La nomination di Gingrich: fra estremismo e ipocrisia repubblicana

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di DOMENICO MACERI

Nel 1995 Newt Gingrich, presidente della Camera dei rappresentanti, chiuse le porte del governo per una settimana perché non voleva approvare una legge che aumentasse le spese del governo. Adesso, Gingrich suggerisce qualcosa di più drastico per risolvere i bilanci degli Stati che si trovano in condizioni precarie. In un recente articolo scritto insieme a Jeb Bush, ex governatore della Florida e fratello dell’ex presidente George, pubblicato sul Los Angeles Times, Gingrich sostiene che la bancarotta sia la soluzione. Dichiarando bancarotta gli Stati si potrebbero proteggere dai creditori e non pagare i costi per tutti i servizi che devono offrire e ovviamente abrogare i contratti con gli impiegati statali incluso le loro pensioni.

La bancarotta consiste dell’ultima carta per i repubblicani per sfamare la bestia, ossia il governo, togliendogli tutti i fondi e ricominciando daccapo offrendo servizi limitati e colpire naturalmente i sindacati visti come responsabili della crisi economica.
Andare in bancarotta non è facile per gli individui anche se offre un minimo di protezione temporanea ma con notevoli conseguenze negative. Per un’azienda la bancarotta a volte è possibile ma anche qui si tratta di serie situazioni.

La bancarotta per una città è legale negli Stati Uniti e anche se non tipica può avvenire. È successo nella Contea di Orange, California del Sud, non lontano del noto parco di divertimenti di Disneyland. Ci sono voluti diciotto mesi per la ripresa della città ma il grande vantaggio secondo la destra è che non si sono aumentate le tasse.
La legge federale non permette agli Stati di dichiarare bancarotta quindi non ci sono possibilità che ciò avvenga.
Si tratta solo di un’idea radicale che spinge il concetto antigoverno ad un punto estremo. Sorprende che i proponenti di quest’idea siano Bush e Gingrich. Per il primo si tratta di un repubblicano di reputazione moderata il quale sarebbe dovuto diventare presidente invece del fratello. Ovviamente Jeb non ha perso le speranze e ci sono possibilità che fra non molto riemerga a galla come candidato per la Casa Bianca non per il 2012 ma più in là.

Gingrich, da parte sua, ha già suggerito che sta facendo un pensierino per il 2012. In un suo intervento ha dichiarato che i leader alla nomination repubblicana al momento sono Mitt Romney, ex governatore del Massachusetts, Sarah Palin, ex governatore dell’Alaska, e Mike Huckabee, ex governatore dell’Arkansas. Tutti e tre hanno partecipato all’elezione del 2008. Romney e Huckabee come candidati presidenziali eventualmente sconfitti da John McCain per la nomination repubblicana. La Palin come eventuale vice di McCain.
In un’intervista al Columbus Dispatch di Detroit Michigan, Gingrich ha detto che Romney è il primo per quanto riguarda la raccolta dei fondi, la Palin al primo posto per la celebrità, e Huckabee è il primo nei sondaggi.
Non delle belle raccomandazioni per i suoi possibili rivali. Ma poi Gingrich non ha una reputazione di chierichetto. Quando era speaker della Camera negli anni novanta si dimostrò leader della crociata contro Bill Clinton facendo tutto il suo possibile per mandare giù il presidente per il noto affaire con la stagista Monica Lewinsky.

Allo stesso tempo Gingrich era coinvolto in un rapporto adultero con una sua assistente che poi divenne la sua terza moglie. Ma questa non era la prima né l’unica volta che Gingrich si era dimostrato colpevole di infedeltà e di ipocrisia. Durante la sua prima corsa per la Camera dei Rappresentanti nel 1978 usò lo slogan “lasciate che la nostra famiglia rappresenti la vostra alla Camera”. Anche a quei tempi aveva un’amante. Secondo un resoconto chiese il divorzio alla sua prima moglie quando lei si trovava all’ospedale mentre si stava recuperando da un’operazione.

Gingrich è noto come un intellettuale ma gli sarà difficile fare dimenticare agli americani i suoi problemi con la verità. Se lui tradisce le persone a lui care farà la stessa cosa con il Paese?
In un certo senso lo ha già fatto. Nel 1997 la Camera che lui presiedeva lo rimproverò con un voto di 395 a 28 di problemi etici e lo costrinse a pagare una multa di trecentomila dollari. Poco tempo dopo diede le dimissioni.
Si candiderà Gingrich alla nomination repubblicana? È possibile. Gli americani hanno memoria corta come dimostrano gli aumenti dei consensi favorevoli di George Bush nonostante la sua disastrosa politica. La riabilitazione di Bush darebbe al fratello Jeb sempre più speranze

*Domenico Maceri, PhD della Università della California a Santa Barbara, è docente di lingue a Allan Hancock College, Santa Maria, California, USA. I suoi contributi sono stati pubblicati da molti giornali ed alcuni hanno vinto premi dalla National Association of Hispanic Publications.

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