Lo scorso weekend ci aveva offerto la piazza fiorentina della Lega, una contromanifestazione di Stefano Parisi a Padova, un ribaltone di marca forzista ai danni del sindaco leghista sempre a Padova, e un’intervista molto “centrista” di Berlusconi al Corriere della Sera. Parisi sembrava così sicuro dell’imminente designazione a suo favore da dichiarare contro le primarie. Sono passate appena 72 ore, e ieri il Cav lo ha brutalmente messo nelle condizioni di un gatto su un’autostrada (la gattina Giuditta mi perdonerà quest’immagine truculenta).
Ma, se alziamo la testa e lasciamo per un momento il contingente, siamo dinanzi a un paradosso. Da qui al 2018, o anche da qui a metà 2017, molto “complotterebbe” per una possibile vittoria del centrodestra alle prossime elezioni politiche: il fallimento dell’esperienza Renzi, e il naufragio grillino a Roma. Il primo ha già avuto la sua occasione, e l’ha gettata al vento; i secondi sono stati (e sono tuttora) bravissimi a intercettare lo “spirito del vaffa”, ma sono incompetenti rispetto a una vera prova di governo.
Ergo, al centrodestra non servirebbe molto per mettersi in partita. E la componente più importante c’è già: un elettorato potenzialmente maggioritario in quasi tutte le aree territoriali del paese.
Ora, anziché procedere con logomachie e batracomiomachie, c’è una opzione semplice, chiara, classica, che può aiutare il centrodestra a rinnovarsi, a conquistare una vera unità, e a rendersi competitivo in ogni senso: le elezioni primarie.
I vantaggi sono chiarissimi (in particolare nella versione “americana”, a tappe, che consentirebbe di occupare un paio di mesi con una corsa regione per regione):
- dirimere in modo limpido e democratico la questione della leadership;
- occupare i media per mesi con un’agenda di centrodestra, anziché rincorrere quella degli avversari;
- attivare una vera gara di idee su tutto, tra soluzioni liberali e soluzioni non liberali.
Occorre invece:
- Evitare compromissioni in governicchi postreferendari, o comunque dare un tempo, una scadenza ufficiale e predefinita all’esecutivo post 4 dicembre;
- Adottare lo schema delle primarie;
- Evitare come la peste leggine elettorali proporzionali, funzionali al frazionamento del centrodestra e a nuovi Nazareni concepiti alle spalle degli elettori.
Non è difficile. Basta capirlo, e poi volerlo.