Come l’Afghanistan, da Paese laico e socialista è finito nelle mani dei talebani

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Molti anni sono passati dalla fine del governo laico e socialista afghano che vide in Mohammad Najibullah il suo ultimo esponente.

Se non partiamo dalla fine del suo governo, da quel tragico 1992, non capiremo mai il perché, oggi, i talebani, fondamentalisti islamici, sono inesorabilmente tornati.

Fu grazie al Partito Democratico Popolare dell’Afghanistan, di ispirazione marxista-leninista e di cui Najibullah fu esponente, se, nel 1978, fu rovesciato il governo autoritario di Mohammed Daud Khan.

Fu così che fu proclamata la Repubbica Democratica dell’Afghanistan, che fu presieduta, sino al 1979, da Nur Mohammed Taraki, il quale avviò una serie di riforme: fece distribuire le terre ai contadini; abrogò la decima che i braccianti dovevano ai latifondisti; abolì l’usura; regolò i prezzi dei beni primari; nazionalizzò i servizi pubblici; riconobbe il voto alle donne; legalizzò i sindacati; abolì le leggi religiose e le sostituì con leggi laiche e vietò i matrimoni forzati.

Riforme che si scontrarono – come prevedibile – con le autorità religiose locali e, nel 1979, Taraki sarà assassinato dal Vice Primo Ministro Hafizyllah Amin, il quale fu sospettato dall’URSS di essere in combutta con la CIA.

Amin sarà ricordato per le sue brutalità e, contro il suo governo golpista, intervenne l’URSS, la cui Armata Rossa entrò a Kabul il 27 dicembre 1979 e venne quindi successivamente nominato Presidente l’esponente del Partito Democratico Popolare dell’Afghanistan Babrak Karmal, il quale rimarrà al governo sino al 1986.

Il suo governo fu inviso sia agli USA che ai Mujaheddin, ovvero i fondamentalisti islamici, i quali saranno non a caso finanziati direttamente dagli USA in chiave anticomunista, per fomentare una lunga e cruenta guerra civile.

Guerra civile che terminerà – con la vittoria dei fondamentalisti – solo nel 1989, allorquando Gorbaciov smetterà di sostenere il governo laico socialista della Repubblica Democratica dell’Afghanistan.

Il 30 settembre 1987 fu eletto Presidente della Repubblica Democratica afghana, Mohammad Najibullah, che sarà anche il suo ultimo Presidente laico e socialista.

Najibullah emanò una nuova Costituzione che prevedeva multipartitismo, libertà di espressione e un sistema giudiziario indipendente.

Nonostante una campagna militare da lui guidata, che portò all’arresto di 40.000 ribelli fondamentalisti, il fondamentalismo islamico si fece sempre più aggressivo al punto che, una volta venuto meno il supporto dell’URSS, nel 1989, l’Afghanistan cadrà via via nelle mani islamiste.

Najibullah sarà costretto a dimettersi nel 1992, abbandonato da tutti, persino dall’ONU.

Sarà ucciso nel 1996 dai talebani che, una volta presa Kabul, vollero condannarlo a morte, quale atto simbolico. Vilipesero persino il suo corpo, prima di ucciderlo, esattamente come fecero i fondamentalisti islamici in Libia, con Mu’Ammar Gheddafi, altro ledaer laico e socialista.

Ecco come l’Afghanistan laico, socialista e democratico è morto.

Esattamente come la Libia laica, socialista e democratica (diretta) di Gheddafi.

Per mano del fondamentalismo islamico sostenuto dagli USA.

E oggi, siamo ancora, drammaticamente, a questo punto.

Fortunatamente, almeno alla Siria laica e socialista di Assad, sostenuta dalla Russia e dalla Cina, tutto ciò non è accaduto.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it

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Nato a Roma nel 1979, è blogger dal 2004 (www.amoreeliberta.blogspot.it). Dal 2000 collabora e ha collaborato con diverse riviste di cultura risorgimentale, esoterica e socialista, oltre che con numerose testate giornalistiche nazionali, fra le quali L'Opinione delle Libertà, La Voce Repubblicana, L'Ideologia Socialista, La Giustizia, Critica Sociale, Olnews, Electomagazine, Nuovo Giornale Nazionale, Liberalcafé. Suoi articoli sono e sono stati tradotti e apprezzati in Francia, Belgio, Serbia e Brasile. Ha pubblicato i saggi "Universo Massonico" (2012); "Ritratti di Donna (2014); "Amore e Libertà - Manifesto per la Civiltà dell'Amore" (2019); "L'Altra Russia di Eduard Limonov - I giovani proletari del nazionalbolscevismo" (2022) e "Ritratti del Socialismo" (2023)

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