Rivolta in Kazakistan contro il governo autoritario. Come profetizzato da Eduard Limonov

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Scontri di piazza in Kazakistan, a seguito del drastico aumento del prezzo del gas, quasi raddoppiato.

In risposta a tale aumento, i residenti delle regioni occidentali del Paese, ove l’industria del petrolio e del gas è più sviluppata, hanno dato vita a una protesta che è stata repressa, in modo violento, dalla polizia.

Successivamente, la protesta è proseguita nelle più grandi città del Kazakistan, sia nel nord, abitato principalmente da russi, che nel sud, con migliaia di manifestanti nelle strade.

Il governo autoritario, presieduto da Kassym-Jomart Tokayev (nominato nel 2019 dal leader autoritario Nursultan Nazarbaïev), ha dichiarato lo stato d’emergenza nelle città di Almaty e Nur-Sultan, dal 5 al 19 gennaio, imponendo il coprifuoco dalle 23.00 alle 7.00 del mattino.

Gli scontri hanno portato all’arresto di 200 manifestanti, molti dei quali avevano fatto irruzione nei municipi di alcune città, compresa la città più popolosa, Almaty.

Nel frattempo, il Presidente Tokayev, ha deciso di scogliere il governo del Primo Ministro Aksar Mamin e ha affermato, attraverso un video: “Non cedete alle provocazioni. Non ascoltate chi vi incita ad assalire gli edifici del governo. Si tratta di un crimine per il quale sarete puniti”.

Il governo russo, attraverso il Ministero degli Esteri, ha invitato al dialogo dichiarando: “Seguendo da vicino gli eventi, siamo per una soluzione pacifica a tutti i problemi nel quadro del campo costituzionale e legale e del dialogo, non attraverso rivolte di piazza e violazione delle leggi”.

Da ricordare come, il primo a denunciare la potenziale situazione esplosiva del Kazakistan (così come dell’Ucraina e di tutte le Repubbliche ex sovietiche), fu lo scrittore e leader politico nazionalbolscevico russo Eduard Limonov, alla fine degli Anni ’90.

Egli, fra il 1998 e il 2001, si trasferì sui monti Altaj, al confine con il Kazakistan. Fu lì, infatti, che allestì un campo base con alcuni militanti del Partito NazionalBolscevico, che si addestrarono, anche militarmente e vissero quegli anni in una forma di meditazione ascetica.

Ma perché Limonov si trasferì in quel luogo?

Il Kazakistan, come l’Ucraina, faceva parte dello spazio post-sovietico. Separatosi dalla Madre URSS, anche il Kazakistan si era ritrovato nelle mani degli ex notabili dell’ex Partito Comunista dell’Unione Sovietica, ormai passati al capitalismo autoritario ed eletti nuovi Presidenti “democratici” (come in Bielorussia Aleksandr Lukashenko, altro ex notabile fortemente criticato dai nazbol), i quali facevano il bello e il cattivo tempo.

Quelle regioni, in particolare, furono brutalmente “kazakizzate” dal presidente Nursultan Nazarbaïev, al potere dal 1990 e Limonov, come per l’Ucraina, si disse preoccupato per il destino dei russi in quelle regioni, che, secondo lui, avrebbero dovuto tornare alla Russia.

Limonov ricordò, in particolare, come vi fossero ancora più di 4 milioni di russi in Kazakistan e diverse persone di lingua russa.

Il suo periodo di permanenza sull’Altaj fu bollato dalle autorità russe – in particolare a seguito di un articolo provocatorio apparso sul giornale nazionalbolscevico “Limonka” – come “tentativo di colpo di Stato in Kazakistan” e Limonov – nel 2001 – fu arrestato. Il pubblico ministero chiese sino a 14 anni di reclusione.

Egli fu condannato, ad ogni modo, a soli – si fa per dire – 4 anni di carcere, con l’accusa di “traffico d’armi” e fu assolto dalle altre accuse. Alla fine, ne scontò 2 e mezzo per buona condotta, anche grazie all’intervento del suo avvocato, Sergey Belyak.

Da dire inoltre che, ancora oggi, il partito nazionalbolscevico di Limonov, ovvero “L’Altra Russia di Eduard Limonov”, si occupa direttamente della questione kazaka e sta sostenendo, da oltre un anno – nel silenzio più assordante di tutti i media occidentali – la scarcerazione dell’attivista per i diritti umani delle miniranze russe in Kazakistan, Ermek Taychibekov.

Taychibekov, in carcere dal settembre 2020, è stato condannato – dal tribunale kazako di Almaty – nel dicembre scorso, a ben 10 anni di carcere con l’accusa infondata di “incitamento al separatismo e alla discordia nazionale”.

“L’Altra Russia di Eduard Limonov”, nel segno del suo fondatore, continuano dunque ad occuparsi di riunificare il mondo russo ex sovietico, promuovendo il socialismo popolare, in tutte le Repubbliche ex Sovietiche, contro ogni forma di nazifascismo e di sciovinismo, purtroppo sempre più presenti, dopo la fine dell’URSS.

In tal senso, infatti, stanno sostenendo le proteste di piazza di questi giorni, contro il governo autoritario, purtroppo, come da loro spesso sottolineato, sostenuto dal governo russo presieduto da Putin. Governo russo, che, non a caso, preseguita da sempre i nazionalbolscevichi di Limonov.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it

2 COMMENTI

  1. Non direi forza Putin, così come non inneggerei mai a un governo borghese e autocratico (come quelli Europei, Russia attuale compresa).
    Un Putin che si rifiuta di sostenere le minoranze russe oppresse in Kazakistan, poi.
    Direi forza al popolo che si ribella e che ha cacciato (finalmente !) l’autocrate al governo.
    E anche: Ermek Taychibeko libero !
    Che lei nemmeno sa chi è 🙁

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