Revisionismo laico e democratico: la questione democratica

Probabilmente il vero Revisionismo risorgimentale italiano dovrebbe partire dalla ricerca intorno ad una effettiva rivoluzione popolare in funzione catartica rispetto agli assolutismi dell’Ancien Régime. In Germania il confine tra mondo medioevale e mondo moderno è segnato dalla Riforma protestante e dalla Guerra dei contadini del 1524-1526; in Gran Bretagna la rottura con il passato monarchico assolutista fu operata da Oliver Cromwell e dall’esecuzione capitale Carlo I del 1649; in Nord America dalla dichiarazione d’indipendenza delle 13 colonie britanniche del 4 luglio 1776 e completata dalla successiva guerra civile americana durata dal 1861 al 1865; in Francia dalla Grande Rivoluzione del 1789; in Russia dalla Rivoluzione sovietica del 1917, ma in Italia né il Risorgimento, né la Resistenza possono essere assunti a livello storico di rivoluzione sociale e politica. Il Risorgimento si risolse piuttosto in una unificazione territoriale condotta da uno Stato ancien régime, quello piemontese, con velleità di espansione egemonica sul territorio dell’intera Penisola; mentre la Resistenza altro non fu che la coda insurrezionale dell’esito di una guerra disastrosa, subito sopita, anestetizzata e liquidata da accordi internazionali di spartizione del mondo tra i due blocchi ideologici contrapposto dell’est e dell’ovest. Dunque, in Italia è mancata una vera e propria rivoluzione, che ponesse fine al vecchio mondo e che aprisse il futuro allo Stato moderno e, più in generale, alla modernità. Ciò spiega le sopravvivenze arcaiche ancora vive e presenti nel nostro tessuto sociale, come la delinquenza organizzata in ordinamento giuridico contrapposto allo Stato e con esso dialogante (Mafia, Camorra, ‘Ndràngheta ), l’arroganza autoritaria e burocratica del potere statale, lo scarso senso civico e giuridico della popolazione o lo spirito incapace e saccheggiatore, animato prevalentemente da interessi personali, che caratterizza da sempre la classe politica e dirigente italiana. Le narrazioni della nostra storia ci raccontano di speranze frustrate e di riforme, di trasformazioni incompiute. Tutto, pur di conservare un potere privo di interesse generale, completamente dedito all’egoismo personale. Il ritratto dell’Italia fu tracciato con iconografica precisione da Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne Il Gattopardo con l’ormai frase proverbiale rivolta da Tancredi allo zione Don Fabrizio:

“ Per il Re, certo, ma per quale Re? […]. Se non ci siamo anche noi, quelli ti combinano la repubblica. Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. Mi sono spiegato? […]. Arrivederci a presto. Ritornerò col tricolore.”6

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