LA MIA PROPOSTA di ALAN FRIEDMAN

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Alan Friedman – Se vogliamo ragionare su come rimettere a Paese sul binario della crescita e dell’occupazione dobbiamo cominciare con l’abbattimento del debito, non per rimandare le iniziative per il lavoro o altre riforme, ma per agire contemporaneamente su entrambi i piani. Perché insisto così tanto sulla riduzione del debito? La risposta è semplice: una volta che si inizia a ridurre il debito, anche di poco, si manda un messaggio potente ai mercati finanziari, agli speculatori, ai nostri critici, e pure ad Angela Merkel. Un messaggio che si potrebbe riassumere così: <Zitti. Non ci provate con noi perché stiamo già mostrando quanto siamo virtuosi, seri e responsabili. Ora facciamo una rinegoziazione dei vincoli europei e modernizziamo le regole di Maastricht in modo razionale e da una posizione di forza e credibilità come Paese. E porremo fine al culto dell’austerity>. La riduzione seria del debito ci proteggerà dagli speculatori nei mercati finanziari e ci metterà in una botte di ferro, dandoci una credibilità forte e un vero potere contrattuale in Europa, quello che a questo Paese manca da decenni. Come fare? Vediamo.

Sfruttate il patrimonio pubblico, senza svenderlo, per abbattere il debito in modo incisivo, riconquistando la credibilità a livello europeo e nei mercati e riducendo gli interessi che paghiamo. Questo ci darà respiro e ci permetterà di investire, di tagliare le tasse e di pensare in grande a un piano di rilancio complessivo del Paese. È da anni che nei corridoi del potere, in simposi tecnici ed economici, convegni e centri studi, gli esperti discutono dell’uso del patrimonio pubblico per abbattere il debito. Ho parlato con quasi tutti gli uomini e le donne intelligenti ed esperti in questa materia, ho letto tutte le analisi, da Paolo Savona ad Andrea Monorchio e Vittorio Grilli, Franco Bassanini, Francesco Giavazzi e tanti altri, per capire cosa suggeriscono. E poi mi sono fatto la mia idea su come fare.

Nel mio piano mettiamo le mani, con cautela, su una parte dei 1000 miliardi di beni pubblici, dalle quote delle società come Finmeccanica ed Eni, Enel ma anche Poste e Ferrovie e i beni immobili, dalle caserme dismesse alle spiagge, e facciamo affluire circa 400 miliardi in un nuovo ente che emette obbligazioni, con un ritmo calibrato di circa 50 miliardi all’anno per un periodo di otto anni. Mentre via via il patrimonio pubblico si trasferisce al nuovo ente, quell’ente usa il patrimonio pubblico come collaterale ed emette delle obbligazioni di lunga durata (almeno dieci anni), composte in questo modo: per metà in modo obbligatorio per le banche, fondazioni e assicurazioni capaci di investire; per un quarto ai privati in Italia, per un quarto agli investitori internazionali e i fondi sovrani dei Paesi ricchi con un’operazione ambiziosa ma seria di marketing.

I ricavi delle obbligazioni sottoscritte dai privati vengono versati al conto capitale dello Stato, riducendo il debito di 50 miliardi per anno per otto anni, una riduzione che porta dai 133% del rapporto debito/Pil sotto il 100%, e un risparmio degli interessi pagati sul debito pari a un totale d i circa 70 miliardi alla fine di otto anni. Chi avrà le obbligazioni di questo nuovo ente potrà contare su una cedola bassa ma ben garantita da una fetta del patrimonio pubblico, quindi sicura. Ma ormai il patrimonio è nelle mani dei privati, che hanno versato denaro allo Stato, e non è più debito. Troppo tecnico tutto questo? Riassumo nel modo più semplice: riduciamo il debito, risparmialo soldi sugli interessi del nostro debito, costringiamo le banche a sottoscrivere le nuove obbligazioni per metà (perché è giusto!) e piazziamo il resto a investitori italiani e internazionali. Così riconquistiamo il nostro posto sul palco dell’Europa, e poi facciamo sì la voce grossa con la Merkel, ma isolo quando siamo credibili.

Citazione

Per sopportare le pene del matrimonio ci vogliono due persone. Qualche volta tre (Alexandre Dumas)

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