India: risalgono le quotazioni di Rahul Gandhi per la successione

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di ANTONIO PICASSO

NEW DELHI – Nella più vasta democrazia del mondo, il problema della successione rischia di essere risolto come se si fosse in una monarchia. In questi giorni, l’India ha appena assistito al ricovero e alla pronta guarigione di Sonia Gandhi, la vedova italiana di Rajiv e leader ombra del Partito del Congresso.

La statista, nata a Luisiana (Vicenza) nel 1947, ha assunto de facto il controllo della attuale coalizione di governo vent’anni fa, dopo l’assassinio del marito. Nei giorni scorsi, le indiscrezioni avevano fatto credere che
la Gandhi fosse stata ricoverata in una clinica di New York perché affetta da un tumore. Le autorità indiane, pur non avendo fatto luce sulla tipologia del male, hanno dichiarato che l’illustre personalità è comunque già sulla via della guarigione.
L’episodio dà un’accelerata al cambio della guardia che si pensa avverrà a breve al vertice della United progressive alliance (Upa), la coalizione di governo di cui il Congresso è il partito più importante. Gli scandali di corruzione che annebbiano l’immagine dell’esecutivo, l’età del premier Singh (79 anni a settembre) e ora un potenziale ritiro a vita privata di Sonia Gandhi fanno da sommatoria per un ringiovanimento dell’Upa. Resta però l’incognita su chi possa assumere un incarico tanto oneroso. L’India è in piena velocità nell’ affermarsi come superpotenza mondiale. Prima contro la Cina, ma non si può escludere che, in futuro, riuscirà a dare del filo da torcere anche agli Usa.

Nel 2010, l’Upa è rimasta impantanata nel più grosso scandalo di tangenti nella storia dell’India post-coloniale. L’inchiesta si è concentrata sulla svendita di concessioni governative per l’installazione di una rete wireless
di seconda generazione (Second generation – 2g). Il dossier investigativo, “2g spectrum scam”, ha chiamato in causa le tre più importanti compagnie telefoniche del sub continente: Swan Telecom, Unitech Wireless e Releiance Telecom. A conti fatti, si è giunti a far luce su una perdita del Tesoro ederale di 39 miliardi di dollari. Il ministro delle telecomunicazioni, Andimuthu Raja, è stato costretto a rassegnare le dimissioni.
Successivamente, pur avendo ribadito sempre la propria innocenza, Raja è stato arrestato.
Dalla vicenda è stato lambito, ma non coinvolto, lo stesso primo ministro. Una situazione simile si è avuta con la disputa a New Delhi, nell’ottobre 2010, dei Commonwealth Games, sorta di giochi olimpici di matrice esclusivamente anglofona, ma depauperati della veste coloniale originaria. L’edizione indiana sembra che abbia creato un giro di tangenti e prebende mai registrato.

L’Upa, a questo punto, rischia il disgregamento. Finora il carisma personale di Singh ha attutito i colpi. Ciononostante, è difficile prevedere quali altre personalità potrebbero essere chiamate in causa dal “2g spectrum scam”. Il dossier sui giochi del Commonwealth non è stato ancora aperto. Per quanto riguarda la successione, non meno di sei mesi fa si parlava con certezza di Rahul Gandhi, figlio d’arte e appena 41enne, come del futuro premier indiano. L’ultimo rampollo della grande dinastia, in effetti, ha già ricevuto il placet di Sonia per assumere incarichi di rilievo. Oggi, il giovane Gandhi è segretario nazionale del Partito del congresso e siede in parlamento.

Tutto secondo i piani materni. Tuttavia, proprio questo atteggiamento da soft monarchy, frutto della tradizione castale, potrebbe mettere in crisi il fine arazzo intessuto dal premier Singh affinché l’immagine democratica dell’ India appaia credibile a tutti gli effetti. Da qui la formulazione di una rosa di tre papabili premier, nel caso il governo cadesse prima della scadenza biologica fissata nel 2014, termine della legislatura. Si tratta dell’attuale ministro dell’interno, Palaniappan Chidambaram, Digvijav Singh e Pranab Mukherjee, rispettivamente governatore dello Stato del Madhya Pradesh e titolare del dicastero delle finanze.
Il primo ha ricevuto la benedizione di Singh e, al momento, gode del plauso di Washington. Per Sonia Gandhi, però, è troppo tecnico e poco politico. In questo senso, l’India ha già vissuto la fase di un ottimo economista al potere, com’ è appunto Singh. Adesso chiede un leader alla stregua di Indira e Rajiv Gandhi. Digvijav Singh, a sua volta, è un discendente dei maharaja del Raghogarh-Vijaypur. È inoltre un rajput, uno dei maggiori gruppi della casta induista Kshatriya (guerrieri), i cui rappresentanti ora sono molto frequenti nelle Forze armate. Tutor politico di Rahul, Digvijav Singh avrebbe le carte in regola per assumere il controllo del Paese.

