LIVIO GHERSI
Claudio Fava, candidato alla Presidenza della Regione Siciliana, è stato costretto a ritirarsi dalla competizione elettorale. Circostanza non irrilevante, considerato che tutti i sondaggi lo accreditavano capace di raccogliere una percentuale superiore al dieci per cento del totale regionale dei voti validi. Al suo posto, per la medesima coalizione, ed in una lista regionale che tuttora reca la denominazione “Fava Presidente”, correrà Giovanna Marano. Dirigente sindacale della CGIL, ottima persona, ma certamente non dotata della stessa notorietà del candidato cui subentra.
La circostanza strana di questa vicenda è che è stata anticipata da alcune dichiarazioni del Ministro per l’Interno. Il Ministro sapeva che la candidatura di Fava non soddisfaceva pienamente il requisito della residenza in Sicilia. Ma lo sapeva non dagli atti; considerato che il deposito delle candidature e delle liste regionali non era ancora avvenuto, e che dunque nessuna irregolarità ancora, a quel momento, era stata contestata. Diciamo che il Ministro si è preoccupato, benevolmente, di non danneggiare la coalizione che aveva espresso Fava; affinché l’annullamento della candidatura di questo non travolgesse tutte le liste provinciali collegate. Quindi, per spirito genuinamente democratico, si è lanciato un autorevole avvertimento affinché le forze politiche interessate, in extremis (il giorno prima del termine di presentazione), trovassero altro candidato.
Commentatori malevoli hanno tratto la conclusione che l’episodio sia stato un fatto positivo per la Sicilia: figuriamoci se sarebbe stato capace di ben governare chi ha mostrato di non essere neppure in grado di presentare regolarmente la propria candidatura …
Al di là di queste battute, la vicenda merita di essere approfondita perché è l’ennesima conferma che c’è qualcosa che non funziona nella disciplina del procedimento elettorale; e, prima ancora, nella mentalità da cui questa disciplina discende.
La legge elettorale regionale siciliana richiede, tanto per i candidati alla carica di Presidente della Regione, quanto per i candidati alla carica di deputato regionale, il requisito della residenza in un Comune siciliano. Questo è un fatto. La materia dell’elezione diretta del Presidente della Regione è stata disciplinata dalla legge regionale 3 giugno 2005, n. 7, che ha modificato ed integrato il corpo normativo della legge regionale n. 29/1951.
Si noti che, a far data dal 2001, la legge elettorale per l’elezione del Presidente della Regione e dell’Assemblea regionale è una “legge rinforzata”. Lo prevede l’articolo 17-bis dello Statuto della Regione (introdotto dalla legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2). Nel senso che non può essere modificata con una legge regionale “ordinaria”; ma occorre una particolare procedura (pubblicazione come mero strumento di conoscenza; tempo per l’eventuale sottoposizione delle nuove norme a Referendum confermativo; entrata in vigore delle nuove disposizioni soltanto se confermate dal Referendum).
Leggendo il testo della legge elettorale siciliana, Fava sapeva di dover prendere la residenza in Sicilia e lo ha fatto; per la precisione, nel Comune di Isnello. L’irregolarità che gli è stata contestata discende dalla circostanza che si sarebbe mosso troppo tardi. Gli è stato contestato di non aver rispettato il Testo unico delle leggi per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e revisione delle liste elettorali. Si tratta di una normativa statuale (emanata con decreto del Presidente della Repubblica), molto risalente nel tempo: è del 1967. Una disposizione di questo Testo unico stabilisce che conferiscono il diritto di elettorato attivo soltanto le richieste di cambio di residenza intervenute entro la data di pubblicazione del manifesto di convocazione dei comizi elettorali.
Il decreto di convocazione dei comizi elettorali è stato pubblicato in un’edizione (straordinaria) della Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana del 21 agosto 2012. Ai sensi dell’articolo 11 della legge reg. n. 29/1951 l’affissione, a cura dei Sindaci, del manifesto di convocazione dei comizi elettorali deve avvenire entro il 45° giorno antecedente la votazione, cioè, nel nostro caso, entro la data del 13 settembre 2012. L’intervallo temporale tra il 21 agosto ed il 13 settembre è molto stretto: ventiquattro giorni, per di più in periodo estivo. Fava è riuscito ad ottenere l’iscrizione nelle liste elettorali di un Comune siciliano soltanto pochi giorni dopo il 13 settembre. Dunque, la sua iscrizione non soddisfa quanto richiesto dal Testo unico; dunque la sua candidatura è irregolare. Un “vizio insanabile”, come, sempre benevolmente, si affrettata a precisare il Ministro dell’Interno.
