I Cinque Principi di Coesistenza Pacifica, fondamento della politica estera cinese

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Il 28 giugno scorso, a Pechino, si è tenuta una conferenza che ha ricordato il 70esimo anniversario dei Cinque Principi di Coesistenza Pacifica, che sono le fondamenta sulle quali si basa la politica estera cinese.

I Cinque Principi furono enunciati da uno dei più importanti, lungimiranti e riformisti leader cinesi, ovvero Primo Ministro Zhou Enlai, nel dicembre 1953, in occasione del ricevimento di una delegazione del governo indiano.

Essi si fondano su: rispetto reciproco della sovranità e integrità territoriale; non aggressione; non ingerenza reciproca negli affari interni degli Stati; reciproco vantaggio e coesistenza pacifica.

Tali principi furono inseriti nella Costituzione cinese nel 1982 e sono la base delle pacifiche relazioni cinesi con tutti gli altri Paesi del mondo.

Alla conferenza del 28 giugno hanno partecipato ex leader politici di circa venti Paesi e, molto atteso, è stato il discorso del Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping, il quale ha sottolineato, in particolare, come i Cinque Principi, abbiano “segnato un risultato rivoluzionario ed epocale nella storia delle relazioni internazionali”, in particolare in un’epoca in cui “il mondo era oscurato dalle nubi oscure della Guerra Fredda”.

L’azione della Cina socialista, negli Anni ’50 e ’60, non solo fu molto importante per portare avanti la decolonizzazione di molti Paesi asiatici e africani, ma promosse proprio quei principi di indipendenza e coesistenza pacifica – oltre i due blocchi contrapposto USA-URSS – che gettarono le basi per il suo successo, sia economico che nelle relazioni internazionali.

Come ha sottolineato il Presidente Xi nel suo discorso, peraltro, il Movimento dei Non Allineati, sorto negli Anni ’60, adottò come principi guida proprio i Cinque Principi di Coesistenza Pacifica.

In particolare il Presidente Xi ha sottolineato come i Cinque Principi siano: “conformi agli scopi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite” (…); “Seguendo i Cinque Principi, anche i Paesi che differiscono tra loro per sistema sociale, ideologia, storia, cultura, fede, stadio di sviluppo e dimensioni possono costruire un rapporto di fiducia reciproca, amicizia e cooperazione” (…); “Sempre più Paesi in Asia, Africa e America Latina si sono espressi e si sono sostenuti a vicenda, si sono opposti alle interferenze straniere e hanno intrapreso un percorso di sviluppo indipendente; “I Cinque Principi sono stati istituiti con lo scopo di proteggere gli interessi e gli interessi dei Paesi piccoli e deboli dalle politiche di potenza. Si oppongono categoricamente all’imperialismo, al colonialismo e all’egemonismo e rifiutano le pratiche belligeranti e prepotenti della legge della giungla”.

Il Presidente Xi ha affermato, altresì, che “C’è un solo Pianeta Terra nell’universo e tutta l’umanità ha un’unica casa comune” e, dunque, occorre “sostenere il principio di uguaglianza sovrana”; “consolidare le basi del rispetto reciproco”; “trasformare la visione di pace e sicurezza in realtà”; “unire tutte le forze per raggiungere la prosperità”; “impegnarci per l’equità e la giustizia”; “abbracciare una mentalità aperta e inclusiva”.

Futuro condiviso, mondo più aperto e inclusivo, nuovo ruolo storico del Sud del mondo, non più subalterno a un Nord opulento e spesso belligerante.

Queste le parole d’ordine della nuova Cina di Xi Jinping, che traggono linfa da quel passato socialista riformista, costruito da Zhou Enlai e che proseguì con Deng Xiaoping e i suoi successori.

Peraltro tutti della stessa generazione e dello stesso piglio politico dei nostri leader socialisti democratici Giuseppe Saragat e Pietro Nenni. E va ricordato come quest’ultimo fu, peraltro, il primo a guardare con interesse alla Cina, a promuoverne il riconoscimento e ad avere sentimenti di amicizia con Zhou Enlai, che conobbe proprio negli Anni ’50 ed al quale donò una copia del giornale socialista “L’Avanti!”.

Xi Jinping ha peraltro fatto presente, in conclusione, come “La determinazione della Cina di restare sulla via dello sviluppo pacifico non cambierà. Non prenderemo mai la strada battuta del saccheggio coloniale, o la strada sbagliata della ricerca dell’egemonia quando si diventa forti. Resteremo sulla strada giusta verso uno sviluppo pacifico. Tra i principali Paesi del mondo, la Cina ha il miglior track record in termini di pace e sicurezza. Ha esplorato un approccio tipicamente cinese per risolvere i problemi degli hotspot. Ha svolto un ruolo costruttivo nella crisi ucraina, nel conflitto israelo-palestinese e nelle questioni relative alla penisola coreana, all’Iran, al Myanmar e all’Afghanistan. Ogni aumento della forza della Cina è un aumento delle prospettive di pace nel mondo”.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it

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