“I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”

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di Elisa Palmieri

Si ritorna al problema della scuola che, per il ritardo di una riforma risolutiva, non ha potuto integrare in modo sufficiente le categorie dirigenti con nuove energie provenienti da quei ceti che costituiscono la maggioranza della nazione.
Le attuali agitazioni sono il rifiuto ad una scuola “integratrice” in una società ormai arcaica e che può diventare alienante quando tenta di bloccare i processi di sviluppo e di trasformazione qualitativa. Si pensava, ad oggi, che il problema della riforma scolastica fosse quello di adattarla alla società. Una antiquata, l’altra più moderna. Le contestazioni hanno fatto in modo da far rendere consapevoli che il compito della scuola è il rinnovamento della società e la promozione di nuove forme più consone alla convivenza e alla cooperazione per il bene comune. Quindi non consolidare la società così com’è, ma cambiarla dal profondo.
La scuola è una palestra di vita, dedita alla formazione dei giovani, nella costruzione della dimensione europea dell’educazione ai valori etici e civili e il suo compito è formare uomini liberi, innovatori e non conformisti.
Quella italiana è pubblica e sostanzialmente gratuita e affinché adempia ai suoi doveri lo Stato deve far in modo di garantire a tutti quelli sprovvisti di mezzi economici la sicurezza di seguire per intero il percorso formativo per lo sviluppo delle capacità. L’esenzione dalle tasse, ad esempio, le borse di studio possono essere considerati palliativi se non si accompagna la creazione di convitti e, in alcuni casi, l’assegnazione di stipendi e un futuro collegamento diretto con le famiglie per consigliarle sull’orientamento venturo.
Il passaggio all’autonomia economica, successivo a quello all’autonomia didattica, dovrebbe, a lungo andare, attribuire la responsabilità di gestione ai dirigenti locali, che potrebbero quindi divenire passibili di valutazione in termini di efficienza ed efficacia nell’uso delle risorse.

Non è detto che una diminuzione delle risorse, il maestro unico ad esempio, migliori la qualità scolastica: il rapporto tra numero di studenti e insegnanti, il numero di studenti per scuola, per classe nelle scuole pubbliche e private, la percentuale di queste ultime e la percentuale di docenti precari possono incidere sulla qualità del processo formativo, inoltre non è detto che una migliore qualità del servizio scolastico trovi riconoscimento nel mercato del lavoro.
L’ordinamento scolastico italiano è sempre stato strutturato attorno ad un principio generale fortemente centralistico, articolato su due livelli:
– sul piano legislativo (sottoposto a valutazione e votazione in parlamento) vengono fissate le finalità e le modalità organizzative della didattica, che includono orari, denominazione delle materie, requisiti per l’insegnamento di ogni specifica materia, modalità di reclutamento degli insegnanti, sistemi di valutazione, valore legale del titolo di studio, curricula scolastici e persino norme relative ai libri di testo per la scuola dell’obbligo.
– sul piano delle circolari di attuazione di fonte ministeriale (e quindi sottoposto al controllo del Ministro, in ciò delegato comunque dalle leggi vigenti) si fissano i contenuti della didattica e ogni altro problema relativo alla gestione concreta del funzionamento delle istituzioni.
Una delle attenuanti di questo schema è la capacità di fornire una qualità di istruzione il più possibile omogenea su tutto il territorio nazionale. Nonostante l’impegno il sistema non sempre viene rispettato. Attualmente questa riforma è incompleta, e non si è ritenuto opportuno andare oltre. Da tempo, infatti, si discute di una nuova riforma degli assetti scolastici, che renda la nostra scuola più competitiva in ambito internazionale.

