di CINEANGEL
Non iniziate ad abbozzare paragoni con la cruda e moralmente difficile realtà di Million Dollar Baby e neppure con la concretezza e la multietnicità di Gran Torino, ma Clint Eastwood regista continuerà a stupirvi anche con questa pellicola. Se il film ha una morale è che nella vita ciò che conta realmente non è fermarsi ai traumi o ai dolori del passato e neppure scervellarsi su cosa accadrà dopo, domani, fra cento anni, ma il presente. E’ nel presente che i tre personaggi riescono a ritrovare se stessi ed è nel presente che riescono ad incontrarsi senza volerlo, pur essendo di paesi diversi, di estrazione diversa, ma con un filo conduttore: l’ “hereafter”, la morte, la vita, il buio, la luce.
Clint Eastwood si serve di un profondo Matt Damon, ancora una volta unico vero nuovo attore di talento di Hollywood e di una scenografia dove è quasi sempre buio e l’unica consolazione è nel pensiero e non nel caos di tutti i giorni, per sfondare un ennesimo tabù, quello della morte, di fronte alla quale si cambia argomento per non rovinare o intristire serate o giornate o si scatenano scongiuri e semplici battute consolatorie.
I tre personaggi attraversano a loro modo la morte e finiscono col non averne paura, perché la guardano in faccia, non la rifiutano. Il loro problema non è la morte, ma il fatto di non poterne fare a meno nella loro vita. Un bel film di riflessione, sullo stesso tema in cui erano caduti Costner e Shadyac in Dragonfly, ma Eastwood non ci regala certezze, né ci chiede di inoltrarci in un mondo difficile ma come sempre di interrogarci su cosa vogliamo e come viviamo veramente.
Altro che riflessione sull’ultimo giorno, al contrario l’alba di una vita diversa.
Valutazione: 3 angeli e mezzo