Al momento sembra essere in vantaggio, con il 23,8% dei consensi, il candidato delle élite borghesi e finanziare, ovvero l’ex banchiere Emmanuel Macron, quello che sin dall’inizio indicammo come il vero rappresentante della destra (e della sinistra) finanziaria ed oligarchica da sconfiggere (http://amoreeliberta.
Sostenitore della prima ora e Ministro dell’Economia del peggior governo di Francia, ovvero quello capitanato da Hollande e da Valls, ovvero da coloro i quali hanno trasformato il Partito Socialista in partito liberal-capitalista (tanto da ridurre il partito ad un misero 6,3% dei consensi presi da Hamon), Macron presenta un programma confuso quanto in linea con le prospettive di un’Europa austera e senz’anima, a vantaggio solo delle imprese e delle classi ricche. Superficiale quando si tratta di parlare di lotta al terrorismo, Macron ritiene che il problema sia semplicemente frutto delle discriminazioni e dell’assenza di mobilità sociale in Francia.
Diametralmente opposto il programma di Marine Le Pen che, a dispetto di quanto scrivono e dicono i media mainstream, non è affatto di destra e men che meno di estrema destra.
Come già scrivemmo recentemente, la Le Pen – che ha mutato radicalmente il volto del Front National – sembra incarnare valori gollisti in politica estera, (indipendenza della Francia dall’Europa e della NATO) e socialisti in ambito economico-sociale, attraverso l’abolizione della precarizzante Loi Travail; l’abbassamento dell’età pensionabile; l’abbassamento delle imposte sul reddito per primi tre scaglioni e delle piccole e medie imprese. Inoltre Marine Le Pen pone l’accento sulla laicità dello Stato ed è l’unica a rilevare e a voler contrastare il fenomeno dell’immigrazione di massa, che è fenomeno di sradicamento forzato dei popoli – imposto dalla globalizzazione liberal-capitalista – che danneggia tutti. In particolare le classi povere e gli immigrati stessi, che si stanno ritrovando e sempre più si ritroveranno senza prospettive ed in balìa della criminalità organizzata.
Marine Le Pen, nel suo discorso post-elettorale, ha criticato pesantemente la globalizzazione selvaggia e la deregulation economica, che porta a non avere frontiere nè protezioni (anche sociali, visto il progressivo smantellamento dello Stato Sociale in tutta Europa con l’avvento della globalizzazione e delle politiche imposte dall’UE e dal Fondo Monetario Internazionale).
La Le Pen, dunque, appare l’unica alternativa all'”erede” del catastrofico Hollande nonché rappresentante della finanza e ciò potrebbe veder confluire su di lei i voti dell’unico candidato autenticamente socialista in lizza alle Presidenziali, ovvero Jean-Luc Mélenchon, che ha comunque conquistato un ottimo 19,6%. Mélenchon, non a caso, a differenza degli altri candidati “del sistema” (Fillon ed Hamon), si è guardato bene dallo schierarsi con uno dei due candidati al ballottaggio, che si terrà domenica 7 maggio, ma ha lasciato libertà di coscienza al suo elettorato.
Come dicevamo, invece, i candidati “mainstraem” della destra – ovvero François Fillon – e della sinistra – ovvero Benoit Hamon -, hanno deciso di schierarsi apertamente con Macron al ballottaggio.
I media danno già Macron come vincente, ma, ad ogni modo, si tenga conto che i candidati “anti-sistema” e di matrice popolare e populista nel senso più positivo del termine, ovvero Le Pen, Mélenchon, Dupont-Aignan, Lassalle, Poutou, Asselineau ed Arthaud, hanno raccolto tutti assieme quasi il 50% dei voti, oltre al fatto che ben il 21,3% degli elettori si è astenuto.
I giochi, dunque, sono ancora tutti aperti, oltre al fatto che il neo-partito di Macron “En Marche”, non avendo alcuna struttura politica alle spalle nè un programma organico, potrebbe raccogliere pochi consensi alle elezioni parlamentari del giugno prossimo, a differenza del Front National della Le Pen e della “France Insoumise” di Mélenchon, che hanno già iniziato a raccogliere da tempo le simpatie ed i consensi dei ceti popolari e meno abbienti, oltre che di buona parte dell’elettorato ex comunista, socialista e gollista, stanco di subire i diktat di Bruxelles e di Washington.
E’ l’ora, dunque, della Francia ribelle, popolare e sovrana!
Di Luca Bagatin