Quattro ore a Cavezzo

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LORENZO MAZZONI

fotografie di Alberto Gigante

Abbiamo rifatto lo stesso percorso dei giorni scorsi. Strade secondarie, seguendo le indicazioni di “Deviazione”. Abbiamo tagliato il paese semideserto di San Carlo, reso “impraticabile” per l’innalzamento della Sabbia Nera. Ci siamo lasciati alle spalle Sant’Agostino e gli altri comuni della provincia ferrarese colpiti dal terremoto del 20 maggio e ci siamo diretti verso Mirandola, San Felice, Cavezzo e Medolla, i paesi del modenese dove la nuova scossa ha prodotto i danni materiali ed umani più ingenti: almeno diciassette morti (che si sommano ai sette della settimana scorsa), oltre quattordicimila sfollati, trecentocinquanta feriti.

Di fronte alla chiesa crollata di Rivara sono appesi degli striscioni alle ringhiere delle case: “No Gas. Progresso sì, ma pulito e sicuro”. Sono i messaggi di protesta “visiva” dei cittadini di questa piccola frazione di San Felice sul Panaro. Pare che nel sottosuolo si stia progettando un sito di stoccaggio sotterraneo di gas metano a uso energetico che avrebbe una capacità di 3.700 milioni di metri cubi di gas, di cui circa 3.200 milioni di metri cubi di working gas (il gas iniettato a pressione, e successivamente ri-estratto) e 500 milioni di metri cubi di “cushion gas” (gas cuscinetto, utilizzato per mantenere “isolato” il “working gas”). Il progetto è considerato da molti residenti pericoloso, soprattutto adesso che il territorio è stato colpito da movimenti tellurici così violenti.

San Felice sul Panaro è pervasa da una frenesia collettiva e da un senso di spaesamento e paura. Tanti volontari, vigili del fuoco, carabinieri, la protezione civile. La colonna mobile regionale di quest’ultimo dipartimento, ha allestito una tendopoli nel cortile della scuola. Invaso anche da moltissimi anziani sui letti, portati lì da diverse strutture di accoglienza, e da abitanti del paese. C’è uno spiazzante aroma di primavera e di torta. Volontari passano con vassoi colmi di crostata a dare un pizzico di sollievo agli sfollati radunati nel cortile. Qualche cameraman e qualche giornalista, nessun celebre volto, per carità, aiuta gli uomini della protezione civile a spostare gli anziani sui letti all’ombra dei grandi alberi. Al campo sportivo, intanto, è arrivato qualche ministro, qualcuno delle istituzioni. Vengono caricati nelle fiammanti auto blu e scortati da macchine dei carabinieri e dei vigili del fuoco fuori dal paese. Passando per strade che evitano accuratamente di mostrare a questi “ospiti mordi e fuggi” i danni più consistenti, il corteo si dirige verso la campagna, in direzione di Finale Emilia. Un volontario, ex alpino, saluta l’uscita di scena delle celebrità bevendosi un sorso di vino dalla bottiglia che tiene appoggiata su un muretto. Di fronte alla Rocca Estense, parzialmente crollata, una conduttrice di qualche trasmissione tv per casalinghe annoiate, sbraita inferocita perché esponenti del comitato cittadino No-Gas stanno parlando troppo forte ai microfoni di qualche giornalista free-lance rovinandogli la diretta.

La strada per Medolla è un cimitero di fienili e case distrutte. Dalle macerie compaiono tetramente letti, armadi, libri, pentole. Tutta una vita di quotidianità andata in pezzi in pochi secondi. Delle persone affaticate gettano pietre della propria abitazione su un cumulo di altre pietre che dovevano essere, probabilmente, il primo piano schiantatosi al suolo. La strada procede fra capannoni diventati macerie, immagine metaforica della disoccupazione che è calata improvvisa su questa terra. Il terremoto è una strage, e questa è una strage operaia. Mentre scriviamo si scava ancora per cercare i lavoratori colpiti dentro i capannoni durante il proprio turno di lavoro. Un’economia in ginocchio. Un sistema artigianale e di piccole e medie industrie paralizzato. Nessuno si aspetta gli aiuti, che probabilmente non arriveranno. Si va avanti. È questo lo slogan che il resto d’Italia ci ha imposto.

Mirandola è il luogo delle celebrità. In uno dei paesi più ignorati dopo la scossa del 20 maggio, nonostante danni ingentissimi, si sono dati appuntamento tutti i volti noti della tv. Sono tutti arroccati in un punto sicuro, come a dire “Anche noi ci siamo. Siamo sul pezzo. Però se ci va il cameraman da solo a riprendere le case danneggiate da vicino è meglio”. Non si sa mai che si sporchino la camicia. Così ripetono all’Italia tutti le stesse cose. Parlano delle chiese e dei palazzi. Gli operai emiliani vengono dopo. Una signora evacuata che chiede a gran voce che informino più capillarmente l’Italia sui danni-vittime del lavoro, viene allontanata perché disturba la diretta. Allontanata con un gesto di “sciò, via”, come se fosse un cane. Consolata dall’ennesima conduttrice tv che la abbraccia e ammicca al suo operatore di filmare il gesto di empatia che in questi casi fa tanto audience.

Tagliamo il centro storico, per quanto i limiti della sicurezza impongano di evitare diverse strade. Di fronte al municipio transennato troviamo il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani che risponde alle domande, spontanee, di YouDem, la televisione ufficiale del Partito Democratico. Niente di nuovo sotto il sole. Ci spostiamo a chiacchierare con un signore che ha perso la casa e che ci racconta dei problemi del nuovo alloggio temporaneo per il figlio disabile e degli sciacalli travestiti da volontari della protezione civile.

Torniamo indietro per le stesse strade percorse all’andata. Il sole del tardo pomeriggio riflette un estraniante senso di vuoto sulle rovine e sulle abitazioni uscite indenni dal terremoto. Passiamo per Buonacompra e notiamo che il campanile è ancora in piedi. Qualche giorno fa parroco e abitanti della piccola frazione ci avevano detto che era stata garantita la demolizione entro domenica 27 maggio. Probabilmente si aspetta che crolli sulle case sottostanti, tutte agibili. Nonostante il forte pericolo “vibrazioni”, le campane, elettriche, del campanile precario, continuano a suonare.

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