Mattarella Presidente: si apre una nuova fase politica

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Sergio Mattarella è stato eletto Presidente della Repubblica italiana con il voto di 665 grandi elettori, su 995 votanti. Ha tutte le caratteristiche per essere un buon Presidente della Repubblica. Possiede una preparazione specifica in materia di diritto pubblico e costituzionale. Preparazione non soltanto teorica, attestata dal suo status di docente universitario, ma che si è via via arricchita con l’esperienza pratica di parlamentare e di ministro. Il suo ultimo incarico, di giudice costituzionale, costituisce il livello massimo di approfondimento della materia, al quale uno studioso di diritto pubblico possa aspirare.
Ha anche caratteristiche umane che, dal nostro punto di vista, lo rendono perfetto per il ruolo di Capo dello Stato: è una persona che sa pesare le parole, che ha il senso delle Istituzioni, e che quindi amministrerà con saggezza la propria immagine pubblica. Non dobbiamo aspettarci un Presidente che ami stare davanti alle telecamere e che rilasci dichiarazioni a getto continuo su tutto lo scibile umano. Grazie a Dio, non è un narciso: leggerà attentamente le carte che attengono alle responsabilità del suo Ufficio, trascorrerà molte ore seduto alla sua scrivania, rilascerà dichiarazioni quando sarà strettamente necessario. Il lavoro più serio è, il più delle volte, quello che non si vede.
Chi ha avuto modo di conoscerlo sa che si tratta di una persona mite e perbene. Cosa che non ripeteremmo alla leggera per qualunque altra persona attiva in politica. A proposito di impegno politico, Sergio Mattarella non è mai stato un leader, un capo carismatico, quale invece era suo fratello Piersanti, che ricopriva la carica di Presidente della Regione siciliana quando fu assassinato a Palermo il 6 gennaio del 1980. Al di là delle differenze di temperamento, Mattarella è animato dalla medesima cultura politica che anche suo fratello Piersanti rappresentava: quella del cattolicesimo democratico. Con particolare riferimento ad un uomo politico che in Italia è stato l’incarnazione più significativa di quella tradizione politico-culturale: Aldo Moro. Sinceri auguri di buon lavoro al nuovo Presidente.
Tutto ciò premesso, bisogna rendere merito al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, per la felice scelta di Mattarella e per l’abilità dimostrata nel tenere uniti i grandi elettori del Partito democratico. Non era un compito facile.
Il Presidente Renzi, artefice della legge elettorale recentemente approvata dal Senato, si è mosso in perfetta coerenza logica con quella legge. Com’è noto, la normativa prevede che un consistente premio in seggi, tale da garantire una maggioranza numerica in seno alla Camera dei deputati, venga attribuito alla lista che otterrà la maggioranza relativa dei voti espressi dagli elettori. Di conseguenza, a differenza di quanto è avvenuto nel recente passato, la competizione elettorale non si svolgerà più fra coalizioni, ma fra singole liste capaci di raccogliere il massimo del consenso elettorale possibile.
Tanti analisti e commentatori, più o meno intelligenti, si sono spinti ad ipotizzare una lista “del Nazareno”. Renzi, il quale avrà tanti difetti ma certamente non è stupido, sa bene che tale ipotesi non sarebbe concretamente praticabile. E’ fuori della realtà ipotizzare che, in uno stesso contenitore, possano essere candidati insieme esponenti del PD e del fronte berlusconiano. Il Partito democratico si spaccherebbe immediatamente, con la possibilità che si costituisca una rilevante aggregazione alla sua sinistra, sulla falsariga di quanto avvenuto in Grecia. Lo stesso fronte berlusconiano sarebbe fatalmente destinato a subire un’erosione di consensi verso destra. A vantaggio della Lega Nord e di Fratelli d’Italia.
L’unica lista che può competere con buone probabilità di vincere le prossime elezioni politiche sarà una lista del Partito democratico, allargata ad esponenti di altre formazioni del centro-sinistra. Di conseguenza, Renzi si è preoccupato di ricompattare il proprio Partito. In questa fase ha bisogno di tutti; forse, quando si tratterà di predisporre le liste elettorali, potrà riuscire a determinare le condizioni per una diversa selezione della rappresentanza, in modo da avere un Gruppo parlamentare alla Camera a lui più fedele.
Nella scelta del Presidente della Repubblica, Renzi non ha tradito alcuno. Ha fatto esercizio di razionalità politica. C’è da sorprendersi, semmai, della sorpresa di Forza Italia. Consentendo che venisse approvata la legge elettorale al Senato, dove Renzi attualmente è più debole, Forza Italia si è privata dell’unica reale possibilità di condizionamento che aveva in mano.
C’è da aspettarsi che, quanto prima, la legge elettorale ottenga l’approvazione definitiva da parte della Camera dei deputati, dove i numeri sono largamente dalla parte del Presidente del Consiglio. Basterà approvarla nell’identico testo, senza modifiche.
Noi non siamo estimatori di Renzi e siamo molto critici dell’impostazione della nuova legge elettorale, così come siamo critici rispetto ai contenuti della riforma della Costituzione. Qui, forse, si può ancora fare qualcosa. Non basta dire che si abolisce il bicameralismo paritario tra Camera e Senato (che è buona cosa). Bisognerebbe approfondire meglio i rapporti tra Stato e Regioni, nel riparto delle competenze legislative. Bisognerebbe riflettere sull’organizzazione dei livelli di governo territoriale, laddove, a fronte dell’abolizione delle Province, si continua a parlare di enti di area vasta, che rischiano di essere la medesima cosa. Si dovrebbe dare certezza sulle entrate tributarie con cui possono finanziarsi, rispettivamente, lo Stato, le Regioni, i Comuni; impedendo che, con i tributi regionali e locali stabiliti autonomamente dagli Enti territoriali, la pressione fiscale sui contribuenti cresca illimitatamente. Resterebbe, infine, da correggere la composizione del nuovo Senato, che nel disegno di legge costituzionale ora in discussione appare molto sgangherata e poco funzionale.
Invece di lamentarsi di qualcosa che va esclusivamente ricondotto alla propria insipienza tattica, Forza Italia farebbe bene a preoccuparsi di impiegare utilmente il tempo ancora disponibile (probabilmente, non breve) per costruire una valida lista alternativa a quella del Partito democratico, magari cercando di aggregare tutta l’area che in Italia fa riferimento al Gruppo del Partito polare nel Parlamento Europeo.
Non tutti operano politicamente con l’esclusiva preoccupazione di competere per vincere le elezioni. C’è anche chi si preoccupa del funzionamento del sistema politico nel suo insieme e continua a ritenere importante che persone competenti e perbene siedano in Parlamento. In modo che buoni parlamentari possano dare un qualificato contributo alla legislazione e alla determinazione dell’indirizzo politico, con ciò stesso valorizzando e salvaguardando il ruolo del Parlamento.
Considerato che la nuova legge elettorale consentirà la sopravvivenza in Parlamento di formazioni che si presentino autonomamente e che siano capaci di ottenere un consenso non inferiore al tre per cento dei voti validi espressi in ambito nazionale, ci dichiariamo fin d’ora interessati a sostenere una lista “minore”, che sia però suscettibile di crescere nel tempo, perché portatrice di un complessivo progetto riformatore, serio ed equilbrato. Che sia altra cosa rispetto al riformismo “veloce” e sgangherato, che da ultimo abbiamo conosciuto. Se poi questa lista “minore” fosse anche di dichiarata ispirazione liberale democratica, sarebbe il massimo.
Palermo, 31 gennaio 2015

Livio Ghersi

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