Italici prima, Europidi adesso, lo strano destino degli italiani

Vito Tanzi "ITALICA. L'unificazione difficile tra ideali e realtà"

0
1002

Il brillante ed entusiasmante evento del 122esimo incontro di Lodi Liberale era incentrato sul libro di Vito Tanzi “ITALICA. L’unificazione difficile tra ideali e realtà” l’incontro spumeggiante stato organizzato insieme all’autore (già Direttore del Dipartimento di Finanza Pubblica del Fondo Monetario Internazionale 1981-2000), Roberto Brazzale (Imprenditore) e Antonia Carparelli (Professore di Governance and Policies of the European Union presso l’Università LUMSA di Roma).

Vito Tanzi è uno dei più importanti economisti attualmente attivi, il suo nome è spendibile a livello internazionale e non è la sua prima presenza in Lodi Liberale. Quando, qualche anno fa, presentò il suo precedente volume.

Antonia Carparelli invece lavora presso l’Unione europea e ha avuto a che fare con la riedizione del volume in questione, più puntuale e più dettagliata della precedente.

IL LIBRO E LA SUA VESTE MALCOMODA

Il libro ha una curiosità; tocca un aspetto storico, ricco di fonti e di bibliografia, dal punto di vista di un economista: dà una visuale dell’Unità d’Italia non mitizzata, ma neanche negativa a priori, bensì analizzata sotto l’aspetto istituzionale ed amministrativo. Ha detto Lorenzo Maggi, presidente di Lodi Liberale, nella presentazione del volume.

L’Unità italiana ha creato concretamente un piccolo mercato unico, andando a pesare i dazi verso l’esterno, quindi riducendone il peso per l’interno ma creando dei problemi rispetto al Sud Italia, mentre emergono aspetti critici; nel libro viene citato anche Francesco Ferrara, liberista economista autentico, che spesso non viene contemplato.

“Italica” è un libro che s’inoltra in verità scomode, indaga gli aspetti più spinosi della formazione e del consolidamento del Regno d’Italia e contiene giudizi a tratti irriverenti su figure mitiche del Risorgimento italiano, come Cavour e Garibaldi. Un libro che non esita a stigmatizzare scelte politiche che – sia pur inconsapevolmente – finirono per aggravare divari preesistenti e trasformarono i ritardi in dipendenza e le diversità in patologia, ponendo una pesante ipoteca sullo sviluppo economico dell’Italia nel suo insieme. Un libro che può fare aggrottare le sopracciglia a molti intellettuali – non solo storici – che ritengono che la coesione di un paese dipenda essenzialmente da simboli, narrazioni e miti condivisi, non importa se veri o artefatti.

La penisola era un mosaico di  Stati, alcuni piccoli, altri di dimensione intermedia”.

La cultura economica contemporanea rende doveroso ragionare in termini di costi e benefici: e se applicato al progetto Unificare l’Italia?”

“Questo libro parte da un’idea relativa a un progetto in cui sono stato invitato a partecipare e quando ho iniziato a scrivere questo primo capitolo non ero preparato, ma avevo del tempo libero e mi sono dedicato a fare ricerca di storia economica, con il vantaggio di poter leggere in tutte le lingue europee” Vito Tanzi parla della sua bibliografia notevole con cui ha concepito e infarcito il libro. Tra le sue fonti anche i libri legati all’unificazione di stampo prettamente narrativo. Secondo Tanzi il tema è molto appassionante e leggendo le opere locali ha trovato molte incongruenze e si è fatto molte domande in merito alla mistificazione dell’Unità d’Italia.

“Come mai i più grandi eroi italiani vengono dal nord ovest torinese? Si chiede Tanzi. Come mai la lingua ufficiale era il francese e quando l’Italia fu unificata si parlò in francese? Come mai diviene monarchica e non repubblicana?”

Secondo Vito Tanzi l’unificazione italiana non fu un processo naturale, ma un processo di rattoppamenti.

“Questa era l’era Vittoriana e gli inglesi stavano ampliando le loro aree di influenza da est a sud e avevano molto interesse per il Regno di Napoli, in quanto il loro interesse era incentrato sul Mediterraneo, lo stesso Cavour era molto interessato alla cultura anglosassone, che cercava di capire e di imitare in qualche modo” dice Tanzi. Con modesti risultati.

Nella spedizione dei mille ci furono persone di ogni tipo di ceto, i mille furono lautamente accompagnati da denaro e scortati, non si trattava di una battaglia” Garibaldi quindi non ebbe un periodo complicato nella sua missione.

La missiva entrava a Napoli in treno come ospite nel Palazzo Reale. Ha detto Tanzi.

