La forza e la potenza del Cairo

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ANTONIO PICASSO

Il regime di Mubarak mostra i muscoli contro i nemici dell’Occidente. Ieri Hamas ha denunciato le Autorità egiziane di essersi macchiare di un “omicidio a sangue freddo”. L’accusa è relativa alla morte di quattro palestinesi uccisi dalla Polizia egiziana, che avrebbe pompato del gas all’interno di un tunnel che collega il deserto del Sinai con la Striscia di Gaza. “Si trattava di semplici lavoratori palestinesi che cercavano di guadagnare il loro tozzo di pane quotidiano”, si legge nella nota diffusa dal movimento islamico. La smentita dell’accaduto è giunta immediatamente dal Governo del Cairo.

I problemi di gestione del confine tra Egitto e Gaza sono sedimentati ormai da circa tre anni, da quando Israele ha imposto il blocco alla circolazione di uomini e merci fra il suo territorio e la Striscia. Di conseguenza si è venuto a creare un mercato nero di ogni tipo e non limitato al traffico di armi. Dopo “Piombo fuso” inoltre, l’immigrazione dei palestinesi verso l’Egitto è aumentata sensibilmente. Le stime ufficiali parlano di una comunità di 70 mila persone. Si può però presupporre una revisione al rialzo di queste cifre. L’opinione pubblica egiziana non nasconde la sua avversione verso la presenza di immigrati che, per quanto arabi, vengono visti come un elemento di destabilizzazione degli equilibri sociali nazionali. Da qui la scelta del Governo Mubarak di erigere una barriera, profonda circa 30 metri che impedisca la viabilità dei tunnel nel sottosuolo.

Nel frattempo un Tribunale del Cairo ha giudicato 26 persone colpevoli di collusione con il partito sciita libanese di Hezbollah. Si tratta di un gruppo costituito da libanesi, palestinesi, egiziani e un sudanese. Tra i condannati c’è anche Sami Shehab, libanese, indicato come il capo della cellula e al quale sono stati inflitti 15 anni di reclusione. Il caso si era già guadagnato in precedenza le prime pagine dei giornali di tutto il mondo arabo. La polemica nasceva dal fatto che il “Partito di Dio” tentasse di raccogliere consensi nel pieno dell’Egitto sunnita e che quest’ultimo trattasse i suoi eventuali sostenitori quasi alla stregua di come sono considerati in Occidente e in Israele: né più né meno che potenziali terroristi. In realtà, l’accusa formale rivolta dalla Magistratura egiziana nei loro confronti è stata di spionaggio. “Per noi è una medaglia d’onore”, ha dichiarato il Segretario Generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, nell’apprendere la condanna. “La loro unica colpa è aver sostenuto la causa palestinese”, ha aggiunto. È interessante notare che, due settimane fa, era stato egli stesso ad ammettere di aver inviato Shehab al Cairo, al fine di porre le basi di un’attività propagandistica fuori dai confini libanesi. L’atteggiamento del “Partito di Dio” appare anomalo. Strano è infatti che il movimento sciita cerchi di fare proselitismo oltrefrontiera, in un momento in cui si temono scontri con Israele e quando a Beirut i suoi rappresentanti si sono confermati a pieno titolo in seno al Governo di Rafiq Hariri. È come se fosse uno spreco di risorse. Ed è di altrettanta difficile interpretazione la posizione di Nasrallah in merito a Sehab. Indicandolo come “suo uomo al Cairo” ne ha automaticamente certificato la condanna in Egitto.

Al contrario è del tutto trasparente l’atteggiamento del regime di Mubarak. Nel momento di transizione che sta vivendo – con le incertezze relative al passaggio di consegne del potere fra il Presidente e suo figlio Gamal – Il Cairo vuole dimostrare a tutti di possedere una strategia politica chiara. La severità adottata è un messaggio sia per l’Occidente sia per il mondo arabo. L’Egitto non intende fare sconti all’intransigenza di queste “teste calde”, come possono apparire Hamas ed Hezbollah. Certo, i rischi per Mubarak sono di precludersi la possibilità di gestire la mediazione nella frattura interna ai palestinesi, fra Fatah e appunto Hamas. È altrettanto pericoloso mettere in crisi i rapporti con il Governo di Beirut. Infine non sono da sottovalutare le potenziali ripercussioni in seno all’opinione pubblica nazionale, che potrebbe accusare il Presidente di schierarsi a fianco dell’Occidente e di Israele, anziché proteggere i suoi fratelli arabi. D’altro canto l’Egitto è la sola potenza regionale di tutto il mondo arabo ed è con queste scelte impopolari che dimostra il suo vigore.

Pubblicato su liberal del 30 aprile 2010

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