Muore Eduard Limonov. Anima dissidente d’Eurasia

“L’Europa sta mentendo quando afferma di difendere il bene, la democrazia, i diritti degli uomini. L’Europa, infatti, sta uccidendo i paesi dissenzienti, i diversi paesi, l’uomo diverso. L’Europa persegue il bene con tutti i mezzi del male. L’Europa è in profonda crisi, in crisi di coscienza. L’Europa è persa”.

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Eduard Veniaminovich Savenko, per tutti Eduard Limonov. Per i suoi compagni di partito era, affettuosamente, “il nonno”.

Era, perché lo scrittore più trasgressivo d’Eurasia e, perché no, del mondo contemporaneo, è deceduto oggi, a Mosca, a seguito di complicazioni dopo un intervento chirurgico.

La notizia è stata data dal vice della Duma, Camera bassa del Parlamento russo, Serghej Shargunov, su Telegram ed è stata confermata dall’agenzia di Stato Ria Novosti.

Eduard Limonov aveva compiuto 77 anni il 22 febbraio scorso e già alcuni anni fa, il 15 marzo 2016, aveva subito un intervento chirurgico al cervello, con l’estrazione di un enorme ematoma, apparso misteriosamente fra i due emisferi del cervello. Limonov, che già allora rischiò la vita, evocò l’ipotesi di essere stato avvelenato, ma non ebbe modo di dimostrarlo con prove concrete.

Di ciò e della sua degenza ospedaliera, parlò diffusamente nel romanzo “Et ses démons”, pubblicato in Francia nel 2018.

Eduard Limonov era un dissidente integrale. Un nazionalista moderato, un socialista “dalla linea dura”, un anticapitalista capace di unire i valori della destra patriottica e della sinistra sociale tipici del Socialismo Russo.

Nella sua vita, rocambolesca, fu di tutto. Fu autodidatta, ex teppista amante della letteratura e della poesia nell’URSS negli Anni ’60. Negli Anni ’70 si farà volutamente espellere per approdare negli USA, ove vivrà di scrittura e di umilissimi lavori (per un periodo vivrà anche da senzatetto), assieme alla moglie dell’epoca, Elena Schapova.

Negli USA, Limonov, inizierà a frequentare circoli culturali e alla moda e raggiungerà la prima notorietà nel 1979, attraverso il romanzo “Sono io, Edika”, uscito postumo in Italia nel 1985 con il provocatorio titolo “Il poeta russo preferisce i grandi negri”.

Bisessuale dichiarato, Limonov non smetterà mai di scandalizzare volutamente il pubblico con il suo linguaggio a tratti scurrile, violento, provocatorio, erotico all’estremo, ma anche profondamente sensibile.

La scrittura e la vita di Limonov sono per molti versi state segnate dagli abbandoni sentimentali prima di Elena Schapova e successivamente della cantante Natalia Medveva, che lo sposò negli Anni ’80.

Forse anche queste delusioni lo spingeranno a divenire un “poeta soldato”, come d’Annunzio, partecipando negli anni ’90 alla guerra civile nell’ex Jugoslavia a fianco dei serbi e successivamente tornando in Russia e organizzando un gruppo di poveri, sbandati, emarginati, punk ed ex punk delusi dal crollo dell’Unione Sovietica e vittime dell’avvento dei liberalismo oligarchico.

Quel nucleo di “desperados”, nel 1992, prenderà il nome di Fronte Nazionale Boscevico e, nel 1994, di Partito Nazionalbolscevico (PNB) e sarà ispirato alle teorie eurasiatiste del filosofo Aleksandr Dugin ed a quelle culturali e sociali della Nuova Destra di Alain De Benoist, ovvero un’unione fra un programma economico socialista autentico (superamento del capitalismo, giustizia sociale, lavoro collettivo, proprietà in comune) e una visione nazionale in politica interna in grado di dare priorità allo Stato sull’economia ed una maggiore centralità della Russia in Europa.

Limonov, Dugin, il cantante e chitarrista punk rock Egor Letov e il musicista e attore Sergey Kuryokhin, saranno dunque i maggiori animatori del PNB e del suo giornale controculturale “Limonka” (“Granata”) e riusciranno via via ad aggiudicarsi le simpatie dei nazionalisti e dei comunisti delusi dall’avvento di Eltsin al potere e della conseguente distruzione della Russia in favore degli oligarchi e delle politiche globaliste e imperialiste degli USA e della NATO.

Il Partito Nazionalbolscevico sarà successivamente, con l’avvento di Vladimir Putin al governo, il maggior oppositore di quest’ultimo, al punto da ricevere il plauso sia di Elena Bonner, vedova del dissidente Andrej Sacharov, che della giornalista Anna Politkovskaja, la quale definirà i Nazbol dei “giovani coraggiosi, puliti, gli unici o quasi che permettono di guardare con fiducia all’avvenire morale del Paese”.

