Non sono affatto stupito, come non lo sono mai stato, della natura profondamente borghese, liberal-capitalista e radical-chic del PD e dei suoi alleati (o potenziali tali, come il polo di Renzi&Calenda e i Cinque Grilli), per cui non mi stupisce nemmeno un po’ la svolta (se di svolta si può parlare) “glamour” della Schlein.
Che poi, svolta…
Il PD, non da oggi, è glamour e guerrafondaio-atlantista, borghese e liberal-capitalista al contempo.
E’ un partito che, personalmente, ho sempre trovato profondamente anti-socialista e anti-popolare.
Non vedo differenze e non da oggi, fra il PD e i Fratelli Meloni.
Forse posso vederne fra il PD e Berlusconi, ma solo perché quest’ultimo ha avuto il coraggio, spesso, di quella trasgressione che ha mandato in bestia il Partito della Borghesia, ovvero, appunto, il PD.
Candidando intellettuali marxisti-eretici come Lucio Colletti; entrando a gamba tesa – nel 1994 – prendendo i voti degli elettori del vero centro-sinistra (ovvero quelli socialisti, cattolici, repubblicani, socialdemocratici e liberali); ponendosi contro una sindacatocrazia che da decenni non difende affatto i più deboli e criticando, spesso e volentieri, UE e USA per le loro sconsiderate politiche guerrafondaie e sanzionatorie.
Nel mondo, a differenza di Italia e UE (con l’esclusione del francese Jean-Luc Mélenchon), la sinistra guarda al socialismo, al superamento del capitalismo e al multipolarismo, ovvero alla cooperazione internazionale, alla pace e alla pari dignità fra i popoli.
Ovvero a un autentico anti-razzismo.
Lo fanno da decenni i socialisti latinoamericani, da Lula a Nicolas Maduro; lo fanno i socialisti dei Paesi africani, Sudafrica in testa; lo fanno i socialisti eurasiatici e asiatici, in primis la Cina, che guida una svolta epocale, sia in termini socio-economici che geopolitici, diventando baluardo di dialogo, pace e stabilità.
E ciò mentre in UE (in Italia ciò è evidente da molti decenni) e negli USA, con rarissime eccezioni, non esiste una sinistra di matrice socialista, populista e popolare e si va verso un rafforzamento dell’“apparire” più che dell’“essere”; verso un rafforzamento della dittatura del danaro e dell’uso delle armi, più che della cooperazione e della pace; verso la disgregazione sociale (che provoca ansia e depressione fra le persone, in particolare fra i più giovani), anziché verso la condivisione e la fratellanza; si tagliano investimenti alla scuola e alla sanità pubbliche, anziché rafforzarle, in nome della necessità di avere un futuro e un presente che poggi su solide basi scientifiche e culturali.
E, anziché cercare di “curare” l’economia, pianificandola e nazionalizzando i settori chiave, quali energia, banche, trasporti e telecomunicazioni, si ripropone la vecchia e deleteria ricetta dell’aumento dei tassi d’interesse, come se questo rallentasse davvero l’inflazione e non creasse, invece, l’effetto opposto.
Quale futuro, senza il socialismo?
Nessuno.
Luca Bagatin