di THOMAS MARGONI
Molto spesso, negli ultimi tempi, si sente parlare di giovani e giovanissimi con poca voglia di vivere, in preda a strani sentimenti e sensazioni che essi stessi classificano con il termine ‘noia’. Ma davvero di questo si tratta? O di qualcosa di ben più grave, in grado di sconvolgere la vita di intere famiglie?
Situazioni di forte disagio psichico, problematiche di difficile comprensione ed analisi. Qual è l’origine? Di chi le eventuali responsabilità? Si possono fare diverse ipotesi, ma credo che sostanzialmente si debba ricondurre il tutto a due sostanziali ordini di spiegazione: il primo attiene la sfera del ‘non apprezzamento’ della vita, il secondo quella della ‘incapacità’ di affrontare le difficoltà connaturate all’esistenza dell’uomo.
Una premessa: troppo spesso capita di sentire dire ad un giovane che non trova un motivo valido per vivere; affermazione sciocca, nella sua drammaticità , giacché la vita di per sé stessa è motivo più che valido per vivere, vista l’infinità di gioie, soddisfazioni e cose belle che essa è in grado di offrire. Forse già il porsi la domanda è sintomo di uno stato di sofferenza e di disagio, ma a risultare sconcertante è soprattutto il fatto che certe frasi le pronuncino dei quindicenni o dei venticinquenni. Ragionando su questo punto, è doveroso sottolineare l’eccessiva preoccupazione e cura da parte di genitori oltremodo premurosi nei confronti dei figli, fattore che gioca nella maggior parte dei casi un ruolo decisivo, giacché il giovane non è più capace di apprezzare ciò che ha e ciò che riceve, convincendosi che tutto gli sia dovuto e non capendo di doverselo guadagnare a prezzo di duri sforzi e di sacrifici. I problemi che la vita comporta, e che non risparmiano nessuno, creano ai soggetti deboli situazioni di eccessiva sofferenza, e totale mancanza di reazione, rassegnazione, caduta in tunnel come droga e alcool, sono le tristi conseguenze di quella che potremmo definire mancanza di maturità e di personalità. Sì, perché mai come in questo periodo si assiste ad una profonda deficienza di carattere nei giovani, privi di idee e voglia di fare, senza la volontà ferrea di costruirsi una vita, senza voglia di scoprire cose nuove, in preda ad un’apatia inaccettabile e orribile a vedersi.
Chiusi nella bambagia, molte volte inconsapevolmente creata dall’iperprotettività dei loro genitori, i ragazzi non fanno le necessarie esperienze che sole sono in grado di farli veramente crescere e diventare uomini e donne, ovverossia persone adulte capaci di decidere con ragionevolezza e di fronteggiare brillantemente le innumerevoli occasioni in cui si devono risolvere dei problemi. Abituati a trovare tutto fatto e servito, non svezzati alla verità della vita di ogni giorno, non sanno più nemmeno crearsi una stabilità dal punto di vista affettivo.
Il grande numero di matrimoni falliti lo testimonia: non di rado sono già le prime inevitabili frizioni della vita di coppia a creare insanabili rotture, ed il ricorso alla separazione altro non è che la sconfitta dovuta ad una sostanziale immaturità, peraltro cronica.
Si devono recuperare certe sane, buone, vecchie abitudini. Essere lasciati in balia delle difficoltà a volte fa bene, perché in quel modo ci si crea una scorza dura, una corazza, una protezione forte, ma soprattutto il necessario retroterra con cui incamminarsi sicuri verso l’avvenire.