di Marco Campione
Alcuni giorni fa sono stati resi pubblici i dati sul 5 in condotta nel primo quadrimestre e ad essi si sono accompagnati molti editoriali e commenti. Quasi tutti di un solo tenore: “finalmente!”? hanno urlato gli opinion makers dello Stivale, isole comprese. Ognuno è libero di pensarla come crede, ovviamente, ma è triste constatare come la pubblicistica italiana si ostini a commentare le cose di scuola con superficialità e scarsa conoscenza dei fatti.
Non sono tra i detrattori del 5 in condotta: semplicemente trovo sproporzionato il peso che gli si vuol dare. Non mi riferisco al Governo: cavalca lo “spirito del tempo”? e fa propaganda, in altre parole fa il suo mestiere. Ai vari cantori dei bei tempi andati (Citati, Mastrocola, Pirani…) neppure: non parrà loro vero di trovare il secondo Ministro consecutivo che fa proprie le teorie passatiste sulla scuola italiana da loro propugnate.
Non mi preoccuperebbero neppure le posizioni dei giornali se la fase politica fosse caratterizzata da un’opposizione riformista che si assume l’onere di andare contro il suddetto “spirito del tempo”? per proporre soluzioni utili alla modernizzazione del Paese. Ma così non è e dunque assume ancor più importanza la stampa.
Prendiamo un editoriale a caso ma paradigmatico: quello del Riformista del 3 marzo, intitolato significativamente “Valore morale del 5 in condotta”?. Vi si legge che la scuola ha bisogno di maggior rigore e condivido, che il voto in condotta è uno degli strumenti in mano al consiglio di classe e condivido.
Ma il diavolo si nasconde nei dettagli e in questo caso i dettagli sono almeno due. Il voto in condotta non è dato dal singolo docente, ma dal consiglio con voto a maggioranza e dunque con un grado maggiore di aleatorietà. Ma soprattutto non è vero che il voto di condotta è stato ripristinato perché non è mai stato abolito. Ciò che cambia rispetto al passato è che con il 5 si può bocciare: l’arma in più non è il voto, ma la bocciatura a causa di quel voto.
Il docente prima di questo provvedimento aveva altri modi per bocciare? Altri deterrenti? Si, il voto di merito, ad esempio. Quindi i docenti avevano questa possibilità e non la sfruttavano. Perché? Ci sono tante spiegazioni possibili, io ne cito due e nessuna delle due purtroppo ha un alto “valore morale”?: perché il voto in condotta in quanto “collettivo”? deresponsabilizza (uno dei limiti maggiori �”la irresponsabilità – degli insegnanti poco motivati e poco professionali) oppure perché mette al riparo da possibili ricorsi (vera ossessione, mai abbastanza indagata, di docenti e dirigenti).
Insomma, il provvedimento in sè non è risolutivo e poco ha cambiato nella scuola italiana. Serve a sancire un principio? Bene, sancito! Ma non lo si faccia passare per un qualcosa di utile. Ma se la cosa è così poco importante, perché scriverne? Proprio per quanto dicevo all’inizio sul ruolo dei giornali. Compito di una stampa libera dovrebbe essere indirizzare l’opinione pubblica verso la pretesa di un Governo che della scuola si occupi veramente. Un Governo che vari la riforma delle Superiori troppe volte rimandata (anche da questa maggioranza), un Governo che valorizzi il merito e valuti gli insegnanti e le autonomie scolastiche.
Per spiegarmi meglio faccio un esempio: è in discussione alla Commissione competente il Pdl Aprea. Contiene alcuni provvedimenti positivi e altri negativi, ma indubbiamente ha un pregio: quello di mettere le mani là dove stanno i principali problemi della scuola italiana. Non tutte le soluzioni proposte mi convincono e alcune sono impossibili di applicare, ma sarebbe bello che un decimo dell’enfasi data da maggioranza, opposizione e stampa al 5 in condotta e al grembiulino fosse dedicata al merito di quel provvedimento. Solo così – sentendo la pressione dell’opinione pubblica – il Pd si asterrà dal fare barricate o proporre referendum sul nulla, concentrandosi sulla valorizzazione delle proprie proposte migliorative a un Pdl che rappresenta la prima vera riforma della scuola dai tempi di Luigi Berlinguer.
Solo così – sentendo la pressione dell’opinione pubblica – un Ministro abituato a prendere decisioni solo sulla base di numeri (siano quelli dei sondaggi o quelli dei tagli imposti da Tremonti) non depotenzierà la portata riformatrice del Pdl Aprea e non ne ostacolerà il percorso per paura di farsi fare ombra dalla Collega. Solo così – sentendo la pressione dell’opinione pubblica” maggioranza e opposizione potrebbero raggiungere un obiettivo di portata storica: scrivere la prima riforma condivisa capace di resistere non tanto ai cambi di maggioranza (non ne vedo all’orizzonte), ma alle corporazioni sindacalizzate, ai centralisti di ogni colore, alle resistenze di Viale Trastevere.
Ovviamente un obiettivo così non può gravare solo sulle spalle di un giornale, ma ciascun giornale può dare un contributo. E se convincerà anche un solo italiano che non è il caso di rimpiangere la scuola di sessanta anni fa, ma casomai di pretendere dalla classe politica la capacità di disegnare quella dei prossimi trenta, avremo fatto un primo passo avanti. E Lao Tzu ci ha insegnato che “un viaggio di mille miglia comincia con un solo passo”?.