Calo delle richieste dei mutui in Italia e aumento del costo degli affitti
Di Martina Cecco
L’Europa non ce la fa ad avere la meglio nella sfida al mattone e anche gli Italiani scoprono, dolorosamente, di far parte di una superpotenza e che in caso di crisi non hanno diritto di appello. Perché è diventato difficile comprare casa in Europa? La crisi economica del mercato immobiliare, nell’area dell’euro, a causa del rischio di investimento troppo alto, dovuto all’instabilità delle quotazioni monetarie, non riesce a superare in investimento i valori all’interesse passivo e per questo i mutui non sono più un investimento conveniente, ma diventano una spesa. Si potrebbe riassumere così quella che in questi mesi si sta rivelando come una delle più grandi crisi del mercato immobiliare italiano degli ultimi 15 anni.
Il mercato immobiliare, dopo una impennata senza sosta che dalla metà degli anni ’90 non ha avuto difficoltà, contagiato molto probabilmente dalla crisi americana, vive un momento meno florido: mentre il costo delle materie prime aumenta, con rendita netta per le imprese del settore, le case rimangono invendute.
Per collocare immobili sul mercato ormai siamo arrivati al punto di dover abbattere i prezzi, fatto che di per sé non sarebbe del tutto negativo, se andiamo a valutare come mai i prezzi sono arrivati così in alto per un bene durevole e ovvio da possedere come la casa, ma alla base degli investimenti già fatti non c’è la possibilità di ripensare l’economia.
I prezzi delle case dovranno scendere anche se non sono determinati soltanto dai costi di produzione, ma anche dal tipo e dalla quantità delle offerte: in questo la grande ascesa nelle macro aree cittadine delle costruzioni multiple non ha aiutato di certo a mantenere equilibrio nel settore. La crisi europea tuttavia non è così nera come quella americana e tra i Paesi europei l’Italia, in fatto di risparmio, rimane tra quelli che ancora riescono a tenere testa alla quotidianità; per dirla in altre parole: non siamo ancora arrivati ai minimi storici.
Coloro che davvero pagano lo scotto dell’andamento alterno dei mercati sono coloro che il mutuo lo hanno già stipulato: incastrati da un contratto di acquisto immobiliare, vincolati dalle banche, le quali non possono garantire lo «scivolo» (il passaggio da un istituto di credito a un altro piu’ favorevole) del mutuo sull’insoluto, si vedono prosciugati i conti correnti per saldare delle rate che, a causa dell’inflazione, in alcuni casi, consistono in più della metà di uno stipendio. La capacità economica del cliente medio che cerca una casa, anche modesta, è debole: il cliente è disposto a impegnarsi per parecchi anni della vita con un istituto e questo fatto non aiuta nel mantenere fede al principio che il bene ha un valore relativo e non assoluto. Il compratore valuta la sua instabilità economica e si impegna nel mutuo con la banca: così hanno fatto i sottoscrittori dei mutui a tasso variabile, ad esempio, che non hanno tenuto conto delle possibili oscillazioni del valore economico di mercato di casa e stipendio, che cambiano negli anni e non riescono più a far fronte agli impegni presi, mettendo in crisi il circolo economico. Di chi è stata la colpa?
I «grandi» investitori, al contrario, stanno aspettando proprio il crollo del mercato per correre all’acquisto e giocare sulla compravendita, in questo caso nell’interesse dei potenziali compratori, che ora sono in attesa di vedere che cosa accade al mercato immobiliare.
Non aiutano i fondi di investimento all’estero, che versano in condizioni peggiori di quelli europei, come non aiuta il mercato dell’affitto, che in dieci anni ha visto salire le rate delle mensilità del 67 per cento circa, nelle grandi città, obbligando le amministrazioni di città come Roma, Milano e Torino, a rinnovare anche nel 2008 il programma di integrazione dell’affitto e di compensazione dell’affitto per quelle famiglie di livello socio-economico medio-basso, che ormai non riescono più a reggere il peso dei debiti «immobiliari», stimate sulla base di liste di attesa che sono state formulate con il calcolo dei redditi ISEE o ICEF.
Da questa situazione, tuttavia, emergono alcuni fatti positivi: le famiglie con prole, che sono quelle su cui ricade l’emergenza, hanno capito che conviene stipulare mutui con il tasso fisso, al punto che i mutui a tasso variabile in soli tre mesi sono diminuiti del 5 per cento nelle città e del 20 per cento nelle metropoli e nell’extraurbano; il numero di contratti bancari su base mutuabile è diminuito drasticamente, si parla di cali del 6 per cento nel sud, 15 per cento nelle città dove c’è una tradizione alla proprietà immobiliare, con un caso isolato di sviluppo nelle isole, con un 40 per cento in più in Sicilia.
Aumentano le ristrutturazioni e diminuiscono gli acquisti, si parla di -4,6 per cento in extraurbano e -9,5 per cento nelle città, anche se questa staticità è la conseguenza di una vera e propria «corsa al mutuo» che negli anni passati ha caratterizzato lo sviluppo del settore, il cui andamento ha scritto una pagina nuova nella storia dell’economia italiana, mai vista prima.
La crisi americana ha influito soltanto di riflesso sulla crisi europea, al punto che la nuova tendenza oltreoceano è di imitare l’Europa nella gestione economica, puntando al risparmio delle risorse e al reinvestimento, complice la profonda crisi del petrolio, il cui prezzo al barile in questi giorni sta mettendo in crisi i produttori preannunciando un periodo non esattamente buono per concedersi «disattenzioni».
Dati: Sicet – Uniat – Tecnocasa – Sunia – Kiron – Istat