di LORENZO CASTELLANI
La disparità di trattamento a livello normativo tra lavoratore pubblico e privato nei casi di eccedenza di personale è palese. Per quanto concerne il lavoratore privato, impiegato in un’impresa con un numero di dipendenti superiore a 15, dobbiamo fare riferimento alla disciplina dei licenziamenti collettivi. Per ricorrere a tale disciplina è necessario che siano effettuati almeno cinque licenziamenti in un arco temporale di centoventi giorni nella stessa unità produttiva. Ai licenziamenti collettivi si può pervenire direttamente o quando sussiste l’impossibilità di reintegrare al loro posto lavoratori già posti cassa integrazione guadagni straordinaria. Che cosa succede? Il lavoratore viene licenziato e si iscrive nelle liste della mobilità. Il lavoratore in tale condizione percepisce l’intera retribuzione per 12 mesi se ha meno di 40 anni, 24 mesi se è ultraquarantenne, 36 mesi se è ultracinquantenne. Dopo i primi 12, 24 o 36 mesi la retribuzione scende all’80%. Il lavoratore è dunque già licenziato e può essere messo in mobilità solo se ha un’anzianità aziendale di almeno 12 mesi di cui almeno 6 mesi di lavoro effettivo. Il fine della procedura è quello di fungere da ammortizzatore sociale e allo stesso tempo permettere ai lavoratori di cercare un nuovo impiego. Il lavoratore non può usufruire del trattamento per un periodo superiore alla propria anzianità aziendale. Gode di contribuzione figurativa, ma non può usufruire di altri trattamenti previdenziali a titolo di invalidità, vecchiaia o disoccupazione. Il lavoratore dipendente di un’impresa con meno di 15 dipendenti non può nemmeno usufruire della mobilità ed il licenziamento avviene per giustificato motivo oggettivo. Vediamo ora cosa succede nell’impiego pubblico nel caso di eccedenze del personale. Prima di tutto si apre una doppia fase di consultazione sindacale dopo (soli) 10 esuberi nel corso dell’anno(i dipendenti pubblici sono quasi 4 milioni). Il lavoratore non viene immediatamente licenziato come nel lavoro privato. Infatti viene collocato in disponibilità. Resta ventiquattro mesi(due anni!) con retribuzione pari all’80% a carico dello Stato. Pagato quindi, dai contribuenti, per non lavorare. Per-non-lavorare. Non ha nemmeno necessità impellente di trovare un’altro impiego visto che non è immediatamente licenziato. L’esubero arriva solo se nell’arco di questi 24 mesi il lavoratore non può essere ricollocato con mansioni equivalenti(o superiori quindi promozione senza alcun merito) nella Pubblica Amministrazione. Nell’interezza della stessa. Inoltre i due anni di messa in disponibilità sono utili a fini pensionistici e dell’anzianità di servizio.
Questo è uno dei tanti possibili esempi dei privilegi e del trattamento di favore di cui gode il dipendente pubblico. E’ superfluo aggiungere ulteriori commenti. La bocca della legge parla da sola.