La stessa università è sottoposta ad un esercizio di riforma dei curricula di portata notevole. Nella situazione italiana, caratterizzata da un cronico ritardo nei meccanismi di assunzione della scuola per l’uscita di bandi concorsuali, possono crearsi delle sacche di competenza proprio all’interno dei precari che non costituirebbero un elemento di abbassamento della qualità, ma l’elevato avvicendamento di questi ultimi è di sicuro associato ad una variabilità della qualità dell’insegnamento impartito.
Il Sistema Universitario e della Ricerca scientifica e tecnologica ha interessato da qualche anno l’OCSE, che ha promosso un progetto internazionale finalizzato a come migliorare le politiche educative al fine di incentivare la professione di docente (spinta dall’allarme sollevato dall’invecchiamento della categoria docente e rivolta alla crescita della qualità dell’apprendimento), con l’obiettivo di ricercare strategie per attrarre, reclutare, trattenere e far crescere insegnanti capaci. Si vuol concedere più potere ai docenti e più autonomia alle scuole. C’è chi sostiene che sia il caso di passare a sistemi di retribuzione uniforme per ottenere maggiore qualità dell’educazione, basati sui cosiddetti “merit pay” (retribuzione basata sul merito). Negli Stati Uniti è stato un fallimento, perché non era possibile una valutazione dei meriti non visibili. Sono altre le condizioni che influenzano la scelta di lasciare la professione: le dimensioni della classe, la sede d’insegnamento diversa dalla zona in cui il docente ha conseguito il titolo professionale e la struttura sociale della componente studentesca, mentre il numero di classi tenute non è un fattore decisivo. L’esperienza, uno dei dati osservabili dei docenti, non è l’elemento determinante per migliorare la qualità dell’insegnamento, che dipende dalla qualità dei docenti e dall’ambiente d’insegnamento. Quest’ultimo dipende a sua volta dalla tecnica d’insegnamento e dall’ambiente scolastico.

D’altro canto il sistema universitario e la ricerca scientifica vivono in una condizione politica e sociale fortemente arretrata, legata ancora alla rigidità del posto fisso e al criterio di anzianità. Recentemente sono stati introdotti elementi di flessibilità nelle regole della società e del mercato del lavoro solo per i nuovi entrati, cioè, i giovani, lasciando gli over 40 nel loro recinto di privilegi acquisiti. Mentre nel mondo anglosassone (Gran Bretagna compresa) il criterio della flessibilità del lavoro e della meritocrazia valgono per tutti. I motivi che spingono centinaia di giovani laureati e ricercatori europei a trasferirsi negli Stati Uniti sono da ricercare in un sistema basato sulla fine del principio di anzianità, la valorizzazione del merito individuale e una accentuata mobilità. La strategia sperimentata all’estero, per sopperire a situazioni di carenza di insegnanti in determinate aree disciplinari, è modificare il percorso formativo iniziale degli insegnanti, costruendo percorsi specifici che attraggono temporaneamente professionisti di altri settori verso la professione di docente. I laureati in discipline, in cui le retribuzioni maggiori possono essere ottenute intraprendendo carriere diverse dall’insegnamento, sono i più dubbiosi a dedicarsi a quest’ultima occupazione. Fanno infatti parte di quella schiera che abbandonano più facilmente l’insegnamento e che rientrano più difficilmente dopo un periodo di sospensione dell’attività. Oppure diversificare le retribuzioni per i docenti: più alti per i settori in cui c’è carenza di insegnanti o, infine, incentivare economicamente i docenti a migliorare le proprie abilità didattiche. Un aspetto che distingue negativamente il nostro Paese rispetto al panorama internazionale è l’appiattimento delle retribuzioni, senza prendere in considerazione la qualità della formazione, della preparazione pedagogica, intesa come i metodi di istruzione, teorie dell’apprendimento, principi di scienze dell’educazione, gestione della classe.
L’oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera aggiuntiva le membra del corpo sociale, non distruggerle.
Il talento e la meritocrazia sono elementi che vanno coltivati e che costituiscono un valore non solo per le persone detentrici, ma soprattutto per le Nazioni che accolgono questi individui. Il territorio, inteso come contenuto di un programma di formazione, è l’oggetto di incontro tra quei nuovi soggetti che, nella situazione di oggi, diventano sociologicamente e politicamente sempre più rilevanti: i giovani, le donne, i lavoratori precari, i sottoccupati, gli immigrati.

* I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. …”( Art. 34 Costituzione Italiana)

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