“Con l’unità d’Italia si crearono delle istituzioni massoniche, una chiesa protestante, e molte persone che parteciparono al progetto non erano cattoliche, avevano confiscato beni alla chiesa, ed era molto forte questo aspetto antireligioso. I Borboni invece erano a Napoli da 150 anni, ormai a pieno titolo napoletani.” Il regno dei Borbone non era molto illuminato, era un regno molto leggero, dove comandava il potentato delle baronie.

“Giuseppe Garibaldi aveva piacere di stare al centro del cambiamento.”

Egli in realtà applicando un progetto unitario fece in modo che per Cavour si aprisse un percorso di espansione non proprio voluto, poiché interessati più all’espansione ad est, tuttavia intravedendo la possibilità di andare a sud e di sgravare i suoi debiti, egli se ne interessava. In quel momento la maggior parte dei debiti dell’Unità d’Italia sono da imputare al Piemonte per i diversi investimenti fatti in Piemonte e Sardegna. In seguito unisce i giovani del sud cercando di attivare la leva obbligatoria, anche se il progetto non era condiviso, di fatto.

Infine decise di confiscare e di vendere i beni ecclesiastici, che erano concentrati al sud, sul modello francese. Al sud i conventi erano un perno sociale ed economico, anche se non efficiente. Questi beni furono acquistati a pochissimo prezzo.

“L’ultimo aspetto furono le imposte, i Borbone non erano efficienti ma non applicavano delle tasse alte, mentre le tasse furono aumentate notevolmente dopo l’unificazione. I briganti c’erano sempre stati nel Sud. Dal 1500 in poi piccoli briganti abitavano nei boschi…” In questo modo tra nord e sud si iniziò a creare un enorme divario culturale, anche se quello economico in quel periodo non era ampio, al contrario.

Unità d’Italia ed integrazione in Unione europea, un confronto

“Il libro nasceva in occasione dell’Anniversario dell’Unità italiana, ora siamo nella seconda edizione, la prima era del 2012, grazie all’editore Schena che ha cambiato anche la copertina mettendo una lampo mezza scoperta, che lascia intravedere l’argomento, su cui la letteratura è sterminata e le fonti sono prese in esame per il libro. Il punto di vista del testo è una prospettiva internazionale, le fonti sono poco note e l’800 viene qui visto con un fervore meno condizionato dalle posizioni di parte, focalizzato sull’insieme delle politiche economiche del periodo post unitario.” Ha detto Angela Carparelli.

APOLOGIA DELLA STORIA

Scienza degli uomini nel tempo, comprensione del presente mediante il passato, e del passato mediante il presente.

Il divario tra Nord e Sud è andato configurandosi senza soluzione di continuità, tranne nel periodo del boom economico. Attualmente si sta assestando, ma rimane un gap molto alto per uniformare la situazione.

“Le origini del divario sono da ascriversi al fenomeno del brigantaggio, all’abbattimento delle frontiere doganali, all’emorragia creata dall’emigrazione selettiva, la mancanza di beni pubblici essenziali e a mancanza di un sistema finanziario che poteva dare accesso al credito d’impresa anche nel Mezzogiorno”. Secondo quanto riportato da Tanzi.

Il passato getta le ombre sul presente. Ci sono molte analogie nella situazione odierna, anche se sono di per sé due fatti storici diversi. Vi sono delle situazioni somiglianti, come ad esempio le ragioni economiche legate alla tecnologia sul mercato, le ragioni sociopolitiche legate agli emergenti della modernizzazione e le ragioni geopolitiche legate al quadro politico internazionale. I sette stati italiani non contavano nulla nella nuova unità, come adesso gli stati in Europa non contano” ha detto.

I DIVARI TERRITORIALI SONO INEVITABILI?

“Ci sono fenomeni di dislocazione e di riaggregazione che tendono a favorire le aree più forti. Un tempo non vi era consapevolezza di quanto stava accadendo, mentre adesso ne siamo consapevoli. Tale consapevolezza dei contrappesi regionali (attualmente) è molto sentita in riferimento all’odierna unificazione monetaria, ma è visibilmente un punto di vista imprescindibile” dice la professoressa “in cui ci possono essere dei punti fermi.”

IL DECALOGO DEL BUONGOVERNO

“Basarsi sulla CONOSCENZA è un modo per differenziarsi dall’unità d’Italia, quando non vi erano queste analisi; ora le analisi ci sono, per cui si può CERCARE di tenere insieme con consapevolezza le complesse interazioni tra economia, società e politica, CONCORRERE a radicare una visione di bene comune e di equità distributiva, MANTENERE uno standard di un’elevata qualità delle classi dirigenti.” Almeno quanto emerge dall’analisi del libro secondo la dott.ssa Carparelli.

Qualche criticità e qualche non condivisione possono emergere, quando pensiamo alle forze di mercato, pensiamo ad un processo di convenienza per tutti. Ha detto il Presidente di Lodi Liberale.