Cose ormai note e risapute, si dirà.
Ciò che, invece, finora non è emerso è che non c’è una disposizione di legge regionale siciliana che, espressamente, preveda l’applicazione del Testo unico citato alla fattispecie della candidatura per la carica di Presidente della Regione. Tale applicazione non costituisce un automatismo, perché il Testo unico disciplina l’elettorato attivo, ossia la condizione di tutti i cittadini elettori, mentre la candidatura alla carica di Presidente della Regione costituisce un caso particolare di elettorato passivo. Di conseguenza, il Testo unico si applica in forza di un’interpretazione, che finora non è stata contestata. Ma che avrebbe potuto essere contestata. Basta usare un po’ di buon senso. Quanti possono essere in tutto i candidati alla carica di Presidente della Regione, espressi da tutte le forze politiche, anche le più fantasiose? Diciamo venti, per tenerci larghi. Quanti fra questi candidati hanno bisogno di portare la propria residenza in un Comune siciliano? Diciamo tre, sempre per tenerci larghi (anche se, nel nostro caso, si trattava del solo Fava). E’ possibile che nel 2012 non si possa ottenere che i Comuni della Sicilia, nel caso di una richiesta di residenza collegata alla candidatura alla Presidenza della Regione, siano tenuti a sbrigare questa pratica con massima urgenza? Che non si possa trovare niente di più veloce di quanto previsto dalla normativa del 1967?
Poiché, come si è detto, la legge regionale n. 29/1951, come modificata ed integrata dalla legge 3 giugno 2005, n. 7, ha il rango di una legge rinforzata, è costituzionalmente legittimo che una norma contenuta altrove, risalente ad un periodo molto precedente (il 1967), e non avente lo stesso regime di pubblicità delle norme che fanno parte della legge regionale n. 29/1951, condizioni in un modo così pesante l’applicazione della normativa approvata dall’Assemblea regionale e poi confermata dal Corpo elettorale con apposito Referendum confermativo?
L’espressione “vizio insanabile”, utilizzata dal Ministro dell’Interno, aveva un significato preciso: è inutile che il Candidato Fava faccia ricorso all’organo competente, in caso di sua esclusione dalla competizione elettorale. Questo era appunto l’obiettivo che intendevano raggiungere i solerti suggeritori che hanno imbeccato il Ministro (non si può pretendere che conosca, nei minimi dettagli, pure la legge elettorale regionale siciliana).
Invece, in un eventuale ricorso si sarebbe potuto far valere il fatto che l’articolo 10-bis della legge reg. n. 29/1951 attribuisce rilevanza alla circostanza che «sia intervenuta una conclusione anticipata della legislatura ai sensi degli articoli 8 bis e 10 dello Statuto»: se si considera normale che siano dimezzati i termini per rimuovere addirittura le cause di ineleggibilità, perché invece tanto rigore nel pretendere il puntuale rispetto del termine di 45 giorni prima della data delle elezioni, per il requisito dell’iscrizione nelle liste elettorali di un Comune siciliano?
Il succo della questione è: il candidato Fava non soltanto non ha beneficiato delle misure di favore previste, in generale, quando c’è una conclusione anticipata della legislatura; ma gli si è fatto il grazioso regalo di applicargli disposizioni peggiorative (non espressamente previste dalla legge reg. n. 7/2005) e che discendono da una vecchia normativa dello Stato.
Il procedimento elettorale — penso io che sono un ingenuo — dovrebbe essere più semplice possibile, in modo da favorire la partecipazione dei cittadini che intendano candidarsi. Questa è la logica di una libera democrazia. Invece, la materia delle regole elettorali è il terreno preferito dagli esperti e dai maneggioni che voglio fregare il prossimo. C’è sempre un termine “più nascosto” per fregare, al momento buono, un candidato scomodo.
Questo si chiama “lavoro sporco”. E dovremmo finirla con questi metodi, una buona volta.