di Elisa Palmieri
Nella mia ora di libertà è, come da sottotitolo, una confessione semi-seria di un detenuto durante l’ora e mezza di “passeggio all’aria”. Lo spettacolo è stato pieno di sorprese e musica.
Giampiero Pellegrini, il protagonista, è un giovane attore che sa sfruttare bene la creatività innata per rendere tangibili i testi teatrali e musicali affidatigli.
Le atmosfere sono gonfie di ironia e autoironia, i testi ci portano a riflettere. Un’esplorazione dell’animo umano profonda e sfaccettata, lontana da giudizi o categorie morali.
L’empatia è la capacità di lasciarsi coinvolgere nel mondo emozionale e Giampiero, con i testi di Salvatore Ferraro, la rende possibile durante la recitazione comunicando emozioni, riflessioni ed analisi con responsabilità ed attenzione per far esprimere al pubblico le sue impressioni e ridere con intelligenza.
Li abbiamo incontrati per fare loro qualche domanda.
Elisa Palmieri: Da sette anni una delle punte di diamante del progetto dei Presi per Caso, le tue performance sono state definite istrioniche e esilaranti, dopo la regia del musical Delinquenti e molti altri progetti torni sulle scene con questo nuovo spettacolo di cui sarai l’unico protagonista.
Confessa: a che livelli è arrivata la tua emozione?
Giampiero Pellegrini: La mia emozione è alle stelle. Devo dire, da sempre. Dalla prima volta all’ultima di ieri sera. E’ una tensione che mi prende da molte ore prima di andare in scena, fino a pochi minuti dopo i saluti o la chiusura di un concerto. Confesso che il giorno che non dovessi più sentire certe emozioni, o tensioni, vuol dire che è arrivata l’ora di smettere. Per ora me la sto facendo sotto, quindi vado sul palco e “me lo magno”, come si dice a Bergamo.
EP: Quale importanza ha avuto l’incontro intellettuale ed artistico con i Presi per Caso?
GP: L’incontro con I presi per caso oltre che per “caso” è stato fondamentale, determinante. Lavorare con loro è un laboratorio continuo. Stare vicino a Salvatore Ferraro ti rende sicuramente ogni giorno migliore, cresci inevitabilmente, non solo artisticamente. Per me è un genio, anche se il mio maestro di recitazione è Salvatore Mannino che dopo Michele La Ginestra mi ha insegnato tutti i fondamentali dello stare sul palco. Oggi collaboriamo insieme a molte cose, ma l’attività principale, quella che mi emoziona di più è l’attivita con i presi, sia per la qualità delle cose che facciamo, ma soprattutto, COSA raccontiamo. Io stesso, ero oscuro alle vicende carcerarie, oggi devo dire che senza esserne stato ospite, conosco molte situazioni che altrimenti non avrei saputo. Ecco, spero che anche altri fruitori dei nostri spettacoli, possano dire la stessa cosa. In fondo E’ quello, il nostro obiettivo.
EP: Il teatro è spesso fonte di riflessione e di confronto, c’è secondo te ricerca della verità agitata dalla speranza?
GP: Non credo che nel teatro ci sia una vera ricerca della verità e neanche agitata da chissà che cosa. Il teatro è soprattutto sacrificio, ti fai un mazzo allucinante e in cambio si riceve poco, ma quello che ti produce dentro è inestimabile.
Credo più ricerca di se stessi e voglia di farsi sentire. Voglia di mettersi in discussione, voglia di comunicare fuori dai canoni normali. Io almeno la penso così.
EP: C’è un progetto in particolare a cui ti piacerebbe prendere parte o c’è un ruolo in particolare che ti piacerebbe interpretare?
GP: Il progetto che ho adesso. E’ quello che voglio e quello che desidero. Il prossimo? e chi lo sa…
Salutiamo Giampiero, che ha, tra le tante, la rara dote di uno splendido sorriso, e dedichiamoci all’autore.
Elisa Palmieri: L’ironica irriverenza caratteristica dei tuoi testi sottolinea con dolce amarezza, perdona il gioco di parole, le lunghe giornate trascorse all’interno delle mura carcerarie e la spudorata superficialità degli “azzeccagarbugli” di turno.
La capacità espressiva di poter sorridere di casi eclatanti di mala giustizia e della moda forcaiola, da sempre in voga, sono diventati il marchio che ti contraddistingue.
Quanto ti diverti a coinvolgere anche i più restii degli spettatori?
Salvatore Ferraro: Il carcere, la giustizia in generale sono argomenti che toccano corde emotive molto particolari e trattarli ti obbliga, in qualche modo, a essere rispettoso del sentire altrui. Spesso la gente preferisce sentirsi lontana da problemi del genere. E, soprattutto con il carcere, tende ad avere un atteggiamento di rimozione. Ma il carcere è lì e riguarda la società tutta. TUTTA. Presentarle il problema in maniera ironica, spesso esilarante, è a mio avviso il modo migliore per avvicinare la gente, invitarla al dialogo e alla comprensione. Magari anche a farle mettere momentaneamente da parte qualche posizione preconcetta.
EP: Nella Mia Ora Di Libertà è anche il titolo di una canzone di De Andrè, quanto c’è di lui nell’ispirazione dello spettacolo teatrale, o almeno nel titolo?
SF: Di vero c’è “L’ORA D’ARIA” che facevo assieme a tanti compagni detenuti, un’ora fuori dalla cella per sgranchirsi il fisico ma anche un po’ l’anima. In quell’ora raccoglievi meglio gli stati d’animo che nel detenuto sono sempre una potente boccata d’ossigeno. Lo spettacolo è una lunga confessione carceraria con l’aria un pò più pulita di quella che si respirava dentro.
EP: Non hai mai pensato che esiste il rischio contraddittorio di fare un teatro elitario pur facendo un teatro di critica del reale?
SF: Il teatro è, in passato, è stato il piedistallo ideale del reietto. L’unico pulpito da cui poteva far sentire la propria voce. Oggi con la rete le cose sono cambiate parecchio ma il teatro rimane ancora il miglior luogo d’incontro tra chi vuole comunicare un’emozione e chi vuole riceverla. Non esiste il teatro elitario. Il teatro è per la gente. E più gente raccogli intorno al messaggio o alla storia che vuoi raccontare meglio è. E’ solo una questione di spazio. Come il carcere, appunto: una questione di spazio.
EP: Sei a tutti gli effetti un autore poliedrico (autore, compositore, chitarrista, tastierista, suoni persino l’ukulele). Cosa manca, secondo te, nel panorama dello showbiz che potrebbe essere di vantaggio a persone capaci come voi?
SF: In verità, non mi sono mai posto un problema del genere. Io mi limito a proporre delle cose e osservare se c’è una risposta della gente. Finora è andata sempre piuttosto bene. Ma c’è poco da pensare in termini di pianificazione…c’è solo l’azione. Sette anni fa cominciammo con uno spettacolo, quasi per gioco, fu un successo incredibile. Ora non abbiamo difficoltà a fare concerti e spettacoli, anche all’estero. Il tutto senza un soldo di sovvenzione o finanziamento. L’arte è azione chi ragiona in termini di showbiz aspira a un’azione forse troppo, troppo comoda.
Prove in cantina de “La mia ora di libertà” con Giampiero Pellegrini