Divorzio all’italiana

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di BRUNO POGGI

E così è avvenuto: il divorzio tra Berlusconi e Fini è ormai cosa fatta. Meno male, perché di questo tormentone proprio non se ne poteva più. Da mesi il Parlamento era bloccato da questa querelle tra primedonne, ed anche l’azione del Governo (che già non brilla di suo per spirito riformatore) ne risentiva. Naturalmente ci sono gli inevitabili strascichi: Berlusconi che, pensando di essere il Presidente degli Stati Uniti, invoca le dimissioni di Fini da Presidente della Camera dimenticando che
viviamo ancora in una Repubblica Parlamentare (parlamentare Presidente Berlusconi non presidenziale….).

Dall’altra Dario Franceschini che, a nome del PD, sostiene il contrario e cioè che Fini (pur non votato dal suo partito) non deve dimettersi in quanto è espressione del Parlamento e non del PdL. E il bello è che c’ha pure ragione; solo si dimentica l’On. Franceschini che, quando Rutelli uscì dal PD, il suo partito pretese le dimissioni dell’ex Vice-Presidente del Consiglio dalla carica di Presidente del Copasir ossia dell’ente preposto al controllo dei servizi segreti che non mi risulta essere prerogativa del Partito Democratico ma del Parlamento. Come il Presidente della Camera. E allora perché Rutelli sì e Fini no?

Intendiamoci, lo sbaglio è stato fatto con Rutelli ma è una caratteristica della sinistra italiana quella di ergersi a difensori delle regole……da applicare agli altri!
Per loro, non si sa perché, le stesse regole non valgono mai o si devono applicare delle eccezioni.

Fini, dal canto suo, se ne guarda bene di far cadere il Governo visto che, in caso di elezioni anticipate, non avrebbe probabilmente i voti per rieleggere sé stesso e continuerà la sua opera di logoramento nei confronti di Berlusconi il quale è tentato di andare ad elezioni anticipate ma, con la legge attuale, non sarebbe in grado di ottenere la maggioranza dei seggi al Senato. A meno che non si allei con l’UDC facendo una riedizione dell’alleanza del 2001.

Ma allora, mi chiedo, per quale motivo il partito di Casini è stato escluso due anni fa dall’alleanza con il PdL? E perché bisogna votare ogni due anni, in continua emergenza di “scelte di campo” che dovrebbero produrre importanti cambiamenti e che invece continuano a produrre instabilità tant’è che un osservatore attento e intelligente come Giuliano Ferrara si chiede, sul “Corriere” di oggi”: “l’anomalia Berlusconi ha prodotto delle cose importanti, ma ha ancora delle cose da dire al Paese?”.

Personalmente credo di no, è la riprova è che in questo “divorzio all’italiana” (perché non è escluso che Berlusconi e Fini si rimettano insieme in futuro) quello di cui non si parla è il futuro dell’Italia, del fatto che i giovani non trovano lavoro, che siamo un paese bloccato e diseguale, che molti non riescono più a tirare avanti con 1.200 euro al mese, che stiamo perdendo competitività su tutti i fronti. In questa crisi c’è solo la smania di Fini (che dopo aver sostenuto, da protagonista, per oltre 15 anni questo sistema politico traendone enormi benefici anche personali, oggi si atteggia ad “politico antisistema”), le battute da piazzista di Berlusconi, l’inconsistenza penosa di Bersani, la rabbia iconoclasta di Di Pietro, la vacuità di Casini.

E le riforme, il cambiamento, la rivoluzione liberale? Sono come l’Araba Fenice “che ci sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa”. A questo punto è’ sempre più chiaro che l’unica possibilità di rinascita per il nostro paese risiede nella capacità dei cittadini di organizzare un contropotere democratico che scardini tutto questo. In assenza del quale rischiamo, è non è un esagerazione, di sprofondare nel baratro di una crisi senza fine.

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