Ciononostante, mentre su Chidambaram pesa il fallimento della gestione della crisi maoista nel 2010, per Singh torna difficile riscuotere consenso presso le sedi federate del nord dell’Unione. In tal caso, si inserirebbe Mukherjee. Il suo fianco debole sta nel mancare di appoggi significativi. Né Manmohan Singh né i Gandhi hanno espresso alcun giudizio sulla sua persona. È un silenzio che fa pensare all’ indifferenza. I notisti indiani considerano questa congiuntura estremamente delicata. Se il governo riuscisse a superare gli scandali senza altri eccessivi scossoni, potrebbe anche terminare la legislatura. Nel 2014 però, è molto probabile che scatterebbe un meccanismo di alternanza che è proprio di tutte le democrazie moderne. Un segnale di esplicito disagio collettivo può essere colto nelle proteste che hanno interessato New Delhi appena mercoledì. Sono stati migliaia i giovani che hanno partecipato al corteo organizzato dal Bjp. Tuttavia, osservando le alternative alla tanto articolata coalizione dell’Upa, non si riscontra nulla di adeguato per poter assumere la guida del potere.

Il partito di opposizione Bharatiya Janata Party (Bjp), al momento, sta cavalcando l’onda del malcontento. Come dimenticare, però, gli inciampi in cui era caduto il governo di Vajpayee? Se non ci fu corruzione – ed è tutto da dimostrare – il lungo periodo di potere nelle mani del Bjp (1998-2004) è stato caratterizzato da altrettanti scandali. A questo punto, non resterebbe che un rimpasto dell’esecutivo attuale.
La domanda è: Manmohan Singh è disposto a lasciare spazio ai suoi successori? Contro di lui c’è, in effetti, una forza sociale importante. É quella classe dirigente in via di formazione su cui l’intero Paese sta investendo.

Nuove generazioni di manager e tecnici, spesso con una preparazione e una visione internazionale. Incrociando i rilevamenti più aggiornati dei rapporti di McKinsey e della Deutsche Bank, emerge che l’India vanta la più vasta middle class del mondo. Si tratta di 40 milioni di persone con un reddito racchiuso in un delta fra gli 11mila e i 21mila dollari annui e che risponde quindi agli standard di benessere secondo i parametri occidentali. Non si tratta di ricerche concentrate esclusivamente sul reddito. Per ottenere una radiografia completa della società indiana, si è fatta luce anche sul livello di istruzione e sulle opportunità di vita dei campioni. Associando questa fascia di borghesia con il valore dell’età media, 26 anni come già indicato, si giunge alla conclusione che la sicurezza politica dell’India non è conservata nelle mani dell’establishment attuale, bensì in quello futuro. I giovani indiani sono l’ossatura di quegli oltre 700 milioni di elettori che nel 2014 saranno chiamati alle urne. Cittadini sui quali non grava più il peso dell’India post-coloniale, emblema del Terzo mondo e della fame. E nemmeno è d’intralcio la segregazione in caste della società nazionale, retaggio ancora esistente, ma sempre più diluita. Specie nelle metropoli.

In tal senso, risalgono le quotazioni in favore di Rahul Gandhi. Nato nel 1971, egli ha vissuto in prima persona la corsa del suo Paese nella globalizzazione. Bizzarro, allora, pensare che il domani della potenza più veloce al mondo è in termini di evoluzione e cambiamenti – possa essere caratterizzato dalla carta pseudo-monarchica, com’ è quella del passaggio di potere esclusivamente in seno alla famiglia Gandhi.
Bizzarro sì. Ma squisitamente indiano.

pubblicato su Liberal

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