Le Elezioni europee ed il partito che non c’è

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Il prossimo 25 maggio 2014 si svolgeranno le elezioni dei rappresentanti dell’Italia nel Parlamento europeo. Si tratta delle ottave consultazioni elettorali, a partire dal 1979 quando, per la prima volta, i parlamentari europei furono eletti direttamente dal Corpo elettorale.

Non per sciocca vanità, ma come testimonianza di libertà nelle scelte elettorali, riassumo le mie precedenti espressioni di voto:
— 1979: votato nella Circoscrizione Nord-Ovest (facevo il servizio militare di leva a Legnano); dato il voto al Partito Radicale, con preferenza per Leonardo Sciascia.

— 1984: votato nella Circoscrizione Italia insulare (in seguito sarà sempre così, quindi non ripeterò tale informazione); dato il voto al Partito socialista italiano (PSI), con preferenza per Anselmo Guarraci.

— 1989: votato per la Federazione delle liste Verdi (Sole che ride).

— 1994: votato per il Partito democratico della sinistra (PDS), con preferenza per Luigi Colajanni.

— 1999: non ho votato perché ero appena stato dimesso dall’ospedale, dove ero stato operato per due fratture, conseguenti ad una caduta, e non potevo camminare.
Se fossi potuto andare al seggio, probabilmente avrei votato per i Democratici di sinistra, con preferenza per Claudio Fava.

— 2004: votato per la lista Uniti nell’Ulivo, con preferenze per Claudio Fava, Alessandra Siragusa e Vincenzo Garraffa (quest’ultimo esponente del Movimento dei Repubblicani europei, MRE).

— 2009: votato per il Partito democratico (PD), con preferenza per Rita Borsellino.
Nel 1979 i tre eletti del Partito Radicale non vollero aderire al Gruppo dei Liberaldemocratici europei. Al quale, invece, aderirono i tre eletti del Partito liberale italiano (PLI) ed i due eletti del Partito repubblicano italiano (PRI).
Gli eletti del PDS nel 1994 e dei Democratici di sinistra nel 1999 aderirono al Gruppo socialista europeo. Gli eletti della lista Uniti nell’Ulivo nel 2004 aderirono solo in parte al Gruppo socialista europeo. Gli eletti del Partito democratico nel 2009 hanno aderito ad un Gruppo, denominato Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici, che includeva i partiti socialisti europei.
Per il prossimo 25 maggio ho certezze soltanto in negativo.

In relazione alle mie convinzioni ideali ed alla mia formazione politica, ovviamente non voterò per partiti di Centrodestra (Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale, Forza Italia, Nuovo Centrodestra, UDC e Popolari per l’Italia). Fermo restando che, sul piano europeo, il candidato del Gruppo popolare per la Commissione, Jean-Claude Juncker, e la stessa Cancelliera della Germania, Angela Merkel, esprimono posizioni molto più rispettabili di quelle dei berlusconiani italiani. Meno che mai voterei per la Lega Nord che, oltre ad essere sostanzialmente di Centrodestra, è anche antieuropea con contenuti ed accenti che non posso accettare.
Non voterò per il Movimento Cinque stelle che si è caratterizzato per una protesta fine a sé stessa in quanto non costruttiva; e che vuole fare concorrenza alla Lega Nord nell’impostazione antieuropea. Dal punto di vista liberale, Grillo e Casaleggio esprimono posizioni ideali inaccettabili: critica della democrazia rappresentativa in nome di una non meglio definita democrazia diretta; pretesa che i parlamentari siano soggetti a vincolo di mandato, contro la lettera e lo spirito della Costituzione della Repubblica italiana; repressione del dissenso, con sistematica espulsione delle minoranze dissenzienti.

La principale novità, rispetto al passato, è che non voterò la lista del Partito democratico (PD). La legge elettorale frutto dell’accordo fra Renzi e Berlusconi, recentemente approvata dalla Camera dei deputati, dal mio punto di vista è una pessima legge: impedisce che gli elettori possano scegliere liberamente i propri rappresentanti in Parlamento; viola il principio costituzionale dell’uguaglianza del voto, imponendo soglie diversificate per l’accesso alla rappresentanza; contraddice l’esigenza del pluralismo politico, puntando ad un sostanziale bipartitismo imposto per legge.
Renzi dovrebbe semplicemente vergognarsi di avere legato il proprio nome ad una siffatta controriforma elettorale. Su Renzi, condivido questo giudizio espresso dal sempre lucido Emanuele Macaluso (classe 1924): «Renzi è figlio di un’epoca che non capisco. La cultura politica non è più nulla. Tutto è comunicazione» (intervista di Macaluso resa ad Aldo Cazzullo, nel “Corriere della Sera” del 17 marzo 2014, p. 13).

Però capisco che, in democrazia, c’è una sola arma che il cittadino-elettore può usare contro un leader politico nei cui confronti ha disistima: non votare il suo partito e creare le condizioni perché quel leader sia ritenuto responsabile di un grave insuccesso elettorale. Va punito il Partito democratico nel suo insieme, perché anche la componente non renziana del Partito non è riuscita ad andare oltre manovre tattiche, senza avere il coraggio di pronunciare un “no” chiaro ed inequivoco tutte le volte che era il caso di farlo.

In occasione delle prossime elezioni europee, avvertirò ancora una volta la mancanza di un serio Partito liberale democratico che, rispetto alla storia politica italiana, sia continuatore non soltanto della cultura politica propria della tradizione risorgimentale di Cavour e della Destra storica, ma anche della tradizione risorgimentale di Mazzini e dei repubblicani e radicali storici. C’è stato un antifascismo liberale, che ha avuto i suoi caduti nella lotta per la libertà e per la civiltà della politica: penso alle care memorie di Giovanni Amendola, di Piero Gobetti, di Carlo Rosselli, di Leone Ginzburg.
C’è stata una importante cultura liberale e democratica, di rilevanza europea, espressa proprio nel Mezzogiorno d’Italia: penso a Giustino Fortunato, Benedetto Croce, Francesco Saverio Nitti.

Ci sono stati esponenti importanti della cultura liberaldemocratica che, nel periodo delle elezioni della Assemblea Costituente nel 1946, fecero una scelta netta per la Repubblica: penso, in particolare, a Guido De Ruggiero ed Adolfo Omodeo.
Il serio Partito liberale democratico che oggi manca è quello che avrebbe potuto richiamarsi all’esperienza antifascista del Movimento “Giustizia e Libertà” e ad un arco di forze politiche che purtroppo, già nel 1946, si presentarono frammentate in ben quattro formazioni: l’Unione Democratica nazionale di Croce, Einaudi, Nitti e Ruini, la Concentrazione democratica repubblicana di La Malfa e Parri, il Partito repubblicano (PRI) di Pacciardi, Giovanni Conti e Carlo Sforza, il Partito d’Azione che comprendeva anche componenti liberalsocialiste e socialiste liberali, e cito per tutti Ernesto Rossi, Guido Calogero, Piero Calamandrei e Norberto Bobbio.
Nel vuoto politico determinato dall’assenza del predetto partito, hanno buon gioco l’ignoranza, la demagogia, la sguaiatezza, la mancanza di amore e di rispetto per la Patria italiana, che poi coincide con la mancanza di rispetto nei confronti della cosa pubblica e nella brama di saccheggio delle risorse finanziarie pubbliche.

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