Non è un paese per giovani. I meriti da riconoscere a Matteo Renzi

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ANDREA LEZZI

I giovani e la politica, da sempre un binomio poco affine per il nostro paese. Oggi, dopo decenni di apparente immobilità, il destino del centrosinistra, e forse dell’intero sistema politico italiano, potrebbe cambiare rapidamente. Merito, o colpa, del fenomeno Renzi e dei venti di cambiamento che stanno caratterizzando, uno dopo l’altro, quasi tutti i partiti politici italiani.

Dai governi della prima Repubblica fino ai vent’anni berlusconiani, rarissimi sono stati i casi di reale trasformazione che hanno coinvolto la politica italiana. Dunque, le primarie del centrosinistra ci offrono il pretesto per approfondire la complessa questione del ricambio generazionale e dell’impegno dei giovani in politica.

Ma quella del ricambio generazionale può davvero essere considerata un’esigenza per il nostro paese? Assolutamente si. Lo dicono i numeri che ci parlano di un paese bloccato, incapace di innovarsi e innovare la propria classe dirigente. L’attuale governo, seppur tecnico, ne è l’emblema, risultando il più vecchio d’Europa.

L’ultima ricerca EURISPES ci dice che: “ Le élite al potere hanno le caratteristiche di una vera e propria gerontocrazia, che offre pochi margini al ricambio generazionale, nella quale a contare sono in 8 casi su 10 (79,5%) gli over 50. Il potere si concentra soprattutto nelle mani di quanti hanno un’età compresa tra i 51 e i 65 anni (40,2%) e tra quanti hanno più di 65 anni (39,3%). Solo il 17,5% dei personaggi potenti e celebri ha tra i 36 ed i 50 anni, mentre i giovani (fno a 35 anni) costituiscono uno sparuto 3%.”
Dicevamo di Renzi, dunque, e dell’ormai noto motto della “rottamazione”.

Dall’altro il più cauto “rinnovamento”, annunciato da Bersani. Aldilà degli slogan da campagna elettorale, il tema c’è ed è più che mai urgente. I così detti “dinosauri” che da decenni occupano gli scranni del parlamento sono solo una faccia della medaglia. Anche chi siede nei maggiori ruoli di gestione della cosa pubblica, dalle imprese statali alle municipalizzate, ha come minimo quarant’anni di “carriera “. Nella migliore delle ipotesi sono anziani burocrati di stato, nella peggiore dei pluripensionati collezionisti di cariche pubbliche. E’ possibile che nessuna grande azienda del nostro paese o nessun partito sia in mano a degli under 40? Non si tratta di mero giovanilismo, si tratta di innovazione e investimento nelle nuove generazioni.

Perché in un altro paese Europeo, come la Finlandia, nessuno trovi strano avere un premier di 42 anni? Perché il leader della maggiore potenza mondiale è diventato presidente dopo soli 12 anni dal primo impegno politico ma nessuno lo accusa d’inesperienza?
Il merito di Matteo Renzi è proprio questo: aver portato finalmente in discussione il problema del ricambio generazionale. Un tema solo sfiorato da altri e mai volutamente approfondito. Questo piccolo grande terremoto ha già portato a dei visibili cambiamenti. E’ innegabile infatti che gli scossoni provocati dagli addii di alcuni big della politica siano stati provocati dall’uragano Renzi.
Scossoni che solo in Italia assumono grande rilevanza. In tutti i paesi europei, e non solo, la politica viene vissuta nel senso reale del termine: un impegno parziale e momentaneo al servizio dei cittadini e della cosa pubblica.

E allora perché tormentarci se un leader politico, che ha ricoperto tutti i ruoli possibili, abbandona il parlamento e magari smette di far politica? Se ci fossero stati risultati straordinari e innegabili migliorie per le sorti del nostro paese nessuno avrebbe detto nulla. Invece si deve ammettere che siamo un paese in declino. Incapace, salvo rare e dovute eccezioni, di esprimere reali successi in campo industriale, politico e formativo. Settori da decenni in mano alle solite facce note, che si tratti delle grandi aziende nazionali o di partiti politici. Non si tratta di populismo, ma di crudele realtà. Chiediamoci, quindi, quanto altro debba passare, quanto ancora la generazione del posto fisso e dalla pensione sicura debba gestire in modo semifallimentare le sorti del nostro paese.

Lo scossone Renzi, seppur carico di mille incognite, apre finalmente uno squarcio nell’immobilismo politico degli ultimi quarant’anni, non lasciamo sia una goccia d’acqua in un mare di rassegnazione.

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