Giovani coraggiosi e dissidenti al punto che il PNB sarà l’unico partito in Russia ad essere messo fuorilegge nel 2007 e molti dei suoi componenti saranno arrestati, fra cui lo stesso Limonov nel 2001 accusato di un inesistente traffico d’armi e ciò gli costerà ben due anni di carcere. E’ in questi anni che scriverà altri dei suoi romanzi fra cui il “Libro dell’acqua”, “Diario di un fallito” e in particolare “Il trionfo della metafisica – memorie di uno scrittore in prigione”.

Uno degli ultimi romanzi pubblicati in Italia, “Zona industriale”, edito da Sandro Teti, oltre a parlare della sua avventurosa vita, racconta anche dell’incontro con un ratto bianco femmina che gli ricorda gli ex compagni di cella e che egli decide di chiamare Krys, la quale odora di bucato appena tirato fuori dalla lavatrice in quanto ama mangiare il sapone. Le pagine dedicate a Krys sono forse le più tenere scritte da un autore che, sotto la scorza del “duro” ha un vero animo sensibile, che pur nella sua gioventù ha voluto nascondere.

Limonov ha vissuto sino al 2005 con Krys, morta un anno dopo suo padre e tre anni prima di sua madre, nel piccolo e umido appartamento moscovita dove lo scrittore vive, nella zona industriale Siry.

Limonov non si è infatti mai arricchito ed ha sempre odiato la ricchezza, nonostante abbia frequentato ambienti alla moda e la sua ultima moglie sia stata l’attrice Ekaterina Volkova, dalla quale ha avuto due bellissimi figli.

Eduard Limonov, divenuto famoso in Occidente negli ultimi anni grazie alla biografia romanzata scritta da Emmanuel Carrère, pubblicata in Italia da Alelphi, nella quale purtuttavia egli non si riconosce mimimamente, non ha comunque mai smesso di fare politica, divenendo, assieme ad Aleksandr Dugin (con il quale ha politicamente rotto, ma con il quale mantiene comunque una visione politica simile), punto di riferimento di una galassia politico intellettuale vasta e che sempre più affascina le nuove generazioni.

Una galassia oltre la destra e la sinistra, in grado di abbracciare: suggestioni eurasiatiche; un’alternativa sociale ad una Europa e ad un mondo unipolare oligarchico-liberale; un ritorno al socialismo autentico ed originario, che è populismo nel senso autentico ed originario del termine, ovvero politica di popolo e per il popolo.

Non a caso Limonov si definiva un “dissidente dalla parte dei ribelli e dei deboli” e ricordò come in Russia, mentre lui fu condannato a quattro anni di carcere di cui due scontati interamente (è uscito anticipatamente per buona condotta), il cosiddetto dissidente filo-occidentale Navalny è sempre stato condannato al massimo a quindici giorni di prigione.

Ad ogni modo, nonostante al Partito NazionalBolscevico sia istato dichiarato illegale (anni fa riuscirono a presentarsi in una composita alleanza unita da elementi liberali, socialisti, nazionalisti e comunisti denominata “L’Altra Russia”, ma ottenendo pochi consensi), militanti nazionalbolscevichi rimangono comunque attivi in ogni parte dell’ex URSS, come ad esempio in Ucraina a sostegno dei ribelli del Donbass contro i nazionalisti Ucraini.

Negli ultimi anni, Limonov, è stato fermato diverse volte per manifestazioni non autorizzate contro il Cremlino, guidando il partito nazionalbolscevico “Altra Russia”, rifondato nel 2010, composto ancora una volta prevalentemente da giovani e giovanissimi. Partito che, sino a domenica scorsa, ha animato in Russia le maggiori manifestazioni ambientaliste contro le discariche del business, nonché quelle per il diritto di riunione, di libertà di parola e contro la riforma della Costituzione che sta regalando a Putin il potere in eterno.

Limonov, quando la salute glielo permetteva, era sempre in piazza ad arringare la folla. E tornò in Italia di recente, nel dicembre scorso, per presentare il romanzo erotico “Il Boia”, scritto e pubblicato per la prima volta in Francia, negli Anni ’80.

Eduard Limonov è e rimarrà sempre una figura dissidente ed al contempo eroica, nella Russia e nell’Europa odierna. Proprio quest’anno, peraltro, era annunciata l’uscita del film “Limonov”, del regista polacco Pawel Pawlikowski, incentrato sempre sulla sua rocambolesca vita.

Ho avuto modo di intervistarlo l’agosto scorso. Ricordo che andava molto fiero di essere definito “un piantagrane” e che non gli interessava affatto di tutte le “sciocchezze” che dicevano su di lui.

A noi europei ha lasciato un grande monito, quando in una intervista, mai abbastanza ricordata dichiarò: “L’Europa sta mentendo quando afferma di difendere il bene, la democrazia, i diritti degli uomini. L’Europa, infatti, sta uccidendo i paesi dissenzienti, i diversi paesi, l’uomo diverso. L’Europa persegue il bene con tutti i mezzi del male. L’Europa è in profonda crisi, in crisi di coscienza. L’Europa è persa”.

Eduard Limonov, a chi scrive almeno, mancherà immensamente.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it

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