MARTINA CECCO
Capiamoci, per non cadere in una apologia della crisi. Facciamo i conti nelle nostre tasche e guardiamo alle nostre vite, per rapportarci come parametro al mondo che ci circonda. Non è scientifico, ma serve per scrollarci di dosso questa maschera da scheletri della crisi che ci fa passare dallo “status” di popolo operoso allo “status” di disperati senza arte né parte. La Nazione è la Sua cultura. L’economia di una nazione è il frutto di quella cultura.
Secondo i dati ufficiali che sono stati diffusi da diverse agenzie e istituti autorevoli che analizzano la situazione economica dell’Italia ci sono delle incongruenze che non si spiegano tanto facilmente .. e non parliamo in questo caso dei Parlamentari e dei loro vergognosi stipendi, sarebbe troppo facile, parliamo invece di etica economica a partire da un interessante intervento: “Il consumo dopato è la malattia non la cura” datato Maggio 2012 e pubblicato da RetailWatch della prof. Sr. Alessandra Smerilli della Università Pontificia di Roma, che parla di consumi. Secondo questo intervento sarebbe la mancanza di un etica del consumo, deviata da un mercato e da una industria dopata, la malattia finale di un sistema da ripensare, quello attuale.
Dati alla mano viviamo in uno Stato in cui troviamo su gomma 35 milioni di autovetture per 60.813.326 di abitanti al 30 novembre 2011. Di questi nel 2008 il 68,5% possiede la casa in cui vive, mentre il 18,9% è in affitto ed il 12,6% dispone di un appartamento in usufrutto o a titolo gratuito secondo l’Istat. Ma lasciamo in pace almeno l’essenziale per poter vivere bene, sappiamo di essere cresciuti in una nazione abbastanza felice dal punto di vista abitativo, dove la tradizione alla residenzialità e l’impegno al lavoro non sono mai mancati.
Vediamo invece come sono collocati gli italiani a livello di beni mobili e transitori: secondo una analisi curata da Eco consumi nelle famiglie italiane c’è solo 1 pc ogni 4 persone mentre l’81,4% degli italiani ha almeno un cellulare, ma solo il 35,4% ne ha solo uno; il 25,7% infatti ne ha due, l’11,5% tre e l’8,8% quattro o pià di quattro. Sì d’accordo il cellulare può costare anche pochissimo, ma non sono l’acquisto e il possesso a farne la spesa, bensì l’uso, esattamente come per una automobile, sommiamo a questi cellulari anche il telefono fisso.
Sempre secondo i dati statistici ci vien detto poi che il 54,7% delle famiglie degli intervistati Eurispes non arriva a fine mese, dato che cambia secondo il Censis, per cui il 18,8% delle famiglie italiane assediate da bollette, tariffe e fisco, non riesce ad arrivare alla fine del mese, mentre il 53% riesce a sostenere la spesa dei consumi con il proprio reddito e il 28,2% dei nuclei familiari è in grado di risparmiare. Nel 2008 la metà degli italiani progettava le ferie e partiva, ora solo 20,4 milioni di italiani lo farà.
I disoccupati, sempre secondo l’Istat sono 2 milioni 615 mila aggiornati al 1 di giugno scorso, poco più di 200 mila persone hanno deciso di aprire una azienda, dandosi partita iva come singolo o come società e data la mortalità delle nostre partite iva siamo in un vero e proprio record mondiale.
Qualcosa non va per il verso giusto nel nostro paese, manca qualcosa, forme di contratto leggi, forse solo mancanza di accordi di Governo sullo stile economico che si vuole cavalcare. Fino all’inizio degli anni ’90 ci hanno fatto credere che eravamo nel boom economico e ci siamo tutti modernizzati. Sono seguite l’era degli investimenti e l’era della tecnologia e della società dei servizi. Ora che ci siamo riempiti le case di ogni bene e che abbiamo quasi smesso di fare i “lavori sporchi” che abbiamo cercato di delegare “ad altri” per primi gli stranieri, sempre però cercando di attaccarli su ogni fronte se sconfinano dalle necessità nazionali, siamo impantanati nel nostro giaciglio, in preda alle più terribili convulsioni da crisi economica .. come se da un giorno all’altro ci dovesse realmente mancare il pane quotidiano. Forse è il momento di decidere che cosa vogliamo cambiare e che come vogliamo fare rinascere l’Italia, una nazione che è un fiore del turismo, un gioiello dell’agricoltura e una rete fitta e intensa di servizi, anche se al Governo vorrebbero farla passare come uno straccio “senza sugo” che ha bisogno solo di tasse e di leggine ad-personam.
Alla luce dei dati che sono stati esposti sopra e guardando alla concretezza delle nostre vite, dove tutti stiamo saggiando e toccando con mano la pressione fiscale, l’aumento dei costi dell’energia, l’aumento dei costi del carburante e la flessione labile dei prezzi di mercato dei beni di largo consumo, non possiamo non interrogarci anche sul destino della nostra attuale economia nazionale, dove è naturale che ci siano delle flessioni sensibii nei consumi e negli acquisti e dove è evidente che manca un parametro stabile su cui fare affidamento per capire dove sta la origine dell’assestamento economico che stiamo vivendo.
Dati come quelli che sono stati esposti oggi dall’Istat, che ci parla di una flessione della produzione industriale in Italia, eccetto i settori estrattivo, energetico e alimentare, non sono una casualità, specie se li leggiamo considerando, come dicevamo sopra, la politica dopata della produzione industriale che è stata condotta come antidoto alla diminuzione del fatturato, in altre parole il vantaggio di un sistema “usa e getta” che punta al consumismo e alla sovraproduzione per giustificare un andamento di mercato VS una economia più aderente alle reali necessità del mercato.