di PAOLA FERRARIO
Le risse in sala parto a Messina e il resoconto della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sugli errori in campo sanitario sono solo la punta dell’iceberg: i dottori sono stressati e terrorizzati dalle cause.
In Italia c’è un decesso ogni tre giorni, specialmente in Calabria e Sicilia e l’impetuoso resoconto dei presunti casi di malasanità della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sugli errori in campo sanitario lo conferma. In poco più di un anno, dalla fine di aprile del 2009 a metà settembre 2010, si contano 242 casi all’esame, di cui 163 hanno fatto registrare la morte dei pazienti. In entrambi i casi in testa alla classifica c’è la Calabria e la Sicilia. Seguono il Lazio, la Campania e la Puglia.
Ma i dati non sorprendono gli italiani, da anni si denunciano le carenze strutturali e organizzative degli ospedali del Sud, soprattutto quelli calabresi.
Serve un sistema di controllo di maggiore efficacia come ad esempio nei reparti di maternità in modo da evitare il ripetersi di episodi come quello accaduto a Messina in cui per via di una lite in sala parto tra ginecologi la donna ha subito l’asportazione dell’utero e il neonato due ischemie cerebrali. In questo modo gli ospedali italiani nelle cronache dei giornali, sono raccontati come il selvaggio west e sale parto che si trasformano in arene da combattimento.
In queste sale, dove tutto va affrontato con la massima tranquillità, ha preso il sopravvento l’idea del pericolo e il conflitto tra medici e pazienti è più sottolineato.
La colpa è anche dei contenziosi: migliaia di fascicoli con richieste enormi di danni che arrivano sulle scrivanie dei giudici. Ma in medicina c’è sempre un margine di rischio e vanno prese decisioni in continuazione. Servirebbe più chiarezza: protocolli precisi e condivisi con i colleghi e con i pazienti, potenziamento delle strutture ed un corretto progetto di programmazione che passi attraverso la dotazione organica di medici e infermieri.
All’origine delle liti in sala parto c’è quasi sempre una scelta: cesareo o naturale? Non sono solo problemi etici e morali, ma anche economici e di tempi. Nelle cliniche private il problema non sussiste: la paziente arriva, sa che deve pagare e se ne va. Nell’ospedale pubblico, invece, la paziente spesso entra con il medico che l’ha curata privatamente e che, a nascita avvenuta, manderà la parcella, ma si trova poi a partorire con chi è di turno, stipendiato dall’ospedale.
Aggiungiamo i salari poco adeguati e la crisi economica del momento e il quadro è fatto.
L’Italia è il paese europeo dove si ricorre di più al taglio cesareo, anche perché l’operazione riceve cospicui rimborsi regionali.
Ma il cesareo dà più sicurezza in termini sia di tempo, visto che elimina le ore di travaglio, sia economici, visto che è rimborsato. Ma alcune volte le cose precipitano e si ricorre al cesareo troppo tardi magari dopo lunghe discussioni sull’eseguirlo o meno.
E così il neonato nasce con gravi problemi come l’asfissia che causa danni cerebrali ed ischemie. Per non parlare dei problemi legati alla neo-mamme a cui viene asportato l’utero dopo certe gravidanze complicate, privandole così della gioia di avere altri figli.
I medici sono sempre più preoccupati per le azioni legali e le assicurazioni stesse tendono addirittura a non stipulare più polizze con loro.
In ogni caso del nostro paese si dice cha abbia uno dei sistemi sanitari migliori al mondo.