Marco Pannella, l’abruzzese ammaliatore, il bastian contrario, il goliarda, l’attento agli ultimi, lo statista da marciapiedie, il patriarca di un partito che fu anche la sua famiglia. Con queste ed altre parole lo descrive Giovanni Negri, il compagno di battaglie radicali a cavallo fra la fine degli Anni ’70 ed i primi Anni ’90, che oggi, con “L’illuminato – vita e morte di Marco Pannella e dei radicali” edito da Feltrinelli, ne è anche biografo.
Biografo atipico, Giovanni Negri, che utilizza un linguaggio a tratti da letterato e traccia di Pannella quegli aspetti meno conosciuti al grande pubblico, quelli più privati, persino più teneri e toccanti.
Giovanni Negri, proprio nell’introduzione al suo saggio, ovvero alla biografia postuma del leader radicale, ricorda che “Marco era nato due volte”. La prima il 2 maggio 1930, la seconda molti anni dopo, quando lo stesso Negri scorse sulle vene dei polsi di Pannella delle cicatrici. E fu così che Pannella gli raccontò che: “Un giorno mi dissi che alla vita non potevo più dare nulla, che non ero più necessario”. Fu allora che rinacque, evitando il suo suicidio e da allora si ripeterà sempre:“Amo troppo la vita per avere paura della morte”.
E sarà così che Pannella, riprendendo in mano il Partito Radicale dei Liberali e dei Democratici di Mario Pannunzio ed Ernesto Rossi, ridarà vita ad un partito nuovo, che sarà un vero e proprio inno alla vita, alla felicità, a rischio talvolta della morte – certo – a causa dei prolungati digiuni atti a rappresentare quella nonviolenza di matrice gandhiana incarnata dai nuovi radicali.
Nuovi radicali apprezzati dallo scrittore Elio Vittorini – che ne diverrà Presidente – amati da Pier Paolo Pasolini, decantati da Leonardo Sciascia, che nelle loro file sarà eletto deputato al Parlamento.
Ma andiamo con ordine e torniamo al saggio di Giovanni Negri che, come egli stesso scrive, non si sente un biografo in sé, ma si sente di raccontare ciò che ha vissuto in prima persona, da giovanissimo militante e dirigente radicale, poi allontanatosi da quel partito per diverse ragioni.
Negri ci racconta del Pannella giovane giornalista de “Il Giorno”, corrispondente dall’Algeria, il quale aveva di già abbracciato la causa algerina. Un giornalista militante, certo, che abbandonerà presto il giornalismo per la politica incontrata già sui banchi di scuola nell’Unione Goliardica Italiana e nella gioventù liberale e, successivamente, nel primo Partito Radicale del 1955, fondato appunto da Pannunzio e Rossi. Partito anticlericale e che per primo denunciò i potentati economici ed il malaffare politico dilagante.
Pannella il laico e anticlericale, dunque, ma anticlericale credente “in altro che nel potere”, ovvero dai saldi principi spirituali che lo porterà, negli anni, a diventare amico personale del Dalai Lama, di Papa Wojtila e di Papa Francesco, pur su posizioni di forte critica dell’apparato clericale.
Il giovane Pannella amico di Benedetto Croce ed Ugo La Malfa che sembra una “bestia rara” fra gli ex del Partito d’Azione, liberali, repubblicani del Partito Radicale pannunziano e che parla un linguaggio strano, diverso. Lancia infatti temi quali il divorzio, l’aborto, l’abolizione del Concordato con la Chesa cattolica, il disarmo, il controllo delle nascite. Temi destinati a diventare il fulcro del dibattito politico degli anni a venire.
Pannella, ci racconta Negri, diventò pannelliano, per così dire, già da ragazzo. Allorquando visse in Alta Savoia ed allora era ospite di una famiglia ove vive Emile, che non vuole fare il militare in quanto dice che è una stupidaggine, ed assiste anche alle continue litigate dei suoi genitori. In un colpo solo – il giovane Pannella – scopre dunque l’obiezione di coscienza ed il divorzio e scopre che questi aspetti fanno parte della realtà quotidiana, tanto quanto i sentimenti e sarà allora che diventerà quel “protestante in terra di Controriforma” che sarebbe sempre stato.
