e, mi auguro, fuorviante: sembrerebbe suggerire che quelli nati per stare insieme, le due metà della mela, perfettamente complementari e compatibili non possano vivere felici e contenti, anzi! Se vogliono sopravvivere devono stare lontani uno dall’altra. Cinico, non c’è che dire. Hancock, 2008. Regia di Peter Berg. Con: Will Smith, Charlize Theron, Jason Bateman.

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TV Room
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