Liberalsocialismo e liberalsocialisti

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1915

Carlo Rosselli, Guido Calogero e Norberto Bobbio

di GIUSEPPE NUCCETELLI

Nel sesto incontro delle «Lezioni Norberto Bobbio» (organizzate dalla «Fondazione Critica Liberale» e dal «CICL»), il Prof. Gennaro Sasso ha affrontato il tema del liberalsocialismo presentando tre diversi modi di essere liberalsocialisti: quello di Carlo Rosselli, di Guido Calogero e di Norberto Bobbio.
Si tratta di tre figure per alcuni aspetti anche molto diverse tra di loro per formazione, estrazione, carattere, personalità, pensiero e temperamento intellettuale. Rosselli, ad esempio, era piuttosto uomo politico, d’azione, mentre Calogero e Bobbio potremmo vederli come studiosi prestati alla lotta politica.

Il contributo di Rosselli (il cui pensiero ha trovato espressione nel libro «Socialismo liberale»), secondo il Prof. Sasso, fu quello di aver ripensato l’esperienza socialdemocratica mettendo in contatto liberalismo classico e socialismo, dopo una critica forte e netta del determinismo marxista. Se con Rosselli è più giusto parlare di socialismo liberale che di liberalsocialismo e se il teorizzatore del liberalsocialismo fu Calogero, per il Prof. Sasso sarebbe però sbagliato tracciare una linea continua che porti, appunto, dal socialismo liberale di Rosselli al liberalsocialismo calogeriano e post-calogeriano, esistendo una grande differenza di impianto concettuale tra i due.

Alla luce di questa riflessione, stupisce meno la difficoltà (affermata dallo stesso Prof. Sasso) di inserire pienamente Bobbio nel liberalsocialismo di concezione calogeriana: se è vero che Bobbio ne condivideva le istanze fondamentali (separazione dei poteri, pluralismo, difesa delle libertà democratiche, apertura alle istanze sociali, ecc.), è tuttavia vero che le differenze filosofiche con Calogero non erano trascurabili. Il liberalsocialismo si diffuse inizialmente in Toscana ed a Roma e, proprio nella capitale, fece la sua prima «apparizione in pubblico» nella coraggiosa conferenza dal titolo «Intorno al concetto di giustizia» che Calogero tenne nel 1941, in piena guerra ed ancora sotto il ferreo controllo della polizia fascista.

Nonostante fosse un teorico della libertà, Calogero riteneva che il concetto unitario di libertà (caro all’idealismo crociano) dovesse scomporsi in una diade per accogliere il principio di giustizia accanto a quello di libertà, pur restando questi strettamente legati da un vincolo interno realizzantesi sul terreno delle istituzioni. Questa visione duale della libertà (libertà presupposto e libertà concreta) fu ovviamente osteggiata da Benedetto Croce. Il dibattito tra i due fu intenso, a volte aspro ma anche divertente: si pensi alle figure del traghelafo e dell’ircocervo cui ricorse Croce e che Calogero, uomo di spirito, non mancò di riprendere. È ancora sul concetto di libertà che si innestano le differenze tra Bobbio e Calogero e che hanno portato il Prof. Sasso a nutrire qualche dubbio a considerare Bobbio liberalsocialista alla maniera di Calogero. Bobbio, a volte lo si dimentica, era prima di tutto un filosofo del diritto e, per l’esattezza, un positivista giuridico. Se, dunque, Calogero vedeva il diritto come «strumento di azione morale e politica», Bobbio considerava il diritto come «esigenza coerente un sistema di norme».

Ma, allora, in che senso Bobbio può essere annoverato tra i liberalsocialisti? Egli distingueva tra teoria generale del diritto (intesa come costruzione del sistema giuridico e vaglio della sua coerenza interna) e filosofia del diritto (intesa come indagine dei valori espressi dall’ordinamento e loro sottoposizione alla «prova della valorizzazione»). Il filosofo del diritto, così inteso, opera una critica del diritto vigente per una sua riscrittura al fine di rendere conforme alla norme le azioni ispirate a valori diversi. La disposizione liberalsocialista di Bobbio risiederebbe, dunque, in questa visione della filosofia del diritto come disposizione alla trasformazione del mondo alla luce dei valori di libertà e giustizia.

pubblicato il 24 luglio 2005.

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