di FERNANDO VANTAGGIATO
E’ idea condivisa ritenere che la salute rappresenti un bene prezioso che deve essere tutelato e protetto per tutti, con un accesso universale a tutte le prestazioni erogate dal Servizio Sanitario Nazionale.
Oggi l’esigenza di salute è aumentata: salute intesa come bisogno di vivere una condizione di pienezza e di benessere fisico, psicologico e sociale che viene salvaguardata anche quando il cittadino ha la percezione che sul territorio nel quale vive, c’è la presenza di un sistema di protezione che permette una facile fruibilità e accessibilità ai servizi socio-sanitari.
In molte situazioni questo diritto rischia di non essere garantito, mortificato, soprattutto quando a prevalere nelle politiche socio-sanitarie, rimangono le logiche dettate dai piani di rientro, quelle dei tagli dei posti letto e la tendenza ad accorpare i servizi di medicina specialistica e di riabilitazione, in nome del risparmio.
Ma si risparmia effettivamente?
Che cosa accade quando con una certa sistematicità si opera una disgregazione di un modello di Welfare che comprende la qualità della vita delle persone? Quando raggiungere le sedi dove sono ubicati i servizi, rappresenta un importante fonte di stress per la persona che ha bisogno di cure, per i membri della famiglia che si devono organizzare per accompagnare il proprio familiare chiedendo permessi di lavoro, perdere giornate lavorative, sostenere dei costi economici importanti anche per affrontare gli spostamenti, vedendo minacciata la sostenibilità della propria vita? Oppure quando l’assurdità del contesto nel quale tutto ciò accade, porta alla rinuncia delle cure stesse, con l’effetto che le persone si curano male, diventano più vulnerabili e si ammalano più frequentemente, comunque peggiorano il loro stato di salute con il conseguente aumento di acuzie che sfociano quasi sempre nelle corse verso il Pronto Soccorso dove si devono sostenere file interminabili? In ogni caso rimane che gli effetti di questo comporteranno dei costi a carico del sistema sanitario regionale, notevolmente maggiorati.
Tutto questo avviene quotidianamente. Basti pensare, ad esempio, a quello che si verifica nei piccoli Comuni dell’entroterra romano, in cui vivono piccole comunità che andrebbero tutelate almeno nei diritti essenziali; dove la condizione di avere bisogno di cure, viene vissuta come una maledizione divina, per cui l’unico margine di sicurezza è rappresentata dalla corsa in ospedale spesso anche per futili motivi.
E’ necessario fornire una quantità e qualità dei servizi socio-sanitari situandoli lì, nei territori dove i cittadini vivono, o comunque creare una rete di interventi con operatori specializzati afferenti a strutture pubbliche e private autorizzate, che garantiscano una copertura capillare dei servizi in una prospettiva di vera integrazione socio-sanitaria.
Oggi per avere una sanità di qualità è necessario ricollocare al centro del sistema, la persona nella sua totalità, riconoscendole un ruolo attivo e ritenendo essere un valore aggiunto, quello della sua partecipazione alle scelte nelle politiche territoriali, riguardanti la prevenzione, la qualità degli stili di vita, la tutela delle fasce più deboli.
E’ necessario promuovere sul territorio una cultura socio-sanitaria, portarla nelle scuole dove c’è tanto bisogno di salute che si sostanzia nella capacità di creare ambienti salutogeni, cioè generatori di salute. Potenziare, ad esempio, le attività fisico-motorie nelle scuole per l’infanzia ed elementari, che funzionano come potenti strumenti per prevenire forme para-dismorfiche e non solo, molto diffuse in età evolutiva; sostenere un’educazione alimentare, incrementare la formazione degli insegnanti nel rilevare situazioni di disagio su base affettivo-relazionale che sfociano nelle dipendenze e nei disadattamenti comportamentali e di integrazione. Portare la cultura della salute nei luoghi di lavoro dove c’è bisogno di sicurezza, di prevenzione delle tecnopatie che ogni anno si registrano in percentuale sempre più elevate, ipoacusia e sordità, patologie dell’apparato osteo-articolare, disturbi psichici causati da effetto di mobbing, tumori professionali come neoplasie da amianto, all’apparato respiratorio e alla vescica (Fonte INAIL).
E’ necessario, inoltre sostenere nei territori, la nascita di Centri di Riabilitazione che eroghino soprattutto servizi che siano prossimali ai disabili con prestazioni che prevedano la presa in carico globale dei pazienti e delle loro famiglie, dove il sociale dialoghi con il sanitario. E’ mai possibile che tante risorse vengano sprecate per dare dei servizi disgregati e di cattiva qualità, dove gli operatori di strutture diverse non dialogano tra loro a causa non solo della distanza, ma anche per conflitto di competenze ed esasperate parcellizzazioni degli interventi?
Quanto si spende per tamponare i problemi causati da questo scenario?
Allora il problema è solo di reperibilità di risorse economiche per migliorare la qualità della sanità, oppure c’è altro? Se il problema fosse quello delle risorse che sono insufficienti, basterebbe una verifica del Sistema Sanitario Nazionale al quale ogni anno gli sprechi sottraggono 15 miliardi, il 15% del finanziamento, per avere risorse a sufficienza e risolvere tante criticità, permettere nuovi investimenti in edilizia sanitaria, avere tecnologie diagnostiche e terapeutiche all’avanguardia, dare più servizi ai territori.
Ritengo fondamentale per chi si occupa di politiche socio-sanitarie, assumere con coraggio l’impegno di investire più risorse nei territori per promuovere anche una cultura della salute , formare gli operatori della scuola che tanto possono fare in un contesto che rappresenta il luogo più naturale per monitorare l’efficacia degli interventi in tal senso, in un’ottica di integrazione. L’obiettivo è quello di rendere le persone, siano essi bambini, giovani, adulti o anziani, più consapevoli e più responsabili riguardo alla propria condizione di salute, aiutandole ad uscire dal ruolo di passività, nella prospettiva che la salute non è una categoria astratta, ma è qualcosa che ogni giorno richiama all’impegno e alla responsabilità personale, per conservarla.