Un giovane tunisino

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di STEFANO PIETROSANTI

Nel 1789, i patrioti francesi accesero la miccia della modernità. Il popolo, per il diritto incarnato nella dignità dell’uomo che si esprime tramite l’aspirazione alla libertà, dimostrò che nessuna forza oppressiva sarebbe mai stata capace d’arrestare la rabbia figlia dell’umiliazione di colui cui la libertà di decidere del proprio destino – di uomo e di cittadino – venga negata.
Voglio ricordare questo nell’introdurre l’intervista a Osama Al Saghir, fondatore ed ex presidente dei Giovani Musulmani Italiani, cittadino tunisino rifugiato in Italia.

Stefano Pietrosanti – Cominciamo da te, quando ti sei trasferito in Italia? Per quali motivi?
Osama Al Saghir – Sono arrivato in Italia nel 1994, a seguito dell’inasprirsi della repressione del Governo di Ben Alì contro gli attivisti dell’opposizione e in particolare del Nahda, il partito islamico in cui militava mio padre.

SP – Che cos’è Nahda?

OAS – E’ un partito islamico che cerca di costruire un rinascimento democratico, richiamandosi alle basi culturali e religiose arabe e islamiche. Presentarla come una forza schierata su posizioni estremiste è stata una delle manipolazioni portate avanti dal regime con il tacito assenso di molti media globali; in realtà è stato criticato dalla stessa Fratellanza Musulmana per le sue posizioni moderate.

SP – Come è arrivato al potere Ben Alì?

OAS – Nel 1987 questo signore, prima ufficiale dell’esercito e ambasciatore, riuscì nel portare a termine un golpe contro il suo predecessore, Bourguiba, facendolo dichiarare incapace di governare a causa della vecchiaia da un’equipe medica. Il golpe fu appoggiato da vari servizi segreti occidentali, in primo luogo da quelli dell’Italia di Craxi. Inizialmente Ben Alì promise di attuare una serie di liberalizzazioni e si attenne a una condotta pacifica, ma presto dimostrò la natura oppressiva del suo potere, schiacciando i partiti di opposizione e spacciandosi in Occidente per un nemico dell’islamismo radicale, tendenza che in Tunisia non è stata né influente, né forte, né radicata. Le principali potenze accettarono il ruolo che si proponeva di coprire, se non altro per difendere i propri interessi economici nella regione. Oltretutto, a differenza di Bourguiba, le sue azioni non erano nemmeno espressione di una visione intellettuale: Bourguiba fu pur sempre l’uomo che sognò e disegnò una Tunisia modernizzata, laica, influenzato da Ataturk; fu l’uomo che schiaffeggiò Gheddafi per una delle sue sparate anti-occidentali. Ben Alì è stato semplicemente un rozzo repressore di ogni dissenso, che alla fine non è riuscito nemmeno a mantenere una parvenza di efficienza economica, saccheggiando il paese assieme alla famiglia della moglie.

SP – Che vuoi dire?
OAS – Guarda, in sunto funzionava così: se un imprenditore straniero voleva investire, bastava trovasse un aggancio nominando socio un parente della Trabelsi (la moglie di Ben Alì), cui doveva versare una percentuale, per il resto non pagava tasse né si doveva aspettare particolari grane con la legge.

SP – E poi la rivolta.
OAS – Esatto, la rivolta. Dovete capire prima di tutto una cosa in Europa: questa non è una rivolta del pane, non è la protesta di un popolo abbrutito o affamato. O almeno, non solo, non è quella la ragione scatenante. Questa per noi è la rivoluzione dei gelsomini, il fiore simbolo della Tunisia. E’ la sollevazione di orgoglio di un paese che ha ospitato una delle culle culturali del mondo arabo(la famosa università Zaitouna), di un popolo capace di autodeterminarsi democraticamente cui questo diritto è stato sempre negato. Ora questo popolo si è sollevato nella maniera più pacifica possibile per la situazione in cui si trovava: sta accettando i suoi morti senza uccidere, piuttosto che ammazzare un uomo del regime da fuoco alla sua carne. I tunisini vogliono una democrazia, uno stato partecipato, vogliono l’autodeterminazione, nel rispetto di se stessi e di tutti.

SP – In questo come è percepita la società civile europea?
OAS – La società civile europea? Dov’è? Dove è stata? Certo, abbiamo contato sull’aiuto di alcune coraggiose associazioni non governative e i vostri popoli ci hanno accolto, ma coloro che si interessano tra di voi sono una piccola minoranza informata. Vedi, la mia famiglia è scappata da un regime dittatoriale per il desiderio di vivere in uno stato democratico, libero; io sono un convinto democratico e mi sento parte dell’Italia, perché ci sono cresciuto, ma anche se la sento come una mia terra, nemmeno qui ho mai avuto il diritto di voto. Vivo qui da 17 anni. Ho studiato, ho fatto le mie esperienze, ho visto attorno a me la democrazia dell’Occidente, eppure non ho ancora mai potuto partecipare. Anzi, ho assistito a una regressione dell’apertura del paese, come dell’Europa, quasi si preferisse aver paura di uno stereotipo che guardare in faccia alla realtà. Ho visto l’Europa appoggiare questi dittatori in spregio dei valori che ha inscritti nelle sue bandiere, nei suoi inni, nelle sue costituzioni. Così voi lasciate marcire qualunque possibilità di un sogno europeo, anche tra quegli arabi – e sono molto numerosi – che quando vengono qui, quando pensano all’Europa, hanno in mente una speranza di libertà e dignità. Il nutrire un sogno europeo vi tutelerebbe cento volte di più di qualsiasi tiranno.

SP – Qual è il clima adesso? La rivolta può avere una valenza sistemica per il mondo arabo?
OAS – E’ probabile che possa espandersi, ma non possiamo immaginare i tempi, né i modi. L’unica sicurezza è che c’è una forte insofferenza in tutta l’aerea per regimi autoritari, corrotti, che non fanno l’interesse dei paesi che governano. Sicuramente in Tunisia adesso lo scoppio è democratico e vuole costruire una democrazia compiuta, per questo la gente è ancora nelle piazze: nessuna repubblica potrà essere costituita da gente fedele al vecchio regime, da membri del partito del presidente che, all’ultimo minuto, hanno preteso di ripulire la loro casacca. Vogliamo uomini fedeli a un nuovo ordinamento, libero. Questa rivolta è un grande richiamo di libertà: il popolo da solo, prima e oltre ogni leader politico, a dispetto dell’incredulità di tutti – anche mia – ha rovesciato un tiranno guadagnandosi, come credo molti occidentali non saprebbero fare, gli spazi di libertà con le unghie e con i denti su internet e nelle strade, aggirando la censura coi messaggi sui blog, coi video dei cellulari, accedendo clandestinamente ad Al Jazeera per evitare il filtro del regime.

SP – Quindi potremmo concludere, parafrasando Rosselli, con”oggi in Tunisia, domani in Arabia”?
OAS – Sperando in questa onda democratica di liberazione, sperando che il maggior numero possibile di persone torni ad essere padrone della sua vita. Voglio citare una frase, la più ripetuta nella rivolta, di un poeta simbolo della Tunisia e di tutto il mondo arabo: “se un popolo decide di guadagnare la libertà, il destino non può che rispondere”

si ringrazia il Dott. Tommaso Visone per la collaborazione

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