Coppi e l’Italia anni 50

Una tappa del ricordo per celebrare il campione delle due ruote Fausto Coppi: è quanto propone a Roma, dal 23 settembre al 31 ottobre, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali con la mostra “Fausto Coppi. Il campionissimo”. L’esposizione, allestita in occasione del cinquantenario della morte del ciclista presso il Complesso Monumentale del Vittoriano con il patrocinio della Regione Lazio, del Comune di Roma e la collaborazione della «Gazzetta dello Sport», di Cinecittà Luce e Rai Teche, presenta, nel dettaglio e in tutte le sue sfaccettature, la storia di vita e professionale.

La rassegna, curata da Luciano Asborno, ricostruisce in particolare le umili origini natali di Coppi e le sue vicissitudini sportive nel difficile contesto sociale caratterizzato dall’entrata in guerra dell’Italia e dal desiderio del Paese di riprendersi dopo il trauma dell’e sperienza bellica. Il percorso espositivo, che si avvale dei prestiti dell’Associazione Fausto e Serse Coppi, dell’Archivio Omega Fotocronache Milano, del Museo Casa Coppi di Castellania, del Museo dei Campionissimi di Novi Ligure e di cimeli e documenti provenienti da archivi di collezionisti privati, propone le immagini dello strepitoso campione accanto a fermo immagine descrittivi dell’ Italia degli anni Quaranta e Cinquanta, con lo scopo di far trapelare anche il significato simbolico delle gare ciclistiche e i risvolti non solo sportivi delle competizioni.

Nello specifico l’itinerario di visita, curato e realizzato da Comunicare Organizzando, è strutturato in maniera cronologica e dettagliata in cinque sezioni che raccontano le vittorie sportive e la vita dell’uomo a partire dal matrimonio con Bruna Ciampolini, per passare alla nascita della figlia Marina, al dolore per la perdita del fratello Serse, alla storia d’amore con la “dama bianca” Giulia Occhini, alla nascita del figlio Faustino fino al processo per adulterio e alla morte nel 1960 del campione all’ospedale di Tortona a causa della malaria contratta in Africa dopo un viaggio fatto per partecipare a una battuta di caccia nel 1959.

La rassegna, che non manca inoltre di omaggiare Biagio Cavanna, l’uomo che lo ha formato sportivamente, e di riconoscere i meriti ai compagni e ai gregari di squadra che lo hanno accompagnato nella sua avventura ciclistica, è chiusa dalla lettere spedite dai fan e dalle pagine dei giornali sulle imprese sportive al fine di onorare un uomo e uno sportivo che è diventato e resta agli occhi della gente un’icona nazionale.

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