Festival Economia 2016: verso un’Europa politica multilevel, no alle autodeterminazioni

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Il Festival dell’Economia 2016 si chiude oggi. Inaugurato a Trento il 2 giugno scorso, ha intrattenuto studiosi, studenti, giornalisti e pubblico in una interminabile serie di conferenze, di presentazioni e di incontri volti a indagare “I luoghi della crescita”. Al centro dell’attenzione però, non sono l’economia monetaria, ma anche l’economia politica, che in questi anni di crisi e di guerre è di fondamentale importanza per decidere le sorti della UE.

Nell’incontro che si è tenuto oggi pomeriggio in Sala Depero, il panel proposto al Festival Economia Trento dal Consiglio provinciale di Trento, con la moderazione di Steven Forti. Sono intervenuti l’ex presidente del Parlamento europeo Josep Borrell Fontelles insieme al politologo Sergio Fabbrini. Il tema centrale: “Le autonomie che aiutano a crescere”. Il Trentino Alto Adige si pone come una Regione Autonoma con Provincia di Trento e di Bolzano autonome che ha saputo rendersi speciale non solo per lo Statuto, bensì per la capacità di organizzarsi in modo performativo, con buoni risultati e buone ricadute sul territorio.
cinqueA introdurre l’incontro è stato il presidente del Consiglio provinciale, Bruno Dorigatti, che ha ricordato la scommessa forte in cui s’è impegnata l’autonomia speciale trentina, per la revisione dello Statuto. “La prevede – ha detto Dorigatti – la riforma costituzionale attualmente sotto referendum.” Nel pomeriggio infatti è stata a Trento al Festival dell’Economia anche la Ministra Maria Elena Boschi, intervenuta per presentare le ragioni del Referendum e i motivi per la Riforma.

“Noi ci siamo già messi in movimento e stiamo costruendo la Consulta per progettare la riforma statutaria – ha detto Dorigatti – l’organismo in luglio sarà completato con i tre ultimi membri espressione dell’associazionismo trentino.”

“Anche in questa prospettiva, ci interessa rispondere a un quesito: possono i modelli istituzionali autonomistici contribuire alla competitività dei territori dentro una modernità sempre più complessa e segnata dalla competizione? Io credo di sì, purché vi sia grande apertura all’esterno e costante propensione all’innovazione” ha concluso Dorigatti.

Sono dunque seguite le relazioni dei due esperti invitati a motivare il tema delle autonomie, in Europa e il come viverle e concretizzarle. Josep Borrell Fontelles, socialista e presidente del Parlamento Ue dal 2004 al 2007 ha una storia politica che non lascia molti dubbi: è contrario all’indipendenza della Catalogna.

Il riconoscimento delle autonomie in Italia come in Spagna però funziona. Tuttavia gli indipendentisti sono una componente florida politicamente che chiede autodeterminazione. “Questo fondamentalmente perché la crisi economica ha stimolato ragionamenti in questa direzione – ha spiegato – dimenticando però che le soluzioni possono essere trovate negli aggiustamenti tra le competenze Stato – Regioni.”

Secondo Sergio Fabbrini, direttore della Luiss School of Government e professore di scienze politiche e relazioni internazionali, c’è un rischio per le autonomie locali perché mancano personalità politiche in grado di riorganizzare istituzionalmente l’UE. “La rete tessuta a livello europeo ha portato – dopo Maastricht e la fine della guerra fredda – alla rinascita delle differenze territoriali. Con il successo dell’Ue comincia insomma una nuova crisi, perché i territori vogliono sedere a quei tavoli intergovernativi che oggi decidono tutto a livello Ue. Nascono anche i micronazionalismi, c’è un ritorno alle piccole patrie e alle varie Heimat.

Gli esempi che dimostrano come l’UE abbia bisogno di puntare su relazioni politiche più che su nazionalismi di vecchio stampo risiede negli errori che si sono manifestati attraverso le proteste, da parte delle Regioni europee (STATI) che riescono a cavarsela meglio in questa crisi e si sentono lesi dalla UE. Ad esempio in questo senso vanno le scelte austriache, che oscillano dalla tentazione di chiudere le frontiere del Brennero, alla tentazione di un potere fortemente caratterizzato, come si è visto nelle scorse elezioni, dalla destra. Ma in questa direzione vanno anche gli elettori che in Francia protestano e scelgono estrema destra, il risorgere dei movimenti di estrema destra, che non ci stanno a questa UE politicamente così debole.

Secondo lo studioso Fabbrini per risolvere queste criticità va curato il sistema istituzionale UE: “Non è possibile che un colpo di tosse a Varsavia produca una bronchite a Bruxelles. La UE non può porsi come super partes e decidere a Bonn nel Bundestag per tutti, quindi serve che tutti possano porsi in Multilevel”. “Sì, occorre l’unione politica tra chi ci sta dentro l’UE, per avere anche una piccola base fiscale comune, che superi sulle scelte di fondo i singoli Stati. Serve un patto politico tra elite culturali sapienti. Servono Stati non centralizzati – allo stesso tempo – per fare un’Europa federale e pluralista. No invece alle battaglie per l’autodeterminazione locale, Fabbrini l’ha detto anche riferendosi alla regione trentina e altoatesina.”

Quello che spetta ai politici locali dunque è di insistere per far maturare una concezione di UE e di Parlamento Europeo più forte, che sia una voce che rappresenta concretamente e democraticamente i popoli e le nazioni, insomma un’Europa più coerente e in sintonia con gli Stati che la compongono, nella misura rappresentativa e non solo economica.

Di Martina Cecco

Foto di Max Recanatesi

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