Giorgio Ragazzi
Nella mia lettera del 13 dicembre avevo previsto che l’eventuale successo del movimento 5 stelle avrebbe portato all’ingovernabilità perché quel movimento riflette istanze che non sono ricomponibili nell’arco destra-sinistra ed un sistema “tripolare” è per natura instabile. Oggi non si vede la possibilità di formare un governo che abbia la fiducia al Senato perché Bersani dichiara “mai con Berlusconi” e Grillo “mai con l’uno o con l’altro”.
Se Napolitano non riuscirà, nel tempo che gli resta, a trovare un governo capace di ottenere la fiducia del Parlamento il paese rischia davvero il collasso, finanziario e sociale. Se anche si riuscisse a raccogliere la fiducia per un governo “tecnico” d’emergenza, con un orizzonte di pochi mesi prima di tornare al voto, il disastro sarebbe solo rinviato di poco. E’ infatti altamente improbabile che in queste condizioni il Parlamento possa approvare una nuova legge elettorale e quand’anche lo facesse resta lo scoglio del bicameralismo perfetto: chi può credere che, rifacendo le elezioni tra qualche mese, uno dei tre “poli” riuscirebbe ad avere una maggioranza sia alla Camera che al Senato? Quale legge elettorale si potrebbe inventare che garantisca questo risultato? Se, dopo nuove elezioni, si ripresentasse una situazione di ingovernabilità che ne sarebbe dell’Italia? Quanto ci costeranno intanto questi 6-12 mesi di vuoto politico in termini di maggiori oneri sul debito pubblico, mancate riforme, aumento della disoccupazione, caduta della produzione?
Il bene del paese richiederebbe oggi la formazione di un governo con un orizzonte temporale di almeno 3-4 anni necessario per cambiare a fondo l’assetto istituzionale: superare il bicameralismo, introdurre una legge elettorale che assicuri la governabilità, magari anche con l’elezione diretta del capo del governo, rivedere l’assetto federale abolendo le province, accorpando i comuni e limitando l’autonomia delle regioni, snellire l’amministrazione pubblica, riformare la giustizia. Un governo che abbia la forza di attuare da subito una vigorosa politica economica di risanamento e crescita e il tempo anche per affrontare con decisione il tema dei “costi della politica”, termine eufemistico per quelli che più propriamente si dovrebbero chiamare ruberie ed abusi.
La formazione di un tale governo “di legislatura” non sarebbe impossibile se PD e PDL decidessero di collaborare, convincendo a farsi da parte Bersani da un lato e Berlusconi dall’altro: non è più tempo per Peppone e Don Camillo. Si potrebbe trovare un personaggio non inviso ad entrambi capace di esprime un programma di coesione nazionale sul quale ottenere il consenso delle componenti maggioritarie dei due schieramenti. Non penso certo ad un altro “professore” o “tecnico, il capo del governo e i ministri dovrebbero essere di alto profilo politico- istituzionale ed espressione di tutte le forze politiche.
L’ostacolo maggiore alla formazione di un tale Esecutivo, oltre alla storica contrapposizione tra PD e PDL, è la percezione del rischio che, se si alleassero, correrebbero entrambi alle prossime elezioni perdendo voti a favore delle loro ali estreme e del movimento 5 stelle. A fronte di interessi elettorali e di partito spero che essi valutino i rischi che sta correndo il paese: ci vuol poco, davvero poco, perché si inneschi una nuova ondata di sfiducia verso il nostro debito pubblico e, non potendo intervenire la Banca Centrale Europea per mancanza di un governo con pieni poteri, si arrivi alla conseguente catastrofe: uscita dall’euro, insolvenza sul debito pubblico, collasso del sistema bancario.