Il tallone d’Achille dei turboprop: il ghiaccio

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di Oscar Bartoli

I media americani continuano ad interrogarsi sulle cause che hanno determinato il disastro di Clarence , sobborgo a sei miglia dall’aeroporto di Buffalo nello Stato di New York.

Sembra accertato, almeno stando alle indiscrezioni che vengono da chi sta leggendo i dati delle scatole nere (in effetti arancione), che sia stato il ghiaccio la causa del crash che ha ucciso 49 persone a bordo e un abitante della casa investita.

L’aereo, un Bombardier Dash 8400, e’ considerato un mulo del trasporto aereo. Dopo l’impennata del prezzo del petrolio nel luglio dello scorso anno, gli aerei turboprop che sembravano surclassati dai piccoli jets regionali, sono tornati di moda con soddisfazione del consorzio ATR (di cui fa parte Alenia-Finmeccanica), della brasiliana Embraer e della canadese Bombardier.

Il tallone di Achille di questi aerei e’ sempre stata la formazione di ghiaccio in particolari condizioni atmosferiche e nelle fasi delicate dell’atterraggio dopo essere stati per un certo tempo in circuito di attesa su qualche affollato aeroporto.

Mentre il pilota di un jet puo’ immettere aria calda sulle superifici di attacco delle ali e del timone di direzione per dissolvere la formazione di ghiaccio, nei turboprop questa funzione e’ svolta dai boots, rivestimenti di gomma che si gonfiano due volte al minuto sgretolando il ghiaccio che si e’ andato formando.

L’incidente dello ATR42 a Conca di Trezzo nel 1987 nel quale morirono 37 persone fu determinato dalla fomazione di ghiaccio e dalla scarsa estensione dei boots. Un successivo incidente nell’ottobre del 1994 ad un ATR72 della American Eagle convinse finalmente i costruttori ad estendere la superficie dei boots.

Le eliche di un turboprop sono un misto di poliuretano e carbonio e sono riscaldate elettricamente.

L’aereo della Continental e’ andato in stallo ed e’ caduto come un peso morto sulla pancia in larga parte perche’ il ghiaccio ne aveva modificato il profilo alare riducendo o eliminando la funzione di sostentamento. Ma forse hanno influito in misura negativa le manovre di estensione dei flaps che riducono la velocita’ e l’abbassamento del carrello.

Insomma: oltre alle cause meteorologiche ed a quelle strutturali del velivolo non e’ da escludere che vi sia anche l’inadeguatezza dei piloti a controllare una situazione di emergenza in presenza di formazione di ghiaccio. Non sarebbe la prima volta, come le indagini dei precedenti incidenti ai turboprop hanno dimostrato, e ci auguriamo che possa essere l’ultima, sempre che i costruttori prendano decisioni drastiche nella modifica dei sistemi di sicurezza ed i sottopagati piloti delle linee regionali, siano costretti a frequentare corsi intensivi di emergency.

Si apprende ora che la lettura delle scatole nere dimostra che i piloti volavano con l’autopilota inserito contravvenendo alle severe disposizioni della Fedarl Abiation Administration.

Il ‘miracolo’ dell’ammaraggio’ sullo Hudson River e’ in larga parte dovuto al fatto che il capitano “Sully” e’ stato per anni un istruttore di emergency.

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