L’appello di due economisti francesi alla Bce: “Cancellazione parziale del debito”

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Altro che coronabond, altro che MES light, altro che proliferazione di nuove Grecie acquistate a prezzo di saldo dal panzer tedesco e dal suo infido scudiero l’Olanda. Un’altra soluzione ci sarebbe, e la spiegano Baptiste Bridonneau e Laurence Scialom – entrambi economisti e docenti all’Università di Parigi-Nanterre – in un editoriale apparso sul quotidiano Le Monde. Se in effetti di fronte alla pandemia di Covid-19, come ha ribadito lo stesso Macron ed hanno ribadito diversi leader europei, “siamo come in guerra”, in maniera del tutto logica, all’indomani di questa guerra – spiegano i due economisti, “ci ritroveremo con un debito di guerra, tanto più pesante quanto più lunga è stata la lotta e tanto più dolorosa quanto più alto è già il debito pubblico.”

All’indomani della seconda guerra mondiale, Germania, Francia e il Regno Unito si ritrovarono infatti con un debito pubblico compreso tra il 200 e il 300 per cento del loro prodotto interno lordo (Pil), in un momento in cui la ricostruzione era disperatamente necessaria. Come superare questo ostacolo insormontabile? I due economisti lo spiegano chiaramente: “I debiti di guerra sono stati gradualmente assorbiti da un mix di cancellazioni definitive, crescita, inflazione (che ha permesso il deprezzamento del loro valore reale) e prelievi straordinari sulla proprietà privata, in particolare in Germania e in Giappone”.

Sicuramente, argomentano Baptiste Bridonneau e Laurence Scialom, l’inflazione e la crescita non possono essere soluzioni a breve termine anche perché l’area dell’euro ha la sua particolarità di essere una moneta comune senza debito pubblico federale e questo spinge ancora di più i mercati finanziari a penalizzare i Paesi già più indebitati (l’Italia in primis dunque). L’idea dunque degli Eurobond, prestiti emessi e rimborsati congiuntamente, per evitare speculazioni sul debito degli stati in difficoltà, emerge ancora oggi come una soluzione praticabile.

In realtà la Francia e l’Italia avevano già difeso un’idea simile nel biennio 2010-2012, durante cioé la famosa crisi del debito sovrano, ma la Germania e i Paesi Bassi si opposero fermamente. Oggi riemerge la stessa divisione politica, di nuovo l’opposizione della Germania con il suo Sancho Panza l’Olanda (che senza la Germania ed anche di fronte all’Italia pesa quanto un moscerino dell’uva). Che non sia banalmente una mancanza di solidarietà del Nord verso il Sud ma di un vero e proprio stratagemma politico per tenere economicamente sotto scacco Italia, Spagna ed oggi persino Francia?

Così come accadde nel biennio 2010-2012 ai Paesi in difficoltà viene ripresentato al tavolo europeo il ricorso al Meccanismo europeo di stabilità (MES). Il Mes, creato nel 2012 per aiutare i Paesi che i mercati non volevano più finanziare, viene presentato oggi come soluzione alternativa dunque agli Eurobond. Il MES, spiegano i due economisti, può “raccogliere fondi sui mercati a tassi inferiori a quelli a cui i Paesi più in difficoltà si stanno indebitando e può poi riallocare questi fondi sotto forma di prestiti a bassissimo tasso d’interesse ai Paesi che ne hanno bisogno”. Tuttavia, questa forma di mutualizzazione è condizionata (e le condizioni possono essere gravose nel tempo) e l’Italia (giustamente) teme che tutto ciò possa trasformarsi nella stessa “amministrazione fiduciaria” che la Grecia ha vissuto durante la crisi dell’Eurozona. L’accordo raggiunto il 9 aprile tra i ministri delle finanze dell’Ue limita oggi l’utilizzo del MES solo al 2 per cento del Pil e alla sola spesa sanitaria legata al Covid-19. Ma i problemi di fondo restano, eccome.

In effetti, argomentano Baptiste Bridonneau e Laurence Scialom, qualunque sia il tipo di debito emesso dagli Stati – debito congiunto sotto forma di Eurobond o debito messo in comune con la condizionalità attraverso il MES – “tutti questi impegni si sommano ad un muro di debito che, alla fine della crisi, solleverà lo spettro del rimborso e paralizzerà l’azione pubblica”. Insomma, anche la cura di cavallo del Mes light rischia di far stramazzare al suolo l’Italia ed a sfregarsi le mani saranno i nostri “alleati” del Nord: possibilità di acquistare il debito di un Paese sull’orlo del collasso che si traduce con l’ennesima amministrazione fiduciaria e la Germania che vince economicamente e metaforicamente la guerra che aveva perso nel 1945.

Che fare dunque? Se salvare centinaia di migliaia di persone da Covid-19 a breve termine è essenziale, lo è pure investire per salvare la nostra pelle e preservare le condizioni di vita dei cittadini nel futuro per evitare di assistere alla terribile scena del pensionato greco che all’indomani del commissariamento da parte della Troika decise di darsi la morte perché stanco di rovistare nella spazzatura. Per l’Italia uno scenario del genere non è auspicabile e deve essere respinto con tutte le forze. Per i due economisti però la soluzione c’è ed è semplice: la parziale cancellazione del debito pubblico da parte della Banca Centrale Europea.

Soluzione certo difficile ma politicamente praticabile, in quanto la Bce è l’istituzione in cui la possibilità di un veto governativo è la più bassa. Mentre gli Eurobond ad esempio richiedono l’unanimità, la Banca centrale europea, se volesse, potrebbe prendere una decisione simile senza necessariamente il consenso generale (ed è quello che fece del resto Mario Draghi nel 2012 con il suo famoso “whatever it takes” superando l’opposizione dell’allora presidente della Bundesbank). Il problema però è un altro, la volontà politica. La Germania, Paese sul quale è stato cucito l’euro, si opporebbe con tutte le sue forze e dietro di lei si accoderebbero Olanda, Austria etc. Ma questa volta a livello europeo non c’è neppure un Mario Draghi a poter tirarci fuori da questo vicolo cieco. Alla Bce infatti siede un personaggio semitrasparente e dannoso come la Lagarde, che dopo i disastri al FMI sta oggi disastrando anche ciò che resta della Bce. Insomma, il destino dell’Italia è nelle sue mani non in quelle dell’Ue che oggi come oggi ha invece tutto l’interesse a farla fallire. Quando sventolerà la bandiera europea (tedesca) sul Colosseo il sacco di Roma sarà definitivamente compiuto.

Di Marco Cesario in ATLANTICO QUOTIDIANO QUI

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