 

“Il libro è bellissimo, specialmente per un veneto che ha in mano una serie di fonti bibliografiche vive, che parlano di come l’Unità d’Italia sia stata vissuta, dopo lo sfaldamento della millenaria Serenissima temporaneamente sotto l’Impero Asburgico, che ha molto in comune con la storia del Regno di Napoli e delle due Sicilie. La questione italica è sempre stata vissuta con un dualismo nord sud, mentre la questione concreta è la divisione est, ovest secondo quelle che potrebbero essere le esperienze storiche che si avvicinano alla verità.” E’ il punto di vista di partenza dell’imprenditore Roberto Brazzale, intellettuale italiano.

“In Italia l’idea della nascita di una confederazione è molto distante dalla realtà visto che l’unitarietà non viene mai messa in discussione a prescindere, dove – nonostante l’articolo V della Costituzione del regionalismo efficiente – si cerca di fatto di tornare indietro” secondo Brazzale – “dove le istanze degli autonomisti in vena francese restano inascoltate”. Secondo Brazzale e come messo in evidenza da Tanzi, non siamo stati unificati ma tradotti da uno stato centralista francese, ed oggi il quadro è rimasto tale e quale.

L’IDEALITA’ E’ VENUTA DOPO L’UNITA’ POLITICA

“La storia dei libri di testo è ancora fortemente ancorata alla propaganda, per questo emerge che la nascita dell’Italia messa senza progettualità, è data prevalentemente da accordi, fatti e accadimenti sistemati a posteriori” secondo Brazzale “specialmente le ideologie del ‘900 sono state al centro dell’immaginario politico”.

LA CARICATURA DELL’EUROPA E’ DIVENUTA IL NOSTRO IDEALE

“L’Europa è un centro di propulsione ideologica, oggi ad esempio siamo vittime dell’ideologia di una progressiva ed inspiegabile nonché sciagurato scivolare dal progetto europeo al progetto unionista” ha detto “dove restano uniti una serie di stati che tra loro non hanno mai legato uno stretto rapporto geografico, linguistico, culturale, storico, con un ideale unitario che sta andando verso un’ideale non realizzabile, frutto di una suggestione, che fa pensare che uno Stato grande sia più efficiente di uno stato piccolo. Mentre i numeri dimostrano il contrario.”

LA REALTA’ E’ UNO SMACCO CLAMOROSO VERSO LE COSTITUZIONI ALTISONANTI CON ECONOMIE FALLIMENTARI

“Per avere conoscenza bisogna appunto conoscere, per conoscere bisogna essere presenti, avere un rapporto diretto e rapido tra chi è amministrato e chi amministra, l’intelligenza diffusa, saper vedere e quindi avere una flessibilità, una capacità metodologica di adattamento alle conoscenze specifiche, numeri che siano gestibili. La concorrenza tra gli Stati è fondamentale per l’economia.” Ha detto Brazzale. Gli italiani non hanno più un aumento di reddito pro-capite dal 1997, quando è stata sancita la parità di unità di cambio tra marco tedesco e lira italiana, mettendo in comune una moneta tra paesi con politiche fiscali opposte.

“L’attuale modello europeo esclude completamente il Sud Italia, lo Stato al sud ha escluso l’impresa privata e trasferisce ricchezza con una logica di compensazione. L’Italia in Europa sta giocando lo stesso ruolo, ricevendo denaro a iosa ed emettendo debito, con il placet dei paesi che vedono aumentare il credito eroso, senza risolvere i problemi” secondo Brazzale “ per cui il soggetto comunitario che nega le politiche protezionistiche si è messo in testa di creare una specie di progetto neo-napoleonico.”

Nelle classifiche del benessere, hanno i migliori risultati coloro che restano tra i 5 e i 20 milioni di abitanti, mentre in unione europea si procede in un progetto unionista sbagliato che va contro ogni risultato.

IL SETTORE PUBBLICO HA DELLE MISSION PRECIPUE

I Governi hanno lo scopo di produrre beni pubblici, come Sicurezza del paese e delle persone, Giustizia, che non possono essere prodotte dai privati. Ha detto Vito Tanzi. Questi BENI PUBBLICI stanno diventando sempre meno nazionali e sempre più internazionali.

Insieme a questo anche la gestione delle grandi crisi: il clima, la salute, l’equilibrio geopolitico internazionale, l’emigrazione. Esistono quindi beni pubblici che sono globali.

I paesi che hanno indici di felicità alti sono molto piccoli, ma allo stesso tempo, tranne forse Singapore, hanno una incessante attività del Governo, con una spesa pubblica abbastanza alta, ad esempio rispetto agli USA e cercano di correggere le distorsioni del sistema concorrenziale.

Le correzioni alle storture dell’economia di mercato è un fatto da affrontare in separate sede, per stabilire limiti e risorse sui numeri, ha detto Tanzi.

 

A cura di Martina Cecco

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento!
Inserisci il tuo nome