L’utopia realista del reddito di base

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INTERSEZIONI - REDDITO DI BASE, NAZIONALISMO E GLOBALIZZAZIONE Nella foto: Philippe VAN PARIJS, Dino PESOLE Festival dell’Economia Palazzo Geremia Trento, 1 giugno 2019 FOTO: Marco SIMONINI

Abbiamo bisogno di un’utopia alternativa, ma realista, che risponda con proposte alternative ma sostenibili alla paura, all’angoscia e al bisogno di sicurezza socio-economica di oggi. Per Philippe Van Parijs, professore all’Università di Lovanio, fondatore della Basic Income Earth Network (BIEN), il reddito di base è la risposta al populismo nazionalista e nativista. Per reddito di base, il filosofo belga intende un reddito versato da una comunità politica a tutti i suoi membri su base individuale, senza controllo delle risorse né esigenza di contropartite con l’obiettivo di ottenere una società più giusta.

“Il reddito di cittadinanza è un’altra cosa rispetto al reddito di base”, ha esordito Van Parijs su sollecitazione di Dino Pesole, giornalista del Sole 24 Ore. “Il reddito di cittadinanza è una forma di assistenza sociale, ma si rischia la trappola della povertà, perché crea un disincentivo a lavorare; inoltre le procedure complesse per ottenere il sussidio escludono numerose persone, mentre la burocrazia assorbe una parte importantissima della spesa totale”. Sono entrambe forme di reddito minimo garantito, ma il reddito universale è strettamente individuale, indipendente dalla situazione famigliare, pagato ai ricchi come ai poveri, senza obbligo di essere disponibili sul mercato del lavoro.

Il pensatore belga, convinto che per sostenere la misura sia necessario riformare il prelievo fiscale nazionale, si è poi soffermato sul legame del reddito universale con il populismo. “Il trionfo del populismo è un disastro, sia dal punto di vista economico sia per i diritti umani, ma la sola minaccia è salutare per la democrazia perché altrimenti le élite tendono a dimenticare gli interessi delle persone diverse da loro. Allo stesso modo il nazionalismo può avere riflessi positivi in chiave patriottica, utili al funzionamento di qualsiasi entità democratica”. Di fatto certe forme di populismo sono favorevoli alla diffusione del reddito di base: lo Scottish National Party e il Partito indipendentista catalano sono molto interessati alla formula.

“L’automatizzazione, assieme alla globalizzazione, porta a una polarizzazione del potere di acquisto, con una parte sempre più grande della popolazione che si sente in una situazione di precarietà. Ecco perché sviluppare una rete di sicurezza può servire”, ha sottolineato.

Guardando alle cifre, il reddito di base per Van Parijs va inserito a un livello economico sostenibile, più dei 200 euro del reddito di inclusione ma meno dei 780 euro del reddito di cittadinanza.

A sostegno della sua utopia, il filosofo belga evidenzia che il reddito universale non è solo uno strumento di lotta contro la povertà, ma è rilevante come sostegno alla coesione sociale e come appoggio al life long learning. “Permette una circolazione più fluida tra lavoro, formazione e volontariato. Non è un effetto automatico: serve infatti una rivoluzione creativa e critica del sistema educativo”. Perché no, anche a livello europeo: “si potrebbe creare un Euro-dividendo pagato a ogni cittadino dell’Unione”, conclude.

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(lg)

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