E’ così che, mentre il primo Partito Radicale muore per mancanza di voti, Pannella rilancia un partito nuovo, che diventerà poi il partito dei diritti civili, delle libertà sessuali, dei giovani, delle donne, degli omosessuali, dei verdi, dei libertari, degli yippie, delle prostitute, delle pornodive, degli emarginati. Ma anche il “partito delle nonne”, come amava ricordare lo stesso Pannella. Nonne che gli davano il voto perché, meglio di altri, capivano il suo linguaggio e comprendevano la necessità di un’Italia diversa, meno ipocrita, più libera, più civile ed umana.
E’ così che il Partito Radicale di Pannella presenta per la prima volta le sue liste alle elezioni del 20 giugno 1976, anni dopo la vittoria della battaglia sul divorzio, che i radicali avevano promosso e contribuito a far vincere assieme ai socialisti, ai repubblicani ed ai liberali.
In quell’occasione ecco eletti quattro deputati radicali: Pannella, Adele Faccio, Mauro Mellini ed Emma Bonino destinati a scolvolgere il Parlamento negli anni a venire ed ecco avanzare le battaglie sull’obiezione di coscienza al servizio militare, il voto ai diciottenni, le marce antimilitariste, le prime denunce sulle deviazioni dell’Eni, le denunce contro l’Omni e gli orfanotrofi lager…
L’Italia scopre dunque un leader ed un partito diverso: un partito non di massa, non di classe, nonviolento, libertario, che spaventa il monolitismo conservatore sia della Democrazia Cristiana che del bacchettone Partito Comunista Italiano, che vede via via perdere consensi in particolare fra i giovani e le donne.
Quello di Pannella è anche il partito che denuncia gli aborti clandestini “di massa e di classe”, il partito delle autodenunce attraverso la trasformazione delle sedi radicali in centri di aiuto per le donne che vogliono abortire e, finalmente, della legge che porterà a legalizzare l’aborto nel 1978, grazie sempre al contributo del socialista Loris Fortuna – già autore della legge sul divorzio – e dei partiti laici.
Pannella è, come ricorda, Negri, anche il leader che dialoga con tutti e fa infuriare in comunisti anche perché dialoga amabilmente con il movimento presidenzialista e repubblicano Nuova Repubblica, fondato dal partigiano mazziniano Randolfo Pacciardi.
Ma Marco Pannella è anche il leader che guarda lontano e guarda a quei popoli martoriati dal colonialismo e dal neocolonialismo, ovvero al Terzo Mondo. E qui Giovanni Negri ricorda la battaglia degli Anni’80 condotta dal Partito Radicale contro lo sterminio per fame nel Terzo Mondo ed a tal proposito, come feci personalmente anche sul sito della rivista socialista rivoluzionaria francese “Rébellion” (http://rebellion-sre.fr/15-octobre-1987-15-octobre-2016-29e-anniversaire-de-disparition-de-thomas-sankara), ricordai la battaglia comune di Pannella e del Presidente del Burkina Faso Thomas Sankara (poi iscrittosi al Partito Radicale) il quale sarà il primo a criticare aspramente le politiche del Fondo Monetario Internazionale. Ricordo ancora le foto dell’incontro degli stessi Pannella e Negri con il Presidente Sankara, che ho anche riportato sul mio blog (http://amoreeliberta.blogspot.it/2016/05/thomas-sankara-e-la-rivoluzione.html).
Purtroppo quella battaglia, che avrebbe voluto elevare all’1,4% la quota di aiuti allo sviluppo dell’Italia e per la quale saranno coinvolte numerose personalità di livello internazionale, sarà perduta a causa dell’assoluta mancanza di volontà del Parlamento.
Eppure l’idea di Pannella, raccontata nel saggio di Negri, è suggestiva: dichiarare una vera e propria guerra alla fame, attraverso la convocazione dei Ministri preposti: Difesa, Esteri, Sanità e Lavori pubblici i quali, con i capi di stato maggiore, dovrebbero concordare un programma operativo ed una data di scadenza con l’obiettivo di salvare per dodici mesi la vita di quattro milioni di persone nel Terzo Mondo.
Pannella è dunque un lucido utopista che si scontra contro l’ottusità e l’egoismo umano e politico.
E’ il Pannella che si ispira al radicalismo ed alla religiosità di Don Romolo Murri, fondatore della Fuci e del primo movimento che in Italia prenderà il nome di Democrazia Cristiana. Un prete anticlericale sospeso poi a divinis e scomunicato nel 1909, dopo essersi candidato nelle file della Lega Democratica, allora rappresentante dei radicali e dei laici.
E’ anche il Pannella che si disinteressa del denaro e dei beni materiali e che aborrisce il consumismo al punto che il suo Partito Radicale, checchè ne scrivano i media, è un partito assai morigerato, sempre alla ricerca di finanziamenti subito spesi in battaglie e campagne civili e referendarie.
E’ il Pannella dei digiuni, come Gandhi, che sceglie questo strumento di lotta nonviolenta per affermare la libertà di tutti, il rispetto delle regole, la verità della parola e non sarà compreso, spesso, nell’epoca del terrorismo e della violenza di piazza o di Stato, come quella compiuta contro la giovanissima Giorgiana Masi, il 12 maggio 1977, uccisa nell’ambito di una manifestazione pacifica del Partito Radicale per celebrare la vittoria del referendum sul divorzio e sulla cui vicenda il Partito Radicale redigerà unlibro bianco, ricordato dallo stesso Negri, nel quale si dimostrerà che la giovane è stata uccisa da forze dell’ordine infiltratesi fra i manifestanti.
E’ il Pannella che alla violenza, dunque, risponde sempre con la nonviolenza, con il sorriso, con la ricerca del dialogo e della verità.
E’ il Pannella della legalizzazione della cannabis e del Partito Radicale Trasnazionale.
E’ il Pannella che, ad ogni modo, come scrive lo stesso Giovanni Negri, nel corso degli Anni ’90, finirà forse per diventare un po’ autoreferenziale, attraverso la sua Lista Pannella ed i continui dialoghi (fra sordi) con Berlusconi e poi con Prodi.
Oggi che Pannella non c’è più ed il mondo radicale è letteralmente diviso in due, non rimane molto se non quelle battaglie che meritano di essere ricordate e fatte conoscere ai giovani.
Giovanni Negri, in conclusione del suo saggio, elogia la modernità. Personalmente, invece, mi sento di criticarla e di evidenziarne i limiti. La modernità, oggi, si è trasformata in precarietà da una parte ed in superficialità dall’altra. Non è positivo che oggi il tempo medio di attenzione di un ventenne di fronte ai contenuti di una schermata video su internet venga calcolato in un secondo (per citare una frase dello stesso Negri nel saggio). Non è positivo che i ventenni di oggi, per non parlare di noi quarantenni, siano (e siamo) condannati alla precarietà ed all’insicurezza sociale.
La modernità, oggi, appare essere questa qui.
E’ forse il caso di porsi qualche domanda e di ricercare, anche in quelle battaglie radicali delle origini (che parlavano anche di autogestione socialista), oltre che nella nostra Storia, chiavi di lettura diverse e non necessariamente proiettate verso un presente ed un futuro edonistico/tecnologico. Bensì in un presente ed in un futuro che ricerchino, piuttosto, qualche cosa che si è preduto, forse da secoli, ovvero un rinnovato contatto fra essere umano e Natura, fra essere umano ed i suoi simili, attraverso il sentimento e l’amore.
Una delle ultime frasi di Marco Pannella prima di morire e con la quale lo vorrei ricordare, è stata infatti: “Grazie, grazie dell’amore, quello conta; l’odio è per i poveri stronzi”.
di Luca Bagatin