Era il 15 ottobre 1987, quando il Presidente del Burkina Faso – Thomas Sankara – fu ucciso, nell’ambito del colpo di Stato organizzato dal suo ex compagno d’armi Blaise Campaoré, con l’appoggio degli USA, della Francia e dei militari liberiani.
Sankara fu e rimane un simbolo per i popoli del Terzo Mondo africani. Un simbolo panafricano di riscatto e emancipazione.
Burkina Faso, significa, letteralmente, “paese degli uomini integri”. Così come integro fu sempre Sankara, salito al potere a soli 35 anni, attraverso una rivoluzione senza spargimento di sangue, esattamente come avvenne in Libia, con Mu’Ammar Gheddafi.
Sankara nacque il 21 dicembre 1949 da una famiglia povera burkinabé. Il suo sogno, sin da bambino, fu che il suo popolo potesse affrancarsi dal neocolonialismo e che tutti potessero vivere in pace, con due pasti al giorno.
Per potersi mantenere entrò nell’esercito partecipando ad un concorso per accedere alla Scuola militare Pryatanée di Kadiogo, superando il concorso nel 1966.
Nel 1978 conobbe colui il quale, tempo dopo, l’avrebbe assassinato, ovvero Blaise Campaoré e con lui costituì il Raggruppamento degli Ufficiali Comunisti al fine di rovesciare il regime corrotto dell’Alto Volta.
Nel novembre 1980, senza alcun spargimento di sangue, prese il potere il colonnello Sayé Zerbo e Sankara, vista l’alta popolarità di cui godeva nell’esercito, fu nominato Segretario di Stato per l’Informazione. Purtuttavia, in aperto contrasto con il governo che egli scoprì essere corrotto tanto quanto i precedenti, si dimise dall’incarico nell’aprile 1982 e sarà arrestato assieme agli altri componenti del Raggruppamento degli Ufficiali Comunisti.
Un successivo colpo di Stato porterà al potere Jean-Baptiste Ouédraogo che, oltre a liberare Sankara ed i suoi compagni, lo nominerà Primo Ministro.
Da quel momento Sankara inizierà ad applicare sanzioni contro i funzionari pubblici fannulloni, eliminando alcuni vantaggi dei dipendenti pubblici ed iniziando a viaggiare per i Paesi del Terzo Mondo intessendo sempre più fitte relazioni, in particolare con la Libia di Mu’Ammar Gheddafi.
Tornato in patria, Sankara trovò la sua abitazione circondata da carri armati condotti da uomini al soldo del governo francese, il quale temeva l’impulso rivoluzionario del governo da lui presieduto. Egli fu così arrestato e detenuto presso un campo militare.
Grazie ad una sollevazione popolare lui ed i suoi compagni saranno liberati il 30 maggio 1983 ed inizieranno a progettare il colpo di Stato dell’agosto successivo, che lo porterà finalmente alla Presidenza della Repubblica con un programma ambiziosissimo, che riuscirà purtroppo ad attuare solo in parte a causa del suo assassinio, nell’ottobre 1987.
Un programma che consistette in: una massiccia opera di vaccinazione che permise la riduzione di mortalità infantile in Burkina Faso; in una massiccia opera di rimboschimento al fine di far rivivere l’arido Sahel; nella riforma agraria che permise di ridistribuire le terre ai contadini; nella politica di soppressione delle imposte agricole; nelle importantissime politiche di liberazione femminile che proibirono la pratica barbarica dell’infibulazione, nell’abolizione della poligamia, nella partecipazione delle donne alla vita politica del Paese attraverso l’istituzione dell’Unione delle Donne del Burkina, nell’istituzione della giornata dei mariti al mercato; in un programma di riduzione delle spese e del processo di autarchia ribattezzato da Sankara “produciamo quello che consumiamo”, al fine di abolire progressivamente la dipendenza dalle importazioni con l’estero; la costruzione di apposite dighe, pozzi e bacini idrici che garantissero a tutti l’accesso all’acqua e la garanzia di due pasti al giorno per tutti i burkinabé; la costruzione di un campo sportivo per ogni villaggio al fine di garantire a tutti il diritto all’attività fisica e ricreativa; la lotta alla corruzione pubblica e la richiesta di Sankara ai Potenti della Terra di cancellare il debito ai Paesi del Terzo Mondo, in quanto frutto del colonialismo e del neocolonialismo e dunque all’origine del sottosviluppo di tali Paesi; la proposta di disarmo progressivo di tutti i Paesi africani in modo che questi non combattano più fra loro, ma lottino per l’unità e l’emancipazione dei popoli africani; lo sforzo di far partecipare tutti alla vita pubblica del Paese, attraverso appositi comitati rivoluzionari e una radio attraverso la quale chiunque potesse fare proposte o criticare l’operato del governo.
Programma ambizioso e in parte realizzato sino a quell’ottobre 1987 nel quale sarà ucciso – con un colpo di revolver – dal suo amico di lotte, il quale prenderà così il potere e annullerà molte delle riforme portate avanti da Sankara, facendo peraltro tornare il Burkina Faso preda della corruzione e dei potentati economici e politici stranieri.
Un sogno, quello della Rivoluzione burkinabé, dunque tragicamente interrotto. Un sogno che fu sostenuto peraltro anche dal Partito Radicale di Marco Pannella che lanciò in quegli anni una campagna contro lo sterminio per fame nei Paesi del Terzo Mondo e che porterà lo stesso Presidente Thomas Sakara ad iscriversi al loro partito.
L’esempio e la vita di Sankara ci spiegano, per moltissimi versi, le vere cause del fenomeno migratorio di oggi, che è frutto del capitalismo, del colonialismo e del neocolonialismo dei governi dei Paesi ricchi europei e statunitensi. I quali continiuano a invadere e destabilizzare Paesi sovrani, a sanzionarli, a vendere loro armi. E obbligano i Paesi poveri ad indebitarsi, attraverso le criminali politiche della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, già ampiamente denunciate da Sankara stesso.
Sankara sembra essere sconosciuto, dai nostri popoli, ma rimane un simbolo per i popoli liberi.
Le sue lotte, che sono ancora oggi le lotte dei panafricani, meritano rispetto e concreta attuazione. Affinché il suo sacrificio eroico non sia stato vano.
Luca Bagatin