Lo spacchettamento dilatorio

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In questi giorni si discute di un possibile “spacchettamento” del testo della riforma costituzionale, in modo da trarne distinti quesiti referendari. La soluzione è stata suggerita da autorevoli studiosi, come il professor Fulco Lanchester, e, sul piano politico, è stata sposata dai Radicali italiani. A prima vista sembrerebbe una proposta di buon senso. Ma, come si sa, il diavolo si nasconde nei dettagli.

Se si legge l’articolo 138, secondo comma, della Costituzione, non si trova alcun riferimento all’eventualità che un progetto di riforma costituzionale esaminato ed approvato dalle Camere possa essere votato per parti separate in occasione del Referendum popolare ex articolo 138 Cost.

Non penso che la Corte di Cassazione, o la Corte Costituzionale, possano inventarsi una disciplina che la Costituzione vigente non prevede. Come procedere? Per argomenti omogenei? In tale ipotesi, i quesiti referendari dovrebbero essere almeno una decina (ad esempio, uno per la soppressione del CNEL). La stessa scelta degli argomenti non sarebbe, tuttavia, automatica: si tratterebbe di scegliere tra varie soluzioni astrattamente possibili. Ma c’è di più: occorrerebbe scomporre gli attuali articoli 38, 39 e 40 del testo e ricondurre a ciascun quesito le disposizioni di coordinamento, transitorie e finali, che si riferiscono specificamente alle proposte di modifica della Costituzione oggetto del quesito medesimo. Un lavoro che sarebbe un azzardo definire “tecnico”, ma che dovrebbe rientrare nelle prerogative proprie del Legislatore Costituzionale. Se, viceversa, si volesse procedere facendo riferimento al dato formale che le proposte di modifica della Costituzione sono contenute in cinque capi del testo, e dunque s’intendesse ricondurre ogni capo ad un unico quesito, ne verrebbero fuori quesiti non omogenei. Ad esempio, il capo primo riguarda: le funzioni delle Camere, la composizione del Senato, il procedimento legislativo, l’iniziativa legislativa, la promulgazione delle leggi, la decretazione d’urgenza e perfino il Referendum abrogativo.

La mia modestissima opinione è che lo spacchettamento non sia ammissibile. Per strette ragioni di diritto. Poiché quello che a me è chiaro dovrebbe essere tanto più chiaro a chi è molto più qualificato di me dal punto di vista delle conoscenze giuridiche, mi chiedo se la rilevanza che improvvisamente si riconosce alla questione non sia, in realtà, frutto del desiderio di far slittare la data della consultazione referendaria. La Corte di Cassazione si pronuncerà per l’inammissibilità. La questione potrebbe essere allora deferita alla Corte Costituzionale ed anche qui il responso, prevedibilmente, sarebbe negativo. Soltanto che, aspettando la decisione della Corte Costituzionale, purtroppo (!), non sarebbe possibile tenere il Referendum né nel mese di ottobre, né in quello di novembre. Forse si andrebbe al 2017.

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