Pensioni di invalidità e di guerra oltre il 15 mila euro annuali: soggette all’IRPEF

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Emanuela Piantadosi contro la legge di stabilità varata dal governo: “Si rende noto – si legge in una nota – che con comunicato n. 49 del 09.10.2012 il Consiglio dei Ministri ha confermato l’approvazione del “disegno di legge contenente le disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità) e il disegno di legge contenente il bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015 in cui viene prevista “una rimodulazione di alcune tax expenditures per i redditi superiori ai 15 mila euro” tra queste “si prevede anche l’assoggettabilità ad IRPEF delle pensioni di guerra e di invalidità”.

Il disegno di legge di bilancio e il disegno di legge di stabilità saranno presentati al Parlamento entro il 15 ottobre per il voto finale. L’Associazione Vittime del Dovere ritiene necessario sottolineare che tali provvedimenti andranno a colpire i soggetti che dovrebbero essere maggiormente tutelati, proprio in questo periodo di profonda crisi economica. Non si possono accomunare i tagli agli sprechi con le pensioni degli eroi di guerra o delle forze dell’ordine. Un Servitore dello Stato, invalido, non è un’auto blu! Auspichiamo una revisione, anche in sede di approvazione parlamentare, di tali disposizioni che risultano gravemente lesive dei diritti degli invalidi vittime del dovere, del servizio, di guerra e degli invalidi civili.

L’ Associazione nazionale delle vittime civili di guerra ritiene sia un “oltraggio morale”, un “insulto”, un’umiliazione che non è degna di un paese civile la decisione del governo di assoggettare assoggettare ad Irpef anche le pensioni di guerra. Un provvedimento di cui ancora non si conoscono i dettagli, ma che già viene aspramente criticato. “Se fosse confermato – afferma il presidente Giuseppe Castronovo – costituirebbe un oltraggio morale, oltre che giuridico, immenso, per tutti quei mutilati, invalidi, grandi invalidi, ciechi di guerra e mutilatini di Don Gnocchi e per le loro famiglie, che hanno trascorso gran parte della vita tra atroci sofferenze fisiche e morali, a causa delle invalidità e delle gravi mutilazioni riportate in occasione del secondo conflitto bellico”. “Assoggettare al reddito le pensioni di guerra, peraltro ferme da 25 anni – afferma Castronovo – significa insultare il sacrificio di questi figli dell’Italia, umiliarli e dimenticarli negli ultimi anni della loro già penalizzata esistenza”.

La decisione adottata dal Consigli dei Ministri viene definita sotto il profilo morale “non degna di un paese civile” e sotto quello giuridico “abnorme”. Infatti l’attuale normativa considera la pensione, assegno o indennità di guerra “atto risarcitorio, di doveroso riconoscimento e di solidarietà, da parte dello Stato nei confronti di coloro che, a causa della guerra, abbiano subito menomazioni nell’integrità fisica o la perdita di un congiunto” (art. 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1978) e per questo prescrive che, data la loro “natura risarcitoria”, non costituiscono reddito. Una tendenza che anche la Corte Costituzione, “in numerose pronunce”, ha sempre ribadito, ricordando il “carattere risarcitorio e non reddituale delle pensioni di guerra e dunque la loro non assoggettabilità ad Irpef (cfr. sentenza n. 70 del 1999, sentenza n. 193 del 1994, sentenza n. 204 del 1992, sentenza n. 566 del 1989, sentenza n. 387 del 1989)”.

L’Associazione nazionale vittime civili di guerra chiede dunque al governo “di chiarire con la massima urgenza se effettivamente il disegno di Legge di stabilità approvato dal Consiglio dei Ministri contenga una simile, sciagurata, disposizione, ed in caso positivo di porvi immediatamente rimedio, sopprimendola dal provvedimento”. Al Capo dello Stato, indicato come “altissimo simbolo dei valori di Patria e garante del rispetto dei principi Costituzionali”, si chiede invece di “intervenire affinché una simile norma non veda mai pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale”. La speranza, conclude il presidente dell’associazione che rappresenta “oltre 100mila vittime civili di guerra”, è che “si sia trattato soltanto di uno spiacevole equivoco”.

Affaritaliani.it

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