Autoritarismo sì o no

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di Ugo Scuro

La polemica sul preteso autoritarismo della maggioranza e del Presidente del Consiglio in particolare è strumentale alle esigenze di ripresa dell’opposizione, bastonata all’interno e all’esterno della coalizione da una politica dissennata, farraginosa, incomprensibile agli stessi elettori del centrosinistra, incongrua con gli interessi della comunità nazionale e le prospettive di sviluppo globale. Di qui la frattura nell’ambito della coalizione elettorale e l’autopromozione dell’alleato infedele, tutto considerato strumentale alla prevedibile reazione fortemente critica della maggioranza, ma soprattutto dell’elettorato moderato, borghese: parola desueta, per anni criminalizzata dalla incultura distruttiva degli utili idioti e dei nuovi ricchi, eletti a ceto, prodotto della politica più deteriore, clientelare e affaristica del mondo occidentale. Apparentemente sottratta al controllo di sistema, avulsa da etica e morale, per decenni, nel silenzio colpevole delle autorità di controllo, la politica ha generato inefficienze e disuguaglianze. La comunità nazionale ne paga il prezzo, impoverendosi e involgarendosi, ridotta allo stremo, impegnata nella lotta per la sopravvivenza, sottratta al lecito perseguimento dell’evoluzione sociale e culturale.

Non è compito della politica influenzare gli assetti culturali della società. E’ tuttavia diritto dei cittadini pretendere di partecipare ed è dovere della politica sorvegliare che i comportamenti di rilievo pubblico si svolgano nell’ambito delle regole, garantendo, in particolare, la trasparenza delle scelte economiche dell’amministrazione centrale e degli enti territoriali. Sono sconosciuti, più che incomprensibili, gli investimenti di denaro pubblico nelle grandi imprese in crisi, sono discutibili per tante perdite ripetitive le partecipazioni di capitale pubblico nelle iniziative di impresa a capitale di controllo privato, sono ineffabili le amministrazioni che non consentono una effettiva competizione di professionisti e imprenditori. Si tratta di comportamenti che pregiudicano gravemente l’uguaglianza tra i cittadini e le attese di democrazia liberale della comunità nazionale, oltre alle finanze dello Stato. C’è tuttavia nella vita nazionale un macigno da rimuovere: si tratta delle nomine dei parlamentari ad opera delle segreterie dei partiti di appartenenza, di cui è doveroso presumere il difetto di legittimità costituzionale, non soltanto per contrarietà ai principi fondamentali, scritti e non scritti, dell’ordinamento democratico e liberale. La previsione specifica degli articoli di riferimento della Costituzione è infatti esplicita in ordine alla elezione dei parlamentari nel contesto del suffragio universale e diretto. La nomina da parte delle segreterie non è elettiva per definizione e contamina la composizione del Parlamento pregiudicandone la legittimità. Se si tratti di questione tale da generare effetti a cascata sulla validità degli atti parlamentari è precipuo onere di giudizio della Corte Costituzionale alla quale il quesito dovrebbe essere sottoposto nei modi di legge. Non mi risulta che finora ciò sia avvenuto.
La maggioranza non è autoritaria, ma non è nemmeno autorevole, né potrà esserlo finché ai cittadini non venga effettivamente consentito di partecipare concorrendo al destino della comunità di appartenenza.

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