La retorica bellicosa repubblicana: Sarah Palin fra parole ed azioni

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di DOMENICO MACERI

Rispondendo alle accuse di un legame fra la sua retorica e il tragico evento avvenuto in Arizona Sarah Palin ha dichiarato che quando lei dice “alle armi” vuole dire “i nostri voti” e non le armi da fuoco.
L’arma da fuoco è però stata responsabile per la morte di sei persone innocenti e per ferire gravemente la parlamentare democratica Gabrielle Giffords dell’Arizona. Non sono le parole che uccidono dunque ma qualcos’altro. In questo caso specifico sembra che l’accusato, Jared Loughner, soffrisse di problemi mentali.
Ciò non toglie che le parole di leader politici o religiosi non influiscano e possano condurre all’azione. Certamente le parole pacifiche di Gesù Cristo, Gandhi, Martin Luther King Jr. hanno avuto un forte impatto positivo spingendo non pochi a fare il bene per la nostra società.

Bisognerebbe accettare dunque il principio contrario. Coloro i quali parlano anche se in modo retorico con un linguaggio bellicoso possono anche loro avere un’influenza negativa.

Non c’è dubbio che la retorica politica in America negli ultimi due anni è diventata tossica e persino bellicosa come si vede dagli inizi della campagna di Sarah Palin a candidato di vicepresidente nel 2008. Gli attacchi di Palin al suo avversario democratico Barack Obama riflettono questa bellicosità. In uno di questi interventi la Palin aveva dichiarato che Obama era “amico dei terroristi”. Alcuni dei sostenitori di Palin si sono presentati ai comizi gridando “terrorista, uccidiamolo” riferendosi a Obama. Il servizio segreto americano notò subito che gli attacchi bellicosi retorici di Palin contro Obama avevano aumentato notevolmente le minacce contro il candidato democratico e la sua famiglia.

La bellicosità retorica di Palin non si spense con la sua sconfitta nel 2008. Dopo essersi dimessa da governatrice dello Stato dell’Alaska la Palin si è mantenuta come figura di primo piano continuando sulla stessa linea “militaristica”. Per aiutare i candidati repubblicani a sconfiggere i loro avversari democratici nelle elezioni di midterm la Palin aveva annunciato “niente ritirata, ricarichiamo le armi”. Fino a qualche giorno prima della tragedia in Arizona il sito internet della Palin includeva una mappa con venti distretti parlamentari in bilico, incluso quello di Giffords, nella quale si incoraggiava il tiro al bersaglio per eliminarli.
Come la Palin ha spiegato recentemente si trattava di messaggi che dovevano spingere all’azione del voto ma il linguaggio bellicoso avrà sempre qualche impatto nella mente di alcuni.

Oltre alla Palin il linguaggio bellicoso di Michele Bachmann, parlamentare repubblicana del Minnesota, si aggiunge alla retorica tossica. La Bachmann ha detto che voleva persone “armate e pericolose” per combattere il “marxismo economico” di Obama. La Bachmann è andata oltre citando Thomas Jefferson che “di tanto in tanto ci vuole una rivoluzione”.
Jesse Kelly, l’avversario di Giffords nelle elezioni di midterm, aveva anche lui promosso un linguaggio militaristico per sconfiggere la sua avversaria. In uno dei più potenti messaggi chiese aiuto ai suoi sostenitori dicendo “di eliminare Gabrielle Giffords dal suo incarico”. “Venite a sparare un M16 automatico con Jesse Kelly”.

Alla retorica bellicosa dei politici bisogna aggiungere anche quella dei media. Glen Beck, conduttore televisivo della Fox News, ha detto in uno dei suoi programmi, che la riforma sanitaria dell’anno scorso andava vista come un atto terroristico simile a quelli dell’undici settembre e bisognava agire “prima che l’aereo colpisse la torre”.
Questa retorica bellicosa aveva già causato grattacapi alla parlamentare Giffords prima del recente attacco. Le vetrine del suo ufficio erano state vandalizzate nel mese di marzo del 2010 subito dopo l’approvazione della riforma sanitaria per la quale la Giffords aveva votato a favore.
Le minacce in questo clima tossico sono aumentate notevolmente del 300% contro i parlamentari, sia democratici che republicani, solo nei primi mesi del 2010 e del 400% contro la Casa Bianca dal gennaio del 2009.

Alcuni membri della sinistra hanno cercato di legare la tragedia dell’Arizona ai messaggi bellicosi del Partito Repubblicano e soprattutto del Tea Party. Il solo nome di questo gruppo naturalmente echeggia la ribellione. Difficile provarlo in parte perché sfortunatamente stragi di questo tipo non sono tanto rare e sono dovute principalmente alla facile disponibilità di armi da fuoco. Ciò è particolarmente vero in Arizona. Inspiegabile come l’accusato, un giovane di 22 anni, avesse bisogno di una pistola automatica.
La Giffords in questo momento sta lottando per la sua vita e i medici sono cautamente ottimisti che ce la farà. È anche un momento per riflettere e non per limitare la libertà di espressione. Ma come ha detto un senatore repubblicano, che non volle essere identificato, alla rivista online Politico “bisogna smetterla con la retorica di violenza ed odio che è esplosa negli ultimi due anni”.

* Domenico Maceri, PhD della Università della California a Santa Barbara, è docente di lingue a Allan Hancock College, Santa Maria, California, USA. I suoi contributi sono stati pubblicati da molti giornali ed alcuni hanno vinto premi dalla National Association of Hispanic Publications.

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