di MATTEO QUADRANTI
«Non così analitico quanto Ricardo, non così rigoroso e profondo quanto Marx, Smith è la vera personificazione dell’Illuminismo: pieno di speranza ma realista, speculativo ma pratico, sempre rispettoso del passato classico ma dedicato in definitiva alla grande scoperta della sua era: il progresso” (Encyclopedia Britannica). Adam Smith (1723–1790), partendo dalla filosofia morale, gettò per primo le basi dell’economia politica classica e del liberalismo economico. « Se non vide, o se non previde completamente la Rivoluzione industriale nella sua piena manifestazione capitalistica, Smith osservò con grande chiarezza le contraddizioni e l’egoismo sociale del vecchio ordine. Se egli era un profeta del nuovo, ancor di più era un nemico del vecchio. » (John K. Galbraith). Smith fu un teorico della macroeconomia. Ma il suo modello economico era ricco di considerazioni di tipo politico, sociologico e storico, a differenza della moderna economia. Smith muore il 17 luglio 1790, lasciando istruzioni ad amici di bruciare gran parte dei suoi scritti. E così avvenne.
Pensiero filosofico ed economico
Il pensiero di Smith trae origini dall’idea tipica dei filosofi scozzesi secondo la quale l’uomo è mosso dalle passioni più che dalla ragione. Dell’opera di Adam Smith è stata fornita un’interpretazione basata sulla netta separazione fra la “Teoria dei sentimenti morali” (1759) e “Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni” (1776), secondo la quale nel primo libro l’analisi porterebbe sui sentimenti altruisti mentre nel secondo si tratterebbe di comportamenti egoisti. Più recentemente si sostiene invece l’unità di pensiero di Smith. La giustizia, l’umanità, la generosità, lo spirito pubblico, sono per Smith le qualità più utili, e i doveri necessari, per la convivenza sociale. E la prudenza è la virtù più importante, come ha evidenziato anche il Nobel per l’economia Amartya Sen. Prudenza che, mi permetto commentare, è venuta meno negli ultimi 30 anni con la scuola di Chicago, il liberismo e quindi la crisi finanziaria di cui stiamo pagando ancora le conseguenze. Una lettura attenta della Teoria morale di Smith ci fa comprendere che il suo liberalismo economico non è semplicisticamente solo una tecnica pragmatica, di management per la mondializzazione, bensì una vera filosofia che pone con forza e chiarezza i propri valori etici.
Per Smith non vi sono rigide leggi naturali da svelare poiché la natura umana è strutturata secondo principi immutabili e universali. I comportamenti umani sarebbero uniformi in circostanze identiche. Aspetti, questi, caratteristici dell’illuminismo scozzese.