Troppa grazia, Sant’Antonio

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LIVIO GHERSI

Troppa grazia, Sant’Antonio.

I 453 deputati (71,90 % della composizione della Camera) che hanno accordato la fiducia al Presidente del Consiglio, Enrico Letta, si saranno certamente resi conto che egli ha annunziato una vera e propria svolta negli indirizzi di politica economica. L’ultimo atto del Governo uscente era stato il Documento di Economia e Finanza (DEF); modificato per consentire di avviare la restituzione alle imprese di una quota parte di quanto le pubbliche amministrazioni devono loro. Il Ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, aveva lasciato intendere che il negoziato con le Istituzioni dell’Unione Europea non era stato facile, né scontato negli esiti. Dalla sua illustrazione del DEF avevamo capito che con tale modifica si era raschiato il fondo del barile.

Il Presidente Letta ci informa ora che non sarà pagata la rata di giugno dell’IMU. A giugno non pagherà alcun contribuente, ricco o povero che sia, e ciò non riguarda soltanto la prima casa d’abitazione. Il capogruppo del PdL alla Camera, l’onorevole Renato Brunetta, ha poi aggiunto che l’IMU sarà abolita del tutto e che, anzi, si provvederà a restituire ai contribuenti quanto in passato hanno pagato per questo tributo. Per onorare le promesse elettorali del Popolo della Libertà.
Il Presidente Letta viene giudicato competente in fatto di politica economica e riscuote le simpatie dell’establishment italiano, non soltanto in quanto campione di moderazione politica, ma anche perché considerato affidabile come europeista e come fautore dell’economia di mercato.

Proviamo a pensare se, invece del saggio e rigoroso Presidente Letta, un qualunque Pinco Pallino avesse sostenuto i seguenti obiettivi di politica economica, da perseguire contemporaneamente e fermi restando i pagamenti alle imprese che vantano crediti nei confronti di amministrazioni pubbliche: a) rinuncia alla riscossione della rata di giugno dell’IMU; b) rinuncia all’aumento dell’IVA in precedenza programmato; c) rifinanziamento della cassa integrazione in deroga; d) incentivi fiscali mirati per le imprese che decidano di assumere giovani; e) revisione del Patto di stabilità interno, nel senso sottrarre ad esso le spese per investimenti, in modo da consentire un piano di investimenti pubblici decisi e gestiti dalle Regioni e dagli Enti locali. Taccio, per pudore, dell’accenno al reddito di cittadinanza, che pure è stato evocato.
Il povero Pinco Pallino che avesse delineato questo libro dei sogni e che per di più avesse sostenuto che tutto ciò si potesse conseguire senza aumentare il disavanzo pubblico, cioè senza generare nuovo debito, sarebbe stato oggetto di scherno; si sarebbero sprecati i giudizi sferzanti nei suoi confronti: populista, demagogo, irresponsabile, cialtrone, e chi più ne ha più ne metta.

Invece un politico dal volto giovanile, ma di antica scuola democristiana, ha potuto, senza arrossire, promettere questo ed altro e continuare ad essere giudicato credibile.
Faccio un cattivo pensiero: poiché si presume che il Presidente Letta conosca perfettamente il vigente diritto dell’Unione Europea ed il contenuto dei Trattati sottoscritti recentemente dall’Italia, può darsi che largheggi tanto in promesse proprio perché sa perfettamente che qualcuno, a Berlino, ed a Bruxelles, tirerà prontamente il freno, facendo rapidamente quattro conti.

Così il Governo più entusiasticamente filoeuropeo, pronto a parole a realizzare domani gli Stati Uniti d’Europa, sarà purtroppo bloccato dai cattivi euro-burocrati. E il Presidente Letta si trincererà dietro il classico: avrei tanto voluto, ma non me lo hanno consentito.
C’è una distinzione più profonda rispetto a quella che viene più frequentemente richiamata, fra politiche “di destra” e politiche “di sinistra”. La vera frattura è quella che intercorre tra persone serie e persone che serie non sono. Una persona seria non ha l’ossessione di piacere ad un’indistinta opinione pubblica; cerca di essere coerente con i propri convincimenti e di non contraddire la logica e la verità dei fatti. Nel mese di luglio 2012 il Parlamento ha ratificato, a grandissima maggioranza, tre Trattati sottoscritti in ambito europeo, tra i quali quello sul “Fiscal compact”. La questione era allora posta in questi termini: i veri e genuini europeisti non dovevano neppure mettere in dubbio che fosse cosa buona e giusta sottoscrivere quei Trattati. Soltanto gli euroscettici, gli irresponsabili, i populisti, potevano sollevare obiezioni. Dal mio modesto punto di vista, era opportuno chiedersi se le condizioni economiche del Paese potessero sopportare l’applicazione di quei Trattati, e di tante altre normative capestro che nell’ultimo triennio sono entrate a far parte del diritto dell’Unione Europea.

Oggi, a nove mesi di distanza, gli stessi politici sedicenti serii e sedicenti europeisti, chiacchierano, con disinvoltura, di rinegoziare gli impegni assunti in ambito europeo. il nuovo Governo Letta fa finta che il nostro Paese non abbia vincoli e sia libero di fare, in Europa, ciò che vuole. Così continueremo, in Europa e nel mondo, ad essere considerati i soliti Italiani inaffidabili, che non sanno cosa significhi onorare la parola data e che hanno una faccia di bronzo insopportabile. Bravi, bene, continuate così!

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