La voce delle voci: la responsabilità sociale di chi fa informazione moribonda per colpa del business

di MARTINA CECCO

Tempi bui nel settore della comunicazione: non solo per la carta stampata e l’annoso problema della crisi dei contratti e dell’editoria, ma anche per le radiotelevisioni e il web, che si trovano a rigurgitare notizie e notiziari che tanto spesso sforano dal concreto al supposto, cadendo nel più terribile dei trash senza precedenti nella storia in Italia, paragonabile alla satira albanese della seconda metà del novecento e alla tv spazzatura dei business channel di oltre oceano.

Ma come mai siamo arrivati a dover fare i conti con la realtà del quotidiano mediocre della nostra società multimediale?

La crisi della morale della informazione si “palpa” ovunque: per trovare le peggiori performance del settore non resta che darsi a quei programmi concepiti come “seri” dove proprio le personalità a garanzia della morale pubblica, si parla di politici proprio loro, sgorgano in sproloqui senza freni e in discussioni parnassiane malconce che riescono a restituire un quadro dissacrante delle migliori e delle peggiori situazioni. Volutamente non prendo in esame i singoli casi, la scelta è troppo ampia per stare tutta pigiata in un misero articolo. E poi di spazio ne hanno anche troppo, queste faccende. Il problema sta tutto lì: “Emergenza – Monopolio del Trash”.

Lo stato di salute del settore informazione pubblica, in Italia, a partire dal periodo di conflittualità e di “arte circense” che ha dato il suo meglio per le presidenziali scorse, è andato via via peggiorando, passando da una banale influenza con febbre, condizionata dagli eventi elettorali a una cagnesca polmonite che a ogni dove scoppia improvvisamente, per arrivare a un quadro clinico con diagnosi infausta come quella che si presenta negli ultimi tempi, in cui non c’è più dibattito che non finisca col parlar di “culi” – “camicie” e astruse “banalità” il tutto intriso e inceppato di evidenti errori grotteschi.

L’appello che tardivamente sta insorgendo per un richiamo alla moderazione, nei modi e nei termini, da parte delle unità governative, cade troppo spesso nel vuoto e qui non si parla di gossip, ma di occasioni in cui i nostri esponenti governativi dovrebbero presentarsi al meglio, preparati e rassicuranti, di fronte ai problemi che vanno risolvendo in nostra vece .. li avremmo votati perché si occupino dello Stato e non delle loro faccende personali.

Quando meglio va insomma finisce con un insulto, una dissacrazione, una frase a effetto che strappa applausi e fischi e forse richiama al tifo calcistico le macchiette pagate ber sbeffeggiare o per battere le mani. Pochezza? Crisi? Più che evidente disimpegno? Puro opportunismo? Difficile comprendere, ma anche accettare. Da poi che nel settore del dibattito politico la prerogativa dovrebbe essere quella della rappresentatività delle diverse voci in campo e la serietà espositiva di chi è chiamato a rappresentarci.
Insomma, come più volte viene detto è tempo di gridare “vergogna” quando non c’è rispetto, magari anche cambiando canale, cambiando stazione, manifestando la propria voce on line, e se non basterà facendo falò di riviste e giornali.

E noi che cosa dovremmo fare: chiamati a riportare fedelmente i contenuti di improvvisi scatti di ira, scenate in stato allucinatorio e vessazioni? Potremmo cominciare a pubblicare intere pagine bianche (o nere per la storia) senza alcun contenuto, non fosse altro che le informazioni costano e serve anche dire quello che succede per tenere al corrente l’opinione pubblica di quanto il settore della informazione politica si trovi in difficoltà .. moribondo!

Di Martina